Il lungometraggio Disney tra cinema d'animazione e psicologia positiva
Il valore educativo delle narrazioni e dei film
Si è detto come la narrazione di storie all'interno di un percorso educativo sia un metodo per educare i bambini all'empatia, tramite la stimolazione di comportamenti positivi.
Secondo Aristotele, le narrazioni rappresentano uno strumento efficace "per educare alle emozioni attraverso la loro chiarificazione"; il potere della narrazione stimola le emozioni, e le risposte emotive generate dal racconto influenzano l'apprendimento e il comportamento.
I film d'animazione potrebbero dunque essere considerati "i narratori della cultura contemporanea", dal momento che si fanno carico della diffusione di insegnamenti morali che fino a qualche secolo fa erano divulgati solo attraverso la letteratura, ad esempio tramite le fiabe.
La fiaba rappresenta una tipologia di narrazione estremamente efficace quando si tratta di suggerire una visione del mondo e/o di stimolare la fantasia dei bambini, i quali sono dotati fino all'età della pubertà di un pensiero animistico che li porta ad attribuire caratteristiche animate ad oggetti inanimati. Questa tendenza si contrappone energicamente agli insegnamenti razionali che il bambino riceve dagli adulti, e ritrova vigore nello strumento della fiaba, che si pone come strumento di verità pur rimanendo allusiva, dal momento che i messaggi da essa forniti non sono mai esplicitati. Lasciano, invece, che sia il bambino stesso a decidere se carpire – e successivamente applicare – quanto viene svelato.
La pluristimolazione sensoriale offerta dal film, dovuta all'utilizzo di diversi canali percettivi, implica tuttavia un coinvolgimento emotivo differente da quello della fiaba.
L'elemento emozionale risulta qui fondamentale ai fini della trasmissione di un messaggio morale, determinando l'importanza non tanto di una "verità realistica", quanto di una "verità emozionale", appunto. Il cinema ripropone delle dinamiche capaci di attivare il pensiero perché prodotte nello stesso modo con cui il nostro cervello "produce" pensiero, ossia attraverso lo scontro fortuito di singole immagini mentali.
L'identificazione con questo o quel personaggio di una certa caratura morale, risulterebbe essere facilitata proprio grazie all'empatia. Infatti, secondo recenti studi di neuro-ermeneutica applicata alla letteratura, un certo evento può essere soggetto a immedesimazione empatica anche nel caso in cui non sia vissuto in prima persona.
Secondo Niemiec e Wedding (2008) il cinema rappresenta un elemento estremamente influente per quanto concerne l'identificazione. L'ispirazione che scaturisce dall'osservare un personaggio che applica le sue virtù/forze del carattere sarebbe talmente potente da indurre lo spettatore non solo a individuare la presenza di quelle forze del carattere in sé, ma anche di risvegliarle e applicarle egli stesso.
Tuttavia, per quanto emotivamente e cognitivamente coinvolgente, non è detto che un film porti necessariamente all'identificazione. Non è dunque scontato che il bambino riesca a cogliere in maniera significativa l'insegnamento morale di cui il film – o il personaggio – si fa portatore.
Entra qui in gioco la figura dell'adulto, che – come detto – si fa mediatore dal momento stesso in cui sceglie il film da proporre. Quanto precedentemente detto riguardo al profondo ascendente che lo strumento cinematografico esercita sui bambini, ci permette di affermare che risulta necessario che venga dedicata un'attenzione speciale tanto a loro quanto allo strumento stesso.
Soprattutto nel caso di un prodotto cinematografico da presentare a scuola, la scelta è tutt'altro che banale; principalmente nell'evenienza in cui esso sia proposto come parte di un percorso più ampio, che si propone di provare a rendere gli alunni spettatori interessati, attivi e consapevoli, oltre che di far sviluppare loro una certa coscienza critica.
Il rischio che si corre nel momento in cui si attua la scelta di utilizzare lo strumento cinematografico in ambiente scolastico è tanto reale quanto, tuttavia, sottovalutato. Il problema sorge, infatti, qualora il film sia ritenuto una facile evasione da parte degli alunni, ma anche una facile alternativa per il docente.
Già nel 1995 era stato individuato e portato all'attenzione degli accademici tale rischio. Mario Guidorizzi e Mario Tedeschi Turco avevano affermato che "il docente dovrebbe apprendere soprattutto che il cinema nella scuola non può essere un riempitivo per ore di supplenza o opportunità di svago quando non si ha troppa voglia di fare lezione. Sarebbe necessario apprendesse altresì la forza dirompente, capace di lasciare tracce profonde, insita nelle immagini scelte per documentare la disciplina da svolgere, siano esse promosse da inserti scientifici o genericamente divulgativi che da vere e proprie pellicole filmiche". Si evidenzia qui la superfluità del genere cui si vuol far riferimento, purché sia una scelta consapevole, ragionata e ponderata.
Un altro atteggiamento, sistematicamente attuato nel corso degli anni, è stato quello di utilizzare lo strumento filmico per veicolare messaggi in maniera alternativa, soprattutto concetti di più complicata fruizione sotto diversi punti di vista. Infatti, più che oggetti passibili di interpretazione critica, per decenni i film sono stati considerati degli strumenti con un potenziale talmente incisivo da ritenerli efficace mezzo di diffusione di nozioni e messaggi.
A questo proposito, Carlo Z. Baruffi si espose ad affermare che "la pedagogia dell'ambiente potrebbe vedere nell'esperienza filmica della visione, un atteggiamento educativo di prim'ordine, una posizione di riferimento che assume un ruolo, lo interpreta e ne diviene strumento introduttivo alla tematica dello sfondo naturale, come primo approccio fondamentale", nel senso che usufruire della visione di un film agevoli e faciliti il primo approccio ad un tema sconosciuto o poco conosciuto.
Tuttavia, ancora una volta, a segnare tale primo approccio, sarà la fondamentale e imprescindibile guida dell'insegnante, oltre che l'orientamento stesso dell'alunno, che si deve necessariamente configurare come attivo e critico. In quest'ottica, è il film ad essere un supporto per la lezione, e non il contrario.
Se si vuole utilizzare un film non come semplice espediente per colmare delle ore di buca, è necessario che esso sia selezionato con estrema cura. Dovrà essere "al contempo comprensibile e capace di catturare l'attenzione del pubblico; diversamente si correrà il rischio di ritrovarsi, alla fine della visione, con un gruppo di studenti confusi o […] annoiati e del tutto demotivati". Inoltre, l'insegnante dovrà tener conto di altre due variabili fondamentali: l'età dei bambini e le loro precedenti esperienze da spettatori.
Una volta effettuata la scelta del film da mostrare, l'insegnante non deve lasciare che i bambini si abbandonino a una visione acritica e passiva. Al contrario, dovrebbe seguirli durante tutto il percorso: prima della visione, per prepararli a ciò che incontreranno; durante, per prendere anch'egli parte in maniera attiva alla visione stessa; dopo, per mettere in atto una discussione a riguardo. [...]
Questo brano è tratto dalla tesi:
Il lungometraggio Disney tra cinema d'animazione e psicologia positiva
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Informazioni tesi
Autore: | Antonia Caputo |
Tipo: | Laurea magistrale a ciclo unico |
Anno: | 2020-21 |
Università: | Università degli Studi della Calabria |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Scienze della Formazione Primaria |
Relatore: | Angela Maiello |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 170 |
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