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Morire di carcere: il rischio suicidario dietro le sbarre e le misure di prevenzione. Analisi del fenomeno con proposta di traduzione attiva spagnola di testi inerenti, di approfondimento e testimonianza

I luoghi del decesso

Buffa spiega che la cella è il luogo prediletto dai detenuti per compiere il gesto suicida, affermando che ben il 97,5% dei casi di suicidio si verificano all'interno della propria camera di pernottamento in quanto questo luogo offre una certa protezione, fungendo da nascondiglio, per impedire l'intervento di chi voglia provare ad impedire il gesto.
Nei casi di convivenza, la persona decisa a compiere tale gesto non deve far altro che aspettare l'assenza dei compagni. Una volta rimasto solo, il detenuto che si procurerà la morte sarà scoperto per lo più dal personale in servizio anche se spesso i primi a dare l'allarme di quanto accaduto sono proprio i compagni di cella che, dopo essere rientrati in stanza, acquisiscono in prima persona la tragica notizia.
Il numero dei suicidi potrebbe essere sottostimato perché se la morte avviene al di fuori delle mura, durante il tragitto verso l'ospedale o presso quest'ultimo, l'evento non verrebbe annoverato tra i dati relativi ai suicidi nelle carceri ma, in realtà, l'Ufficio Ispettivo e del Controllo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria registra tutti gli eventi critici e il loro esito, a prescindere dal luogo dove effettivamente sia avvenuta la morte.
Sulla base dei dati registrati presso l'Ufficio sopra menzionato, Buffa ha evidenziato che, nel decennio 2008-2010, l'87.6% dei casi ha visto il decesso all'interno dell'istituto di pena mentre il rimanente 12,4% fuori da esso.

Metodi e Strumenti

Per quanto riguarda le modalità, Manconi e Boraschi spiegano che ci si uccide soprattutto per impiccagione o per asfissia usando principalmente, in quest'ultimo caso, sacchetti di plastica da stringere attorno alla testa.
Nella vita libera, invece, il suicidio comprende un ventaglio molto più ampio di modalità che, per forza di cose, sarebbero impossibili da mettere in atto all'interno delle mura di un carcere come, per esempio, l'annegamento, la precipitazione da una finestra di un quinto piano, il ferimento mortale con un'arma da fuoco o l'investimento; in ogni caso in un istituto di pena i mezzi a disposizione dei detenuti sono relativamente pochi.
Gli strumenti utilizzati dipendono dalle modalità con cui il soggetto decide di togliersi la vita: per esempio, per l'impiccagione sono molto spesso utilizzate le lenzuola del proprio letto, che vengono annodate e legate alle inferiate; anche cinture, lacci di scarpe e vestiario possono fungere da corde per l'impiccagione.

Spesso però si ricorre anche all'inalazione del gas dei fornellini da campeggio che i detenuti hanno a disposizione per cucinare all'interno della propria cella. Come spiegano Baccaro e Morelli, in questo caso si parla spesso di “infortuni letali”, dove l'intenzione era di ottenere lo sballo; nel gergo intramurario proprio dei detenuti si parla di “piccola neve”: questa pratica avviene principalmente attraverso l'inalazione del gas butano dei fornelletti, l'assunzione smisurata di farmaci, droghe illegali o prodotti chimici come colle e detergenti o sniffando del gas con la testa chiusa in un sacchetto di plastica. Talvolta capita che questi gesti pericolosi sfuggano al controllo del detenuto provocando una morte (forse) non voluta. Il giorno seguente lo “sballo” il soggetto viene ritrovato immobile come stesse dormendo e in molti casi, denunciano i due autori, i medici archiviano in modo sbrigativo l'accaduto come “incidente”; altre volte, invece, la perizia diagnostica un decesso per overdose. Questo avviene principalmente perché, ed è evidente, non è facile tracciare un confine netto tra overdose come esito imprevisto e non voluto dell'inalazione di gas e overdose come risultato di una volontà suicidaria infatti questa modalità è utilizzata sia per sballarsi sia per procurarsi la morte.
Quello che è certo, però, è che l'Amministrazione penitenziaria, nei casi di “infortuni letali”, preferisce attribuire a tale gesto l'intenzione di sballarsi piuttosto che quella di uccidersi e definisce queste persone tossici in astinenza. Tuttavia, a tal proposