L'evoluzione giurisprudenziale sull'assegnazione della casa familiare
La trascrizione e l'opponibilità ai terzi del provvedimento di assegnazione nell'evoluzione giurisprudenziale
La questione dell’opponibilità ai terzi del provvedimento di assegnazione della casa familiare è sempre stato molto sentito anche per l'incidenza che esso ha su distinti interessi, astrattamente contrastanti ma tutti sicuramente meritevoli di tutela.
In particolare si tratta, da un lato, di tutelare l’interesse del nucleo familiare superstite al naufragio del progetto familiare a godere della casa familiare, quale centro di affetti e di interessi. Dall'altro, di considerare l’interesse proprio dell’acquirente dell’immobile precedentemente adibito a casa familiare, di salvaguardare il principio di libera circolazione dei beni e tutelare gli interessi dei creditori.
In pratica, rendere opponibile il provvedimento di assegnazione della casa familiare vuol dire porre l'abitazione (in realtà, porre il diritto abitativo della prole) al riparo sia dalle aggressioni dei creditori del genitore proprietario dell'immobile (sacrificando però le loro legittime pretese), sia dei terzi acquirenti cui tale genitore abbia venduto il bene immobile. Con riferimento a quest'ultimo caso, si osserva che l'opponibilità del provvedimento di assegnazione non impedisce la vendita dell'immobile ma l'acquirente (in questo senso si dice che il provvedimento gli è opponibile) dovrà necessariamente rispettare tale provvedimento e non potrà utilizzare il bene liberamente, poiché dovrà consentire al nucleo familiare che lo occupa di continuare ad abitarvi. Ciò che, ovviamente, limita, sia pure temporaneamente ed in nome di un interesse ritenuto meritevole di maggior tutela, il diritto di proprietà.
Per molto tempo il nostro ordinamento giuridico si è caratterizzato per la totale assenza di norme che regolassero l'opponibilità del diritto di assegnazione della casa familiare.
Ed anche l'art. 155 comma 4 del codice civile, nella versione riformata dalla legge n. 151 del 1975, pur introducendo per la prima volta nel nostro ordinamento l'istituto della casa familiare, nulla ha previsto in merito alla opponibilità del diritto conseguente alla sua assegnazione, cosicché è stata la giurisprudenza a supplire a tale mancanza normativa.
Si è già detto nel paragrafo in cui si è affrontata la tematica della natura giuridica del diritto nascente in capo al coniuge assegnatario, che tale diritto è stato qualificato da parte della dottrina e della giurisprudenza come un diritto reale e, da altra parte, come un diritto personale di godimento.
Ebbene, lì ove tale diritto veniva considerato un diritto reale se ne ammetteva l'opponibilità ai terzi a seguito della trascrizione del provvedimento di assegnazione emesso dal giudice. La trascrizione è, infatti, proprio lo strumento di pubblicità predisposto per gli atti relativi all’acquisto della proprietà o di altri diritti reali sui beni immobili (e dei beni mobili registrati, come gli autoveicoli); detto strumento consiste nel riportare il contenuto degli atti, nel nostro caso il provvedimento di assegnazione emesso dal giudice, in appositi registri che, lì ove si tratti di beni immobili (case o terreni), è quello dei beni immobiliari. In questo modo il provvedimento viene ad essere legalmente conoscibile, nel senso che chiunque voglia informarsi sulle vicende giuridiche che riguardano un bene di tale natura, lo può fare consultando l’apposito registro.
Lì dove, invece, il diritto conseguente all'assegnazione dell'abitazione veniva considerato non un diritto reale, bensì un diritto personale di godimento, veniva meno la possibilità di trascrivere il relativo provvedimento e se ne escludeva conseguentemente la opponibilità ai terzi.
