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Le abilità di orientamento nell’ambiente in anziani con invecchiamento tipico dipendono dal momento della giornata?

Cambiamenti nel sonno con l’avanzare dell’età

La relazione tra cronotipo e cognizione è modulata da diversi fattori, tra cui l’età, la difficoltà del compito, la durata del periodo di veglia, la qualità del sonno; si presume infatti, che i cambiamenti delle performance cognitive nel corso della giornata derivino dall’interazione complessa dei processi omeostatici e circadiani che regolano il ritmo sonno-veglia di un individuo. Pertanto, prima di porre l’attenzione sull’influenza del time of day sulla prestazione cognitiva dell’anziano, è opportuno indagare e conoscere i cambiamenti nel sonno che caratterizzano l’invecchiamento.
L’episodio di sonno presenta un insieme complesso di processi fisiologici e comportamentali che lo distinguono dallo stato di veglia. Esso peculiarmente prevede una postura distesa, quiescenza e occhi chiusi (Carskadon e Dement, 2011). Dal punto di vista comportamentale, infatti, viene descritto come un comportamento caratterizzato da una specifica organizzazione che si manifesta a vari livelli gerarchici, e comprende l’alternanza regolare tra sonno e veglia (episodio), seguita dalla successione periodica degli stati di sonno (ciclo NREM-REM). Le modifiche del sonno che si verificano durante l’invecchiamento coinvolgono tutti i livelli dell’organizzazione. Un episodio di sonno viene rappresentato graficamente in un “ipnogramma”, che mostra la distribuzione temporale e la variazione nella percentuale dei diversi stadi di sonno (Cerasuolo, 2019).

La struttura precedentemente mostrata è tipica di un adulto in buona salute, ma si possono osservare alcune variazioni nelle proporzioni di tempo trascorso in ciascuna fase durante il processo di sviluppo e invecchiamento. L’età, infatti, rappresenta il fattore più significativo che influenza il pattern delle fasi del sonno. Alla nascita, gli episodi di sonno sono frammentati da brevi periodi di veglia, e il ritmo sonno-veglia è polifasico. Durante il primo anno di vita, la fase REM inizia subito dopo l’addormentamento e i cicli di sonno hanno una durata di circa 50-60 minuti (Carskadon & Dement, 1989). Inoltre, una combinazione di sviluppo anatomico e fisiologico unita a influenze ambientali porta a una trasformazione nella durata, nella struttura complessiva e negli stadi specifici del sonno, fino a raggiungere, alla fine del primo anno di vita, una configurazione simile a quella del sonno adulto (Giganti, 2019). Le differenze più significative legate all’età, si riferiscono alla fase Slow Wave Sleep che è massima nei primi anni di vita ed è qualitativamente e quantitativamente diversa da quella dell’adulto. Nei bambini, risvegliarsi durante la fase SWS è praticamente impossibile (Busby & Pivik, 1993); con l’adolescenza, la quantità di SWS diminuisce notevolmente (circa del 40%) e rimane costante fino ai 60 anni, per poi diminuire ulteriormente, fino a scomparire del tutto in alcuni casi (Carskadon & Dement, 1989).

L’invecchiamento è caratterizzato da un graduale deterioramento di componenti strutturali e organizzativi del sonno. Si osservano una durata ridotta, un aumento del periodo che precede l’addormentamento (SOL, Sleep Onset Latency), frequenti risvegli notturni, un aumento degli stadi leggeri e una diminuzione di quelli profondi, una riduzione del sonno REM (con meno movimenti oculari), una marcata diminuzione dei movimenti, un’aumentata tendenza a dormire durante il giorno, una riduzione generale della vigilanza e un anticipato orario di addormentamento rispetto al giovane adulto. In particolare, gli individui anziani spesso segnalano di dormire per un periodo di tempo più breve rispetto alle fasi precedenti della loro vita (Miles & Dement, 1980). Questa riduzione è spesso causata dall’intrusione eccessiva della veglia durante la notte, interrompendo il sonno notturno. Gli anziani, rispetto ai giovani, tendono ad avere una maggiore latenza per l’addormentamento (Feinberg et al., 1967) e una maggiore frammentazione del sonno (Agnew et al., 1967; Kahn & Fisher, 1969).

Inoltre, tendono a svegliarsi più precocemente al mattino (Duffy et al., 1998). È importante notare però, che la quantità totale di tempo trascorso nel sonno non diminuisce in modo significativo tra gli anziani; in realtà, essi tendono a rimanere a letto più a lungo nel tentativo di recuperare, almeno parzialmente, il sonno perso (Feinberg et al., 1967). Tuttavia, questa pratica può portare a una notevole riduzione dell’efficienza del sonno (rapporto tra il tempo effettivamente trascorso nel sonno e il tempo totale trascorso a letto) (Feinberg et al., 1967). I risvegli notturni non solo frammentano l’episodio di sonno, ma ne influenzano anche l’organizzazione interna, interrompendo la regolare sequenza di cicli NREM-REM nel sonno degli anziani; questo fenomeno, chiamato “incertezza funzionale”, indica una difficoltà nell’assicurare stabilità all’organismo e, di conseguenza, una limitata capacità di mantenere gli stati e gli stadi del sonno per periodi sufficientemente prolungati (Salzarulo et al., 1997 e 1999). Il ritmo sonno-veglia negli anziani non subisce solo alterazioni nella frequenza delle transizioni dal sonno alla veglia, ma anche nella collocazione dell’episodio di sonno nell’arco delle 24 ore. Essi, infatti, tendono a preferire orari più anticipati per il riposo notturno rispetto ai giovani (Carrier et al., 1997; Czeisler et al., 1992; Duffy et al., 1998; Gerard et al., 1978; Miles & Dement, 1980; Myers & Badia, 1995) e tra loro aumenta la prevalenza di individui definiti “mattinieri” (aspetto che verrà approfondito in seguito) (Carrier et al., 1997; Duffy et al., 1999; Ishihara et al., 1992; Mecacci et al., 1986). Tuttavia, l’anticipo dell’ora di risveglio è un fenomeno spesso mal tollerato dagli anziani, che attribuiscono questa condizione a una difficoltà nel mantenere una durata adeguata del sonno. Infatti, l’invecchiamento è generalmente associato a un aumento delle lamentele relative a un sonno di scarsa qualità (Zeitlhofer et al., 2000). Studi epidemiologici (Foley et al., 1995; Ohayon & Smirne, 2002) hanno evidenziato che le lamentele più comuni riguardano la difficoltà ad addormentarsi, il risveglio notturno frequente e il risveglio precoce al mattino. Se non opportunamente informati, gli anziani possono perdere il senso di efficacia e controllo sul proprio sonno, alimentando così il circolo vizioso dell’insonnia (Akerstedt et al., 1994; Lichstein & Fischer, 1985; Chambers & Keller, 1993).

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Le abilità di orientamento nell’ambiente in anziani con invecchiamento tipico dipendono dal momento della giornata?

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Informazioni tesi

  Autore: Rossella Laviola
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2023-24
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Neuroscienze e Riabilitazione Neuropsicologica
  Relatore: Erika Borella
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 96

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Parole chiave

invecchiamento di successo
normal aging
ritmo circadiano
older adults
spatial orientation
time of the day
circadian preference

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