La tutela dei minori: assistente sociale "ladro di bambini" o portavoce dei loro diritti?
Servizi territoriali per la tutela dei minori
Nella Costituzione italiana, agli artt. 30 e 31, si fa riferimento a tutto ciò che concerne l’aiuto ai minori e alle loro famiglie. La Repubblica deve impegnarsi quindi, attraverso i servizi, a: proteggere maternità, infanzia e gioventù; agevolare con misure economiche ed altri aiuti la formazione della famiglia e l’adempimento ai suoi compiti; assolvere i genitori, nei casi in cui questi siano incapaci. Un ruolo significativo nella realizzazione di questi impegni è rivestito dai servizi sociali, i quali sono definiti come “tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia”, dall’art. 128 del Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Volgendo uno sguardo al percorso storico dei servizi sociali, le politiche sociali del dopoguerra incrementarono gli enti assistenziali per specifiche categorie di utenti: l’ENAOLI (Ente Nazionale Assistenza Orfani Lavoratori Italiani) si occupava degli orfani; l’ONMI (Opera Nazionale Maternità Infanzia) assisteva i figli legittimi; l’IPI (Istituto Provinciale per l’Infanzia) si occupava di assistere i figli illegittimi; i Centri Medico psicopedagogici per minori si occupavano dei bambini con ritardi mentali o con comportamenti disturbanti; l’ENPMF (Ente Nazionale per la Protezione Morale del Fanciullo) si occupava di assistenza e beneficienza per tutti i minori che ne avessero bisogno. I minori avevano quindi varie possibilità di assistenza, spesso infatti assistiti da più enti, ma che purtroppo, ancora, non collaboravano tra loro e, di conseguenza, non si riusciva a creare un progetto d’aiuto complessivo. La politica delle istituzioni non riusciva ancora a favorire interventi capaci di aumentare le competenze delle famiglie d’origine nell’occuparsi dei propri figli, e spesso le difficoltà non superabili erano sinonimo di collocamento del minore in istituto. L’istituzionalizzazione dei minori era una “soluzione” molto diffusa e si caratterizzava come emarginante e disgregante, veniva considerata una sorta di deportazione dei minori, in quanto questi ultimi venivano collocati in strutture residenziali lontane dal luogo di origine. Questo portava spesso ad una vera e propria frantumazione della famiglia, perché non di rado vi era una separazione dei fratelli, i quali venivano collocati nella maggior parte dei casi in strutture diverse. Inoltre, l’istituzionalizzazione aveva tempi prolungati, quindi il minore, una volta diventato maggiorenne, trovava maggiori difficoltà nel reinserimento nella società. Verso la fine degli anni Sessanta, però, si iniziarono a notare i primi cambiamenti, dal momento in cui si è iniziato a prendere in considerazione il concetto di adozione: è proprio risalente a quegli anni la prima legge sull’adozione (Legge 5 giugno 1967, n. 431), la quale era riservata ai bambini di età inferiore agli otto anni e con effetto legittimante. Grazie ad essa, si ha avuto un maggiore controllo degli istituti e una diminuzione del numero di bambini ricoverati. Nella seconda metà degli anni Settanta si sviluppano i servizi territoriali, sostenuti da un’importante normativa nazionale: il D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 sanciva il trasferimento definitivo dallo Stato agli enti locali delle funzioni amministrative e riguardanti sanità, assistenza, formazione professionale, musei e biblioteche. Da qui, l’ordinamento del settore assistenziale ha assunto una veste più organica ed omogenea, individuando gli enti locali come punto di riferimento: il comune, ad esempio, è diventato il protagonista per gli interventi a favore della famiglia e del minore e anche soggetto privilegiato del rapporto tra autorità giudiziaria minorile e società, nell’ambito quindi della protezione del minore oppure dell’aiuto ad una crescita difficile. Lo scopo era infatti quello di intervenire direttamente nei luoghi in cui si generavano i fenomeni sociali, dando così alla collettività un ruolo attivo nella gestione delle varie problematiche. Il territorio è diventato man mano, come affermato da Dellavalle (2002), il luogo di ricomposizione tra bisogni e risorse. Altro elemento rilevante era il concetto di integrazione tra servizi sociali e sanitari, che rappresentava una strategia per promuovere la globalità dei bisogni umani che necessitavano di risposte e servizi non inerenti ad un solo ambito, sanitario o sociale, ma ad entrambi. Ora come allora, uno dei casi in cui era necessaria l’integrazione tra servizi è proprio la tutela dei minori: i servizi sociali che se ne occupano, infatti, devono collaborare con i servizi sanitari sia per il minore stesso, direttamente, ma anche quando sono i genitori che causano problematiche nell’intera situazione familiare e di conseguenza al minore, come ad esempio nei casi di tossicodipendenza o malattia mentale.
