Il lutto inespresso: dal mondo antico al tempo della pandemia da Covid-19
Il lutto ai tempi del Coronavirus
Ci troviamo in questo periodo storico ad elaborare il lutto in maniera distorta. Il saluto veloce, quasi di sfuggita ai propri cari, l'impossibilità di una vera vicinanza fisica non aiuta chi rimane a soffrire la scomparsa. Perché proprio di scomparsa si può parlare, da un giorno all'altro come in un bollettino di guerra, si sono persi parenti e conoscenti improvvisamente. Si cerca di onorarli con ricorrenze mirate, decidendo date specifiche come il 18 marzo, giorno dell'inaugurazione del Bosco della memoria a Bergamo, Città simbolo della prima ondata dell'epidemia, per non dimenticare e dando nello stesso tempo anche una piccola celebrazione a chi un vero funerale non l'ha proprio avuto. Altri boschi simili sono stati creati a Crema e a Cremona, altre città simbolo delle vittime del virus. Un po' come quando si innalzavano monumenti e statue commemorative al Milite Ignoto, per i tanti militari dispersi nelle guerre e mai più tornati a casa.
Il Coronavirus è stato per chi l'ha vissuto una guerra contro un nemico che si nascondeva e all'improvviso aggrediva alle spalle e spesso ti finiva. È così radicato il rituale della veglia di morte nelle famiglie, che è inconcepibile vedere piangere e disperarsi i tantissimi parenti di vittime del virus davanti ad uno schermo, sostenuti solo da infermieri ed assistenti in possesso di iPad, bardati con tute ignifughe. La morte da Covid 19 è balzata all'improvviso come protagonista di tutti i telegiornali, uscita allo scoperto dagli ultimi giorni di febbraio del 2020 e chiunque deve purtroppo considerarla compagna dei nostri giorni «I sopravvissuti hanno bisogno di condividere il proprio dolore in comunione. Hanno bisogno di riti di addio e di una cerimonia collettiva, compreso il pranzo funebre. La mancanza di una cerimonia consolatrice ha fatto sentire di nuovo il bisogno di rituali che fanno rivivere intensamente nelle nostre menti la persona morta e attenuano il dolore in una sorta di eucarestia».
La situazione, in tutto il mondo, ad un certo punto è diventata drammatica. In Spagna verso fine marzo 2020 nemmeno gli addetti delle pompe funebri riuscivano ad affrontare il numero dei decessi ed i parenti non potevano vedere i propri cari, chiusi velocemente nelle casse ed ammassati in un palazzetto del ghiaccio. Davanti ai nostri occhi e nella memoria rimarranno per sempre le immagini dei camion militari carichi di casse da morto che da Bergamo partivano per i forni crematori di tutta Italia. «Una delle stime più attendibili viene affidata, nei messi successivi, al raffronto del numero dei morti del marzo 2020 con le medie dei cinque anni precedenti. I risultati sono impressionanti. In provincia di Bergamo l'aumento dei decessi è stato del 567%, a Cremona +391%, a Lodi +370%, a Brescia +290%, a Piacenza +264%. A livello nazionale l'aumento è stato del +49,4%». Un lutto che si elaborerà nel tempo, con i defunti che non sono stati omaggiati e pianti nella maniera più corretta e rituale. Un rimorso che cresce dentro e lascia una specie di colpa nella coscienza dei dolenti.
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Informazioni tesi
Autore: | Marco Fioravanti |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2020-21 |
Università: | Università degli Studi di Bergamo |
Facoltà: | Scienze dell'Educazione |
Corso: | Scienze dell'educazione e della formazione |
Relatore: | Chiara Brambilla |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 43 |
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