Analisi tecnica ed economica di un impianto agrivoltaico in Sicilia
L’agrivoltaico come soluzione integrata
L’idea di integrare installazioni FV e colture agricole, entrambe posizionate sullo stesso terreno è stata considerata per la prima volta negli anni ‘80. Uno dei pionieri di questo approccio combinato è il fondatore dell’Istituto Fraunhofer, Heinrich Goetzberger che ha iniziato a valutare la possibilità di utilizzare la radiazione solare per questi due usi combinati La prima pubblicazione scientifica su questo argomento è stata poi redatta da Goetzberger e dal collega Armin Zastrow nel 1982: in Figura 1 è riportata la prima immagine schematica della soluzione ideata dai due ricercatori che all’epoca immaginavano di coltivare delle patate sotto i pannelli (Fraunhofer Institute, n.d.).
Questa proposta ha sfidato una convinzione ampiamente diffusa, secondo cui l’installazione di pannelli per FV su un terreno ne avrebbe precluso qualsiasi utilizzo agricolo. Prima del lavoro dei due fisici tedeschi, l’installazione di pannelli a terra era limitata alle aree aride, prive quindi di vegetazione, proprio perché l’idea che le colture agricole potessero non solo crescere sotto i pannelli, ma persino godere di alcuni benefici era considerata infondata.
Questa proposta, perciò, è stata trascurata per molti anni, spostandosi invece su un’altra forma ibrida di produzione agricola ed energetica, ossia quella delle serre fotovoltaiche: i moduli non sono su pali o strutture infisse nel terreno, ma giacciono su delle vere e proprie costruzioni, serre appunto.
Negli ultimi anni però, grazie ai minori costi generalizzati della tecnologia e al maggior interesse nei confronti delle FER si sta tornando molto anche sulle prime modalità teorizzate in campo aperto.
Goetzberger e Zastrow hanno proposto il concetto di “doppio utilizzo” della stessa area. Per soddisfare questa ipotesi devono essere rispettati alcuni requisiti:
1. I pannelli fotovoltaici devono essere orientati a sud (nell’emisfero settentrionale) e inclinati di un angolo pari alla latitudine del luogo.
2. I pannelli solari devono essere distanziati adeguatamente per evitare eccessivi ombreggiamenti del terreno. Si consiglia una distanza di almeno 3 volte l’altezza dei pannelli.
3. Un’altezza di 4 o 5 metri consentirebbe di lasciare abbastanza spazio alle colture per crescere senza ostacoli e permetterebbe l’uso di macchinari agricoli tra un filare e l’altro.
4. La posizione elevata dei moduli fotovoltaici denota una migliore penetrazione della luce solare al suolo e l’ombra risulta distribuita in modo più uniforme, creando condizioni radiative omogenee. (GOETZBERGER & ZASTROW, 1982)
Un’integrazione agricola e fotovoltaica che rispetta queste ipotesi è, per i due studiosi, ascrivibile come agrivoltaico o agrifotovoltaico (APV), ossia l’unione di un sistema agricolo con uno fotovoltaico. Secondo le loro stime, in tali condizioni, 2/3 della radiazione incidente sarebbero ancora disponibili per la crescita di un’ampia gamma di specie ortofrutticole.
Circa 20 anni dopo, un altro contributo significativo arriva dal Giappone: nel 2004, Akira Nagashima, un ingegnere di macchinari agricoli in pensione, si mise a studiare la reazione di fotosintesi in condizioni di parziale ombreggiamento, valutando come si potesse sfruttare il superamento del punto di saturazione luminosa di una coltura.
Come visto nel sottocapitolo 2.1, oltre un certo aumento del livello di PAR si ha una saturazione del NAR e la luce incidente è utilizzabile per scopi energetici.
Nagashima sviluppò anche dei prototipi e cominciò a promuovere la tecnologia con finalità dimostrative, utilizzando la denominazione di “solar sharing”, sostenendo come obiettivo quello di preservare l’identità degli agricoltori e di evitare così la completa conversione dei terreni produttivi in impianti fotovoltaici (Sekiyama & Nagashima, 2019).
Dopo 7 anni dall’esperienza giapponese, nel 2011 furono Christian Dupraz e Helene Marrou, due ricercatori francesi, a dare ulteriore linfa al settore in Europa, descrivendo un sistema sperimentale che combina pannelli fotovoltaici statici, installati ad un’altezza di 4 metri con coltivazioni sotto di essi. In particolare sottolinearono come questi sistemi possono avere una produttività più elevata rispetto alle monoculture, grazie a una migliore efficienza nell’uso delle risorse e a una capacità di superare la competizione per il territorio (Dupraz et al., 2011).
Più o meno negli stessi anni, sono iniziate le sperimentazioni anche in Italia e rapidamente la corsa a nuove tecnologie e soluzioni ci porta ai giorni nostri, in cui la Sicilia è salita alla ribalta mediatica nel mese di maggio 2023, quando Engie ha realizzato per Amazon il più grande impianto agrivoltaico d’Italia: situato vicino a Trapani su una superficie di 115 ha, il campo fotovoltaico ha una potenza installata di 66MW e sotto i moduli saranno coltivate colture foraggere, viti, lavanda e piante aromatiche o officinali. (Amazon, 2022)
Le dimensioni della soluzione siciliana vanno ben oltre i propositi considerati agli albori della tecnologia: senza entrare nel merito di tali limiti, lo scopo di questo elaborato sarà quello di concentrarsi maggiormente sull’idea primordiale dell’agrivoltaico, così come intesa da Nagashima.
Altra criticità è capire come ottimizzare la gestione di una superficie unitaria tra produzione energetica e agricola. Una delle misure chiave utilizzate per valutare l’efficienza dell’agrivoltaico è il “land equivalent ratio” (LER), ovvero il rapporto di suolo equivalente: un concetto preso in prestito dal settore agronomico per descrivere la frazione relativa della superficie agricola necessaria a due o più monocolture per ottenere la stessa produzione, ma realizzata in complementarità tra loro.
Supposto di avere due monocolture, su due ettari separati, e che una di queste sia il fotovoltaico e l’altra la patata, una pianta sciafila, da questa assunzione si può condurre un’analisi dettagliata. Nel 2020, l’istituto Fraunhofer ha pubblicato i dati di una ricerca che ricalca in parte gli studi di Goetzberger e Zastrow di quasi 40 anni prima
[…]
Osservando la Figura 6, è possibile notare che la resa elettrica del fotovoltaico diminuisce, nel passare da monocoltura ad APV, per via della minore superficie a disposizione; nel caso della patata invece ho un piccolo aumento della produzione, dovuto al fatto che il parziale ombreggiamento delle colture ne ha permesso migliori condizioni di crescita e sviluppo. Sostituendo i valori e valutando quindi la soluzione con i due ettari in APV si trova un LER pari a 1,86: questo significa che sarebbe necessario l’86% di terreno in più al fine di produrre la stessa quantità di energia elettrica e di patate, su due superfici separate.
La letteratura è assai ricca di dati che mostrano come il parziale ombreggiamento di una coltura consenta rendimenti agricoli maggiori, ma questa considerazione sarebbe riduttiva: il vantaggio di questa soluzione tecnica non è tanto legata al piccolo aumento di resa (qui del 3%) della specie vegetale, ma al complessivo incremento di guadagno dovuto alla coltivazione sinergica di energia e ortaggi.
Il limite da tenere a mente è quello di produzioni agricole ed energetiche almeno superiori al 50% rispetto alle condizioni in monocoltura separata, così da conseguire un LER superiore all’unità: tale valore decreta la soglia per ottenere un vantaggio nella produzione congiunta rispetto a quella singola. I valori del LER dipendono da diversi fattori, tra cui il tipo di coltura, le condizioni ambientali, la gestione dell’irrigazione e le modalità di raccolto, ma anche la tecnologia dei pannelli solari e la configurazione del sistema agrivoltaico devono essere valutati per raggiungere il coretto equilibrio in campo APV.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Analisi tecnica ed economica di un impianto agrivoltaico in Sicilia
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Informazioni tesi
Autore: | Ivan Foglia |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2022-23 |
Università: | Università degli Studi di Palermo |
Facoltà: | Ingegneria |
Corso: | Ingegneria energetica e nucleare |
Relatore: | Valerio Lo Brano |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 125 |
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