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Il ruolo dell'Agenzia dell'Unione europea per l'asilo tra assistenza agli Stati membri e tutela dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo

La tentata reazione dell'Unione alla crisi migratoria tra delocalizzazioni e ricollocazioni

Al fine di una migliore redistribuzione degli oneri relativi alle richieste di protezione internazionale diversi e contraddittori sono stati i tentativi degli Stati membri di reagire alla crisi migratoria.

Tra le strategie percorse per risolvere la questione un primo filone è costituito dall'esternalizzazione del problema. Si tentò cioè di delocalizzare fuori dall'Unione il fardello dell'accoglienza e dell'esame dei richiedenti asilo. In questo senso tre differenti direzioni sono state intraprese dagli Stati dell'Unione.

Sin dagli anni '80 si è sviluppata la dottrina europea292 del "paese terzo sicuro" secondo cui il migrante è tenuto a presentare richiesta di asilo nello Stato che ha attraversato se questo è in una lista di "paesi d'origine sicuri" valutati tali dagli stati europei. Ciò determinava un refoulement indiretto, col rischio di un ulteriore rimpatrio verso il proprio paese d'origine non sicuro, che come abbiamo visto293 è stato dichiarato illegittimo dalla Corte EDU. Ad oggi sono gli Stati membri singolarmente a redigere l'elenco di paesi d'origine ritenuti sicuri, anche sulla base dei dati ricevuti da EUAA294, col conseguente rischio di discriminazione legato all'assenza di uno standard univoco. La possibilità di inviare un richiedente in un paese terzo sicuro è sancita dall'art. 3 par. 3 del Regolamento di Dublino II.

Un'ulteriore tattica utilizzata è stata quella di spostare off-shore i centri in cui i migranti sono accolti in attesa dell'esame della loro richiesta d'asilo, la proposta è stata ideata ad inizio anni 2000 dai governi di Regno Unito e Germania su ispirazione del sistema adottato dall'Australia per la gestione degli immigrati295. Pur essendo stata allora respinta questa proposta in quanto politicamente inaccettabile per il rischio di violazioni dei diritti umani, è successivamente riemersa nell'Unione296 su proposta della Commissione europea oltre che degli Stati membri più sovraccaricati, come l'Italia.

Il terzo approccio volto all'esternalizzazione è stato quello di non agevolare ai migranti il raggiungimento delle coste dell'Unione, aumentando il rischio mortale dei naufragi, così che questi non potessero invocare la Convenzione di Dublino. Dopo il modello umanitario della priorità ai salvataggi che l'Italia aveva intrapreso con l'operazione S.A.R. (search and rescue) "Mare Nostrum" è intervenuta l'operazione "Triton" di Frontex, finanziata da 15 paesi europei. Il cambio di paradigma è consistito nel bloccare le operazioni di salvataggio in acque internazionali, ormai ritenute un "pull factor" (fattore di attrazione) per la migrazione in Europa, e rafforzare le frontiere dell'Unione, mentre gli Stati mediterranei si rimbalzavano la responsabilità ad accogliere i migranti sostenendo le politiche dei "porti chiusi" e del "non intervento"297.

Un secondo filone degli sforzi degli Stati membri, questa volta rivolti all'interno dell'Unione e non più esternamente, è quello delle ricollocazioni dei richiedenti asilo. Cruciale in questo caso è stato il ruolo di supporto dell'Agenzia.

Le ricollocazioni si inseriscono nell'ambito di meccanismi di solidarietà per la ripartizione dei grandi afflussi di richiedenti asilo fortemente voluti dagli Stati sudorientali298 che spesso erano i più oberati in quanto "stati di primo arrivo" competenti ad esaminare le domande di protezione internazionale ai sensi del regolamento Dublino.

La Commissione, nell'esercizio del proprio diritto d'iniziativa nel processo legislativo, ha più volte proposto tali meccanismi di solidarietà299, dopo aver tentato inutilmente di alleviare in altri modi la pressione sui paesi di primo arrivo300.

Nel 2015, in risposta al disastroso naufragio di Lampedusa301, fu proposto un sistema di ricollocazioni per quote per alleviare il carico delle autorità greche e italiane. Questo era un meccanismo302 temporaneo ed emergenziale bensì obbligatorio (andava quindi oltre il modello volontario dell'esperimento del 2009 a sostegno di Malta303). Ciononostante, poiché prevedeva che dovessero essere gli Stati membri stessi a segnalare periodicamente la loro disponibilità alla presa in carico, diversi furono gli Stati che si rifiutarono di applicarlo invocando a torto304 la causa di esclusione del "pericolo per la sicurezza nazionale o l'ordine pubblico". Va pure detto però che anche se gli Stati membri fossero stati adempienti diverse criticità ostavano in partenza al funzionamento del meccanismo305.

È importante non confondere il concetto di ricollocazione (relocation) con quello del reinsediamento (resettlement). Mentre il primo implica una redistribuzione solidale interna tra gli Stati membri della gestione dei migranti spontaneamente arrivati nell'Unione, il secondo indica l'eccezionale presa in carico da parte degli Stati membri delle richieste d'asilo di stranieri bisognosi di tale protezione non ancora migrati in territorio dell'Unione, bensì localizzati in un paese terzo. Esempio di quest'ultimo è il reinsediamento dei profughi siriani trattenuti in Turchia anche in forza del succitato306 accordo siglato tra l'Unione e la Turchia, quest'ultimo infatti pone le basi per il "meccanismo 1:1" in base al quale "per ogni siriano rinviato in Turchia dalle isole greche un altro siriano sarà reinsediato dalla Turchia"307. [...]


