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Il ruolo della serotonina e delle monoamminossidasi nella propensione all'aggressività

Monoamminossidasi e aggressività

Il gene MAOA
Il fattore molecolare che per primo è stato ipotizzato essere determinante per la propensione all’aggressività e al crimine, e che pertanto è stato indagato da diversi ricercatori con l’intento di comprendere le tendenze e le differenze comportamentali tra gli esseri umani, è stato il gene delle monoamminossidasi A (MAOA), che tutt’oggi rimane il punto focale della gran parte delle ricerche genetiche ed epigenetiche riguardanti il comportamento dirompente. Tale gene codifica per l’enzima mitocondriale monoamminossidasi, il quale ha un ruolo chiave nel metabolizzare e degradare preferenzialmente i neurotrasmettitori monoamminici come serotonina, norepinefrina e dopamina nel sistema nervoso centrale (Sabol et al., 1998; Oreland, 1991). Per questo motivo, si presume che il MAOA possa condurre indirettamente verso la deriva antisociale, interrompendo l’equilibrio dei neurotrasmettitori nelle strutture cerebrali e nei percorsi neurali che sono importanti per il controllo delle emozioni e l’inibizione del comportamento (Buckholtz et al., 2008). Le monoamminossidasi impattano pertanto sulle risposte emozionali e sulla regolazione dell’umore e, attraverso il loro effetto sul sistema serotoninergico, aumentano la suscettibilità soggettiva ai tratti antisociali. Di fatto, dipendendo da cause genetiche, tale enzima varia tra gli individui.
Il gene MAOA è localizzato nel cromosoma X e nella sua regione promotrice (Xp11.23-11.4) è stato individuato un polimorfismo funzionale a numero variabile di ripetizioni tandem (VNTR). Tale polimorfismo comporta che negli alleli che presentano 3.5 o 4 copie (MAOA-H) ci sia una maggior espressione del MAOA e quindi un’attività di trascrizione dalle 2 alle 10 volte più efficiente rispetto agli alleli che presentano 2, 3 o 5 ripetizioni (MAOA-L) e che hanno un’attività enzimatica MAOA più bassa (Sabol et al., 1998). Le femmine, essendo in possesso di due cromosomi X, sono portatrici di due versioni dello stesso gene; i maschi, al contrario, ne portano solo una copia e per tale ragione è probabile che siano più vulnerabili alle anomalie che possono avere luogo all’interno di tale cromosoma. Tale assunzione può spiegare il perché il legame tra la bassa espressione del MAOA e l’aggressività non è ancora stato corroborato completamente per il genere femminile (Kolla & Bortolato, 2020) e viene generalmente riscontrato solo negli uomini: è di fatto tre volte più probabile che essi abbiano questo genotipo rispetto alle donne (37% vs. 12%) (Gonzalez-Tapia & Obsuth, 2015).
Gli studi mostrano quindi che i polimorfismi nel gene MAOA possono influire sul comportamento aggressivo e, tra le molte varianti esistenti, il polimorfismo MAOA-VNTR in particolare è stato più volte associato al rischio di esibire tratti psicopatici (Ficks & Waldman, 2014; Beitchman et al., 2004; Kim-Cohen et al., 2006). Esso sembra inoltre essere coinvolto nel suicidio, nell’ansia, nei disturbi di panico e in quelli psicopatologici, poiché è in grado di influenzare la concentrazione delle catecolamine nel fluido cerebrospinale (McSwiggan et al., 2017). Le varianti MAOA-VNTR a bassa efficienza di trascrizione sembrano altresì predire una minore attività cerebrale spontanea all’interno del ponte di Varolio (che si trova nel tronco encefalico e controlla le sensazioni percepite dal volto), il quale sembra in grado di conferire agli adolescenti sani una suscettibilità per l’impulsività e l’aggressività (Lei et al., 2014). Diversi studi di neuroimaging hanno infatti supportato l’impatto del MAOA-VNTR sulla modulazione dei circuiti neurali che stanno alla base delle condotte aggressive, i quali sono presumibilmente connessi ad un alterato processamento delle emozioni e ad una conseguente scarsa inibizione.
Il MAOA viene allora da tempo considerato un substrato neurochimico dell’aggressività, poiché è stato notato che la sua delezione genetica produce fenotipi aggressivi in diverse specie animali; a causa di ciò viene talvolta chiamato “gene guerriero” o “gene della violenza” (Gonzalez-Tapia & Obsuth, 2015). Si è infatti visto che, sia nei roditori che negli umani, le disfunzioni nel gene MAOA intensificano l’aggressività, specialmente se in interazione con determinate esperienze di vita. Nelle prime fasi di crescita di un individuo, che è risaputo siano quelle più sensibili, vivere delle gravi esperienze ambientali potrebbe causare modifiche nell’equilibrio dei livelli di MAOA e comportare di conseguenza interruzioni nei processi di sviluppo cerebrale mediati dalle monoammine, conducendo il soggetto verso l’espressione di un fenotipo aggressivo. Nell’ambito di ciò viene ipotizzato che, durante i primi stadi di sviluppo, lo stress psicosociale svolga un ruolo centrale nell’influenzare la regolazione dell’attività prefrontale e subcorticale del MAOA, modulando così la suscettibilità all’impulsività e alle condotte aggressive (Nelson & Trainor, 2007). Il gene MAOA potrebbe quindi costituire un importante candidato per comprendere il modo in cui le persone reagiscono agli stimoli ambientali e guidano i loro processi di giudizio. Le predisposizioni genetiche possono infatti essere attivate da esperienze traumatiche o condizioni difficili vissute durante l’infanzia, aumentando la propensione a mettere in atto condotte criminali. Il gene MAOA appare pertanto in grado di influenzare le tendenze aggressive, specialmente quando combinato con i fattori provenienti dall’ambiente in cui si trova immerso l’individuo.

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Il ruolo della serotonina e delle monoamminossidasi nella propensione all'aggressività

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Informazioni tesi

  Autore: Sara Fabbris
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2023-24
  Università: Libera Univ. degli Studi Maria SS.Assunta-(LUMSA) di Roma
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia
  Relatore: Marco Costanzi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 81

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Parole chiave

violenza
ambiente
serotonina
rischio
aggressività
interventi
fattori genetici
condotte devianti
ambito legale
maoa

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