Nel 1978 nasce il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), istituito con la legge n. 833/1978, un sistema di strutture e servizi che hanno lo scopo di garantire a tutti i cittadini, in condizioni di uguaglianza, l’accesso universale all’erogazione equa delle prestazioni sanitarie. È stato grazie all’istituzione di esso che si è potuto creare un sistema di servizi capace di fornire risposte coerenti con l’O.M.S. (Organizzazione Mondiale della Sanità), la quale, sempre nel 1978, ha definito la salute come “benessere fisico, psichico e sociale”.
Dai primi anni ‘80 nascono in Italia importanti centri specialistici per il maltrattamento infantile, tema ancora poco trattato in quegli anni, e campagne dedicate proprio a questo fenomeno. L’attenzione è posta quindi sulla necessità di denunciare e far emergere il fenomeno, superando l’omertà e il senso di vergogna che lo chiude nel segreto delle mura domestiche e contemporaneamente rendere il sistema maggiormente in grado di arrestare la violenza contro i bambini, di restituire giustizia alle vittime, contrastando l’idea che i bambini siano esclusiva “proprietà” dei genitori. Alcune frasi slogan nate proprio dai centri specialistici sono: la prima, coniata nell’ambito di una delle prime campagne pubblicitarie del Telefono Azzurro, «Un bambino maltrattato oggi sarà un genitore violento domani» (1987), dimostra l’attenzione alle conseguenze della violenza e sottolinea l’urgenza di un intervento in un’ottica di prevenzione terziaria; la seconda, «Dietro un bambino maltrattato c’è una famiglia in crisi», dichiara la necessità di rompere il muro del silenzio, così da tutelare il minore ma anche aiutare la famiglia stessa. Denunciando la minimizzazione del maltrattamento verso i bambini e la criminalizzazione dei genitori maltrattanti si crea quindi la necessità di spiegare il fenomeno e di garantire la cura delle relazioni familiari. Il maltrattamento viene infatti definito, da Bertotti (2010), come sintomo di una disfunzione familiare; la protezione e la cura del bambino sono strettamente legate e connesse alla cura delle relazioni familiari.
Ci troviamo in un periodo di grande evoluzione dei servizi sociali in generale, in quanto si estendono i diritti e i servizi per infanzia e famiglia e diventano di tipo universalistico: servizio di medicina scolastica, asili nido, tutela delle madri lavoratrici. Inoltre, diventano sempre più importanti i Consultori Familiari, servizi sociosanitari istituiti con la Legge n. 405 del 29 luglio 1975 allo scopo di intervenire in sostegno alla famiglia o al singolo che vi faccia ricorso.
Il servizio di assistenza alla famiglia e alla maternità ha come scopi:
• l'assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità ed alla paternità responsabile e per i problemi della coppia e della famiglia, anche in ordine alla problematica minorile;
• la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e dal singolo in ordine alla procreazione responsabile nel rispetto delle convinzioni etiche e dell'integrità fisica delle persone;
• la tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento;
• la divulgazione delle informazioni idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza consigliando i metodi ed i farmaci adatti a ciascun caso.
• l’assistenza e la divulgazione di informazioni riguardo ai problemi della sterilità e infertilità umana ed alle tecniche di procreazione assistita;
• la divulgazione di informazioni sulle procedure per l’adozione e l’affidamento familiare.