La prima e fondamentale tappa normativa riguardante la opponibilità del diritto in esame fu attuata dalla legge 6 marzo 1987 n. 74 che, sostituendo integralmente l'art. 6 della legge 898/1970 (legge che disciplina il divorzio), introdusse nello stesso il comma 6 con il quale non solo è stato previsto l'istituto dell'assegnazione della casa coniugale nel divorzio, ma se ne è espressamente sancita l'opponibilità ai terzi, prevedendo che <
Il legislatore, quindi, stabilì espressamente l'opponibilità al terzo acquirente del diritto all'assegnazione della casa familiare e lo fece equiparando tale opponibilità a quella prevista dall'art. 1599 cod. civ., norma prevista per i trasferimenti degli immobili oggetto di contratto di locazione.
Il riferimento a tale ultima norma del codice civile fu una scelta certamente infelice visto che essa prevedeva (ed ancora prevede) l'opponibilità delle locazioni immobiliari entro il novennio senza alcuna necessità di trascrizione, richiedendo invece tale adempimento, ai fini dell'opponibilità, solo per le locazioni ultranovennali. Cosicché la norma introdotta con la legge del 1987 si mostrò immediatamente suscettibile di due diverse interpretazioni che crearono notevole incertezza. Si sostenne, cioè, da un lato, che la trascrizione del provvedimento di assegnazione fosse necessaria solo per l'opponibilità ai terzi una volta trascorsi nove anni (e, pertanto, per i primi nove anni non fosse necessaria la trascrizione per renderlo opponibile). Altri sostennero, invece, che il provvedimento di assegnazione fosse opponibile solo se trascritta anche nel novennio.
La tematica in esame fu profondamente innovata con l'entrata in vigore della legge 8 febbraio 2006 n. 54 che, come già si è visto, ha introdotto l'art. 155 quater cod. civ. che disciplinava l'assegnazione della casa coniugale e che, fra l'altro, al primo comma prevedeva che <
Si tratta, peraltro, di una norma che, al pari di tutte quelle contenute nella legge appena citata, si applicava oltre che alle procedure di separazione, anche a quelle di cessazione degli effetti civili, di scioglimento e di nullità del matrimonio, nonché a quelle relative a figli di genitori non coniugati.
Come si è detto, l'art. 155 quater è stato abrogato dalla riforma del 2013 (D. L.vo 28/12/2013, n. 154, entrato in vigore il 7 febbraio 2014) e la disciplina dell'assegnazione della casa familiare è oggi contenuta nell'art. 337 sexies cod. civ..
Tuttavia, tale ultima norma ripropone letteralmente il testo del primo comma della norma abrogata.
Il provvedimento di assegnazione della casa coniugale e quello di revoca sono, pertanto, trascrivibili ed opponibili a terzi ai sensi dell'art. 2643 del codice civile.
Tale ultima norma prevede una serie di atti che devono essere resi pubblici col mezzo della trascrizione e vengono elencati, ad esempio, i contratti con i quali si trasferiscono la proprietà dei beni immobili, i contratti che costituiscono o modificano il diritto di uso sopra beni immobili o il diritto di abitazione, i contratti di società o di associazione con il quale si conferisce il godimento di beni immobili, i contratti di locazione di beni immobili che hanno durata superiore ai nove anni (quest'ultimo è indicato al numero 9 di detta norma).
Poiché il provvedimento di assegnazione della casa familiare non è previsto in tale elencazione, la sua trascrivibilità è stata assimilata alla fattispecie indicata al n. 8 dell'art. 2643 cod civ, ossia ai contratti di locazione di durata ultranovennale. Con la conseguenza che il provvedimento di assegnazione parrebbe ritenersi opponibile ai terzi, anche se non trascritto, per i primi nove anni dalla sua emissione (avendo tale provvedimento sempre una data certa costituita dal giorno della sua emissione). Mentre dovrà essere trascritto per essere appunto ulteriormente opponibile una volta trascorso il novennio.
È ovvio comunque che, trattandosi di un enunciato frutto della interpretazione della dottrina e, come stiamo per vedere, della giurisprudenza, sarebbe assolutamente consigliabile trascrivere comunque subito il provvedimento di assegnazione.