292 Cfr. E. M. UÇARER, Managing Asylum and European Integration: Expanding Spheres of Exclusion?, in International Studies Perspectives, vol. 2 n. 3, 2001, p. 294 (consultabile su: https://doi.org/10.1111/1528-3577.00059) e M. GARLICK, The EU Discussions on Extraterritorial Processing: Solution or Conundrum?, in International Journal of Refugee Law, vol. 18 n. 3, 2006, pp. 601-629, par. 3.2 (consultabile su: https://doi.org/10.1093/ijrl/eel014).
293 Supra nota 32.
294 Cfr. art. 37 direttiva procedure.
295 GARLICK, op. cit., 2006, par. 3.4.
296 Cfr. CIVIL LIBERTIES, JUSTICE AND HOME AFFAIRS COMMITTEE OF THE EUROPEAN PARLIAMENT, Enhancing the Common European Asylum System and alternatives to Dublin, 2015, p. 36 (consultabile su: https://www.europarl.europa.eu/thinktank/en/document/IPOL_STU(2015)519234) e Agenda europea sulla migrazione, supra nota 235.
297 Cfr. M. TAZZIOLI, Border displacements. Challenging the politics of rescue between Mare Nostrum and Triton, in Migration Studies, vol. 4 n. 1, 2016, pp. 1–19 (consultabile su: https://doi.org/10.1093/migration/mnv042).
298 Supra nota 187.
299 Cfr. E. TSOURDI, Solidarity at work? The prevalence of emergency-driven solidarity in the administrative governance of the Common European Asylum System, in Maastricht journal of European and comparative law, vol. 24 n. 5, dicembre 2017, pagg. 679 ss. (consultabile su: https://doi.org/10.1177/1023263X17742801).
300 Nel 2008 la Commissione elaborò una proposta di rifusione di quello che sarebbe diventato il regolamento 604/2013 (cd. Dublino III), questa conteneva all'art. 31 la possibilità di sospendere i trasferimenti dei richiedenti asilo che avevano compiuto movimenti secondari verso lo Stato membro competente per i cd. "criteri di Dublino" ove questo si trovasse «in situazioni di particolare urgenza, tali da comportare pressioni eccezionali sulle sue capacità di accoglienza, sul suo regime di asilo o sulle sue infrastrutture». Tale disposizione non fu inclusa infine nel regolamento per volere di alcuni Stati membri che invece spinsero per approvare un "meccanismo di allerta rapido, di preparazione e di gestione delle crisi" (art. 33) al fine di prevenire la pressione migratoria e i conseguenti problemi nel funzionamento del sistema di asilo, questo strumento non fu tuttavia mai usato rimanendo di fatto lettera morta.
301 Naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013, in Wikipedia (consultabile su: https://it.wikipedia.org/wiki/Naufragio_di_Lampedusa_del_3_ottobre_2013).
302 Cfr. Decisione (UE) 2015/1523 del Consiglio, del 14 settembre 2015, che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia, GUUE L 239 del 15 settembre 2015, pagg. 146–156. Poco dopo fu triplicato il numero iniziale di ricollocazioni (da 40 mila a 120 mila). Cfr. Decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio, del 22 settembre 2015, che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia, GUUE L 248 del 24 settembre 2015, pagg. 80–94.
303 Se ne è già parlato nel primo capitolo, cfr. supra nota 148.
304 Infatti, a posteriori Polonia, Ungheria e Repubblica ceca furono condannate per inadempimento dalla Corte di Giustizia. Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 2 aprile 2020, Commissione europea contro Repubblica di Polonia e a., cause riunite C-715/17, C-718/17 e C-719/17.
305 Innanzitutto, proprio le caratteristiche dell'eccezionalità, della durata temporale limitata (2015-2017) e del numero massimo di persone coinvolte nelle ricollocazioni impedisce al sistema di essere sufficientemente dinamico per adattarsi ai cambiamenti (infatti il numero di ricollocazioni fu triplicato con una nuova misura a causa del numero di sbarchi imprevisti). Sono stati inoltre definiti dei profili limitati per i richiedenti asilo che possono accedervi: questi devono appartenere «a una nazionalità per la quale la percentuale di decisioni di riconoscimento della protezione internazionale, in base agli ultimi dati medi trimestrali Eurostat aggiornati disponibili per tutta l'Unione, è pari o superiore al 75 % delle decisioni sulle domande di protezione internazionale adottate in primo grado secondo le procedure di cui al capo III della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio» (Decisione (UE) 2015/1601, art. 3 par. 2). I casi più complessi e onerosi, per cui la probabilità di rimpatrio è alta, sono stati infatti lasciati agli Stati membri competenti.
Infatti, secondo TSOURDI, op. cit., dicembre 2017, pagg. 680-681 questo tipo di misure avevano l'unico vero scopo di rinnovare la spinta rivolta agli Stati membri collocati alle frontiere esterne dell'Unione ad adempiere ai propri obblighi previsti nel CEAS. La prova sarebbe la previsione del potere della Commissione di sospendere per tre mesi le ricollocazioni qualora gli Stati membri beneficiari (Italia e Grecia) fossero risultati inadempienti (Decisione (UE) 2015/1601, art. 8 par. 3).
306 Supra nota 196.
307 Cfr. Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio Seconda relazione sulla ricollocazione e il reinsediamento, COM (2016) 222 final.

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Il ruolo dell'Agenzia dell'Unione europea per l'asilo tra assistenza agli Stati membri e tutela dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo

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Informazioni tesi

  Autore: Ernesto Sposato
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2022-23
  Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Scienze dei servizi giuridici
  Relatore: Andrea Santini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 107

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