I Consultori Familiari sono i servizi che più rispondono alla realizzazione del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali, sia per gli obiettivi di prevenzione che della sinergia di rete operativa con gli altri servizi del territorio. In particolare, insieme ai Comuni, cooperano nella pianificazione del territorio e nella rilevazione dei bisogni dei cittadini. È quindi importante citare la Legge 328/2000, "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali", legge per l'assistenza, finalizzata a promuovere interventi sociali, assistenziali e socio-sanitari che garantiscano un aiuto concreto alle persone e alle famiglie in difficoltà. Questa non si limita a regolare l’assistenza sociale in termini moderni ma, come afferma Dellavalle (2002), ne modifica la struttura con l’obiettivo di costruire un sistema capace di offrire il sostengo necessario alle persone nell’intero arco del ciclo della vita. Con essa si crea quindi un sistema di politiche sociali che riconosce dignità ai servizi e ai professionisti, con lo scopo di promuovere il benessere individuale e collettivo attraverso la prevenzione di disagio e povertà, la possibilità di offrire maggiori opportunità, aiutando chi si trova in una condizione di difficoltà.
Oltre i Consultori, esistono altri servizi per i minori, che spesso collaborano attraverso il lavoro di rete con i Consultori stessi. Tra questi: l’UONPIA (Unità Operativa Neuropsichiatria e Psicologia per Infanzia e Adolescenza) è un servizio della ASL che si occupa di diagnosi e cura dei disturbi neuropsichiatrici e psicologici di pazienti di età compresa fra 0 e 18 anni, e anche di certificazioni riguardanti l'handicap scolastico, l'invalidità e ai sensi della legge 170/2010 (DSA). Le principali patologie trattate sono patologie del neuro sviluppo e psicologiche: ritardi cognitivi e dello sviluppo psicomotorio, disturbi dello spettro autistico, disturbi del linguaggio e dell'apprendimento, disturbi dell'attenzione e di iperattività, disturbi della funzione motoria, sindromi e disturbi comportamentali ed emozionali, disturbi di personalità, psicosi, disturbi affettivi, sindromi nevrotiche, paralisi cerebrali infantili, encefalopatie, sindromi genetiche. I trattamenti offerti sono logopedici, psicomotori, cognitivi, intellettivi e relazionali.
L'UONPIA svolge le seguenti attività:
• consulenze e visite neuropsichiatriche;
• consulenze e visite psicologiche;
• psicoterapia individuale e/o familiare, sostegno psicologico;
• interventi di supporto alla famiglia;
• trattamenti di riabilitazione neuro e psicomotoria, dei disturbi del linguaggio e dell'apprendimento;
• interventi finalizzati all'integrazione scolastica di alunni con disabilità ai sensi della L.104/92;
• coordinamento ed integrazione con i servizi sanitari distrettuali e ospedalieri;
• collaborazione interistituzionale con il sistema giudiziario e con gli altri servizi che si occupano dei minori.
Il SET (Servizio Educativo Territoriale) è un servizio rivolto a minori e famiglie che si trovano in situazioni di fragilità personali, familiari e ambientali. Ha come finalità principale il sostegno alla famiglia per supportare le capacità genitoriali e rafforzare la funzione educativa degli adulti e l’assistenza dei minori per favorire il loro processo di crescita e il superamento di condizioni di svantaggio socio-educativo, relazionale e culturale. Il servizio educativo è realizzato da educatori professionali, consiste nell'attivazione di interventi educativi che aiutano le figure genitoriali, o gli adulti di riferimento, a proteggere e sviluppare il benessere del bambino, riqualificare le competenze genitoriali, sostenere le relazioni interne al sistema familiare, rafforzare le reti sociali formali e informali. Il SET si occupa principalmente di:
• promuovere e sostenere il benessere di bambini, adolescenti e delle loro famiglie, con particolare attenzione all’unitarietà dei loro percorsi di vita;
• sostenere i diritti dei minori e le responsabilità genitoriali;
• supportare i minori e le famiglie in situazioni complesse e difficili;
• costruire o ricostruire il tessuto familiare instaurando relazioni interpersonali sane;
• recuperare le dinamiche relazionali all’interno del gruppo classe, inteso come costituito dagli alunni e dagli insegnanti;
• recuperare le dinamiche relazionali in situazioni extrascolastiche (per esempio servizi di aggregazione e di tempo libero);
• fornire supporto in collaborazione con i servizi territoriali e il Tribunale per i minori.
[...]
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La tutela dei minori: assistente sociale "ladro di bambini" o portavoce dei loro diritti?
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Informazioni tesi
Autore: | Alice Perazzona |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2021-22 |
Università: | Università degli Studi di Sassari |
Facoltà: | Scienze Umanistiche e Sociali |
Corso: | Scienze del servizio sociale |
Relatore: | Laura Pinna |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 45 |
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