Più volte, anche recentemente, la Suprema Corte ha stabilito che per la opponibilità infranovennale del provvedimento di assegnazione non è necessaria la sua trascrizione, precisando che siccome <
Occorre, tuttavia, precisare che l'opponibilità ai terzi del provvedimento di assegnazione della casa sarà possibile soltanto ove il medesimo sia stato disposto giudizialmente, quindi nelle ipotesi di procedimenti contenziosi, o concordato consensualmente dai genitori separati, divorziati o ex conviventi, per tutelare la prole minorenne o maggiorenne non economicamente autosufficiente e convivente con il genitore beneficiario.
In assenza di prole, il provvedimento non sarà mai opponibile né ai terzi acquirenti, né all'altro coniuge. Neppure, ed a maggior ragione, onde evitare che uno strumento pensato per la tutela dei figli ma che incide sia pure temporaneamente, limitandolo, sul diritto di proprietà possa addirittura essere utilizzato per frodare i creditori, potrà essere opposto a questi ultimi.
Sul punto si è espressa la Corte di Cassazione, secondo la quale <
Ciò detto, occorre individuare quale è il provvedimento suscettibile di trascrizione nei registri immobiliari.
Tale provvedimento è sicuramente la sentenza che, al termine del giudizio di separazione o divorzio, abbia statuito anche sull'assegnazione della casa familiare.
Nel caso di separazione consensuale sarà possibile trascrivere il provvedimento di omologa del Tribunale delle condizioni stabilite di comune accordo dai coniugi.
Ma è sicuramente opponibile anche l'ordinanza con cui il presidente del Tribunale, subito dopo l'udienza di comparizione personale dei coniugi, fallito il tentativo di conciliazione previsto dalla legge, ha emesso i provvedimenti temporanei ed urgenti nell'interesse dei coniugi e della prole (provvedimenti il cui oggetto è la definizione delle modalità dell'affidamento dei figli minori, l'eventuale determinazione in via provvisoria di un assegno a carico di uno dei coniugi destinato al mantenimento dell'altro coniuge o dei figli minori o maggiorenni non economicamente indipendenti, ovvero l'assegnazione della casa familiare). Ritiene la giurisprudenza che il provvedimento opponibile al terzo acquirente dell'immobile <
Ciò sarebbe possibile soltanto se si potesse trascrivere la domanda giudiziale di separazione e divorzio che prevede la richiesta di assegnazione della casa familiare.
Tale trascrizione non è, però, possibile in ragione del fatto che la legge non prevede la possibilità di trascrivere i ricorsi introduttivi delle cause di separazione e divorzio. Gli articoli 2652 e 2653 del codice civile, infatti, indicano espressamente le fattispecie degli atti trascrivibili e tale indicazione è tassativa e non è suscettibile di integrazione.
La stessa Corte di Cassazione ha chiarito che atto soggetto a trascrizione non può essere il ricorso di separazione personale dei coniugi in cui venga richiesta l'assegnazione della casa familiare, ma solo il provvedimento, emesso nel corso del giudizio, di effettiva assegnazione.
Di fronte al pericolo che il coniuge alieni l'immobile per evitare il provvedimento di assegnazione all'altro coniuge o renderlo, di fatto, privo di effetti, quest'ultimo potrebbe eventualmente, fornendo la prova del pericolo, rivolgersi al giudice esperendo un giudizio cautelare (provvedimento d'urgenza, sequestro, ecc...).
Ci si è chiesti, sempre relativamente al provvedimento di assegnazione, se esso sia o meno opponibile al creditore che sulla base di un titolo esecutivo (sentenza, decreto ingiuntivo, cambiale o altri titoli) abbia iscritto l'ipoteca su bene immobile adibito a casa familiare.
È noto che l'ipoteca conferisce al creditore a favore del quale la stessa è iscritta il diritto di espropriare il bene sul quale grava, anche nei confronti dei terzi che lo abbiano acquistato successivamente. L'ipoteca, infatti, ai sensi dell’art. 2808, comma 1, del codice civile, segue l'immobile nel senso di attribuire al creditore il diritto di espropriare, anche in confronto del terzo acquirente, i beni vincolati a garanzia del suo credito e di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato dall’espropriazione. Ciò significa che il creditore ipotecario ha il diritto di pignorare l'immobile ipotecato anche se il bene viene alienato a terzi e che, a seguito di tale pignoramento, l'espropriazione forzata procede fino all’aggiudicazione e, quindi, al trasferimento della proprietà al terzo aggiudicatario ed al successivo riparto della somma ricavata.
Occorre allora vedere il rapporto esistente fra l'ipoteca e il provvedimento di assegnazione. E' pacifico che, una volta trascritto il provvedimento di assegnazione della casa, l'iscrizione dell'ipoteca sarà inefficace e non opponibile al coniuge assegnatario. Diversamente, verrebbe frustrato irrimediabilmente il suo diritto. Quindi, una volta trascritto il provvedimento di assegnazione della casa familiare, le ipoteche iscritte successivamente non hanno alcuna efficacia.
Il problema si pone per le iscrizioni ipotecarie effettuate prima del provvedimento di assegnazione della casa coniugale (ad esempio l'ipoteca iscritta dalla banca che, contestualmente all'acquisto dell'immobile da parte del coniuge o di entrambi i coniugi, ha erogato il mutuo).
Appare del tutto condivisibile una recente decisione della Corte di Cassazione che ha cassato una sentenza del giudice la quale aveva ritenuto, al pari di altri tribunali e corti di merito, opponibile al creditore (nella specie, proprio una banca) il provvedimento di assegnazione trascritto dopo l'iscrizione ipotecaria. In questo caso, pertanto, era stato impedito alla banca creditrice che aveva iscritto l'ipoteca molto prima rispetto all'assegnazione della casa, di promuovere il procedimento esecutivo facendo valere la garanzia costituita dalla ipoteca. La fattispecie esaminata dalla Corte Suprema riguardava quindi una delle situazioni più frequenti.
La banca aveva concesso un mutuo ad entrambi i coniugi e sulla base di tale mutuo bancario era stata iscritta ipoteca volontaria sull’immobile stesso.
Successivamente i coniugi si separavano ed il tribunale, in presenza di figli, assegnava la casa coniugale alla moglie, essendosene il marito allontanato.
Poiché non veniva fatto fronte al pagamento delle rate di mutuo, la banca iniziava l’espropriazione forzata sull’immobile.
Avverso tale procedimento giudiziario esecutivo proponeva opposizione all’esecuzione la moglie, eccependo che la casa le era stata assegnata con provvedimento del tribunale a tutela della famiglia e chiedendo la sospensione dell'esecuzione. In via subordinata, la moglie invocava una pronuncia con la quale venisse dato atto ed avvertito l’eventuale acquirente del bene in sede di espropriazione, che l’immobile doveva considerarsi legittimamente occupato dalla moglie e dai figli.
Conseguentemente, chi avesse acquistato l’immobile all’asta, avrebbe dovuto rispettare il provvedimento del tribunale, assunto nel processo di separazione dei coniugi, e non avrebbe potuto estromettere la famiglia dall’abitazione.
Il tribunale disponeva che l’immobile potesse essere venduto egualmente, ma con il vincolo esistente. Dunque, precisava il magistrato, che andasse menzionata, nel provvedimento che autorizzava la vendita all’asta, la sussistenza sul bene del decreto di assegnazione della casa coniugale trascritto in data anteriore al pignoramento, che rimaneva quindi opponibile all’aggiudicatario fino al permanere del relativo diritto di abitazione in capo all’assegnatario. La banca che aveva iscritto l’ipoteca in precedenza, impugnava la sentenza sostenendo, fra l'altro, che l’interpretazione del tribunale non potesse considerarsi esatta, anche dal punto di vista sostanziale, laddove così facendo non avrebbe avuto alcun senso l’iscrizione di ipoteca precedente all’assegnazione dell’immobile, venendo meno la ragione stessa della garanzia ipotecaria.
La Cassazione riteneva fondate le osservazioni della banca ed annullava la sentenza impugnata.
Secondo la Corte l’attuale lettura dell’ 155 quater c.c., in virtù delle modifiche legislative intervenute in questi ultimi anni (laddove prevede che “il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili ed opponibili a terzi ai sensi dell’art. 2643 c.c.”) indica che questi provvedimenti non hanno effetto riguardo al creditore ipotecario che abbia acquistato il suo diritto sull’immobile in base ad un atto iscritto anteriormente alla trascrizione del provvedimento di assegnazione.
Perciò, legittimamente l’istituto bancario che abbia iscritto ipoteca precedente, può ottenere la vendita dell’immobile ritenendolo libero e l’acquirente può agire per eliminare gli eventuali occupanti dall’immobile, non essendo a lui opponibile l’assegnazione della casa coniugale statuita dal giudice della separazione.
In altre parole, anche quando trascritto, il provvedimento di assegnazione non ha effetto <
Ritenere, viceversa, prevalente il diritto del coniuge assegnatario per la Corte vorrebbe dire accordare una tutela maggiore a quest'ultimo, che ha ottenuto il diritto parziale nel corso della causa di separazione e, quindi, dopo l'iscrizione dell'ipoteca, rispetto al coniuge che aveva conseguito la piena proprietà del bene ipotecato. Viene così salvaguardato anche il principio generale dell'ordinamento che non permette al coniuge assegnatario di assumere, rispetto a terzi titolari di diritti preesistenti sul bene, una posizione più favorevole di quella che può assumere il coniuge titolare del diritto di proprietà.
La fattispecie appena esaminata ha per oggetto, come si è detto, l'ipotesi in cui il creditore ha iscritto l'ipoteca sull'immobile prima del provvedimento di assegnazione e della sua trascrizione.
Nelle altre ipotesi, quando cioè l'ipoteca viene iscritta successivamente alla trascrizione dell'assegnazione della casa familiare o nei casi in cui, a prescindere dall'esistenza di una ipoteca, il creditore di uno o di entrambi i coniugi proprietari dell'immobile intenda pignorarlo, il relativo procedimento esecutivo sarà efficace e potrà condurre alla vendita all'asta del bene.
Ovviamente, però, chi lo acquisterà (soggetto denominato “aggiudicatario” dalla legge) sarà tenuto a rispettare il provvedimento di assegnazione se trascritto o, almeno, per il novennio. Il principio è stato ribadito dalla sentenza n. 12466/2012 della Corte di Cassazione.
L'elemento più interessante contenuto in questa sentenza è proprio l'affermazione secondo cui l'assegnazione della casa familiare (nel caso specifico con provvedimento trascritto) non ferma il pignoramento dell'immobile e, quindi, la procedura esecutiva, ma la mancata efficacia "paralizzante" della procedura esecutiva non esclude l'opponibilità ai terzi (e, quindi, al terzo acquirente del bene pignorato e venduto all'asta) del diritto di abitazione, cioè non elimina l'opponibilità ai terzi del diritto di abitazione. Con la conseguenza che l'aggiudicatario acquisterà all'asta un bene immobile gravato dal diritto di assegnazione che dovrà rispettare.
Per quanto superfluo, precisiamo che l'immobile interessato da un provvedimento di assegnazione è liberamente alienabile, anche per trattativa privata, salvo l'obbligo per l'acquirente di rispettarne la destinazione per il periodo previsto dalla legge. Ovviamente, tale circostanza influisce sul suo valore commerciale.
Questo brano è tratto dalla tesi:
L'evoluzione giurisprudenziale sull'assegnazione della casa familiare
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Informazioni tesi
Autore: | Anna Burzio |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2016-17 |
Università: | UniCusano - Università degli Studi Niccolò Cusano |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze politiche e delle relazioni internazionali |
Relatore: | Margherita Oliva |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 104 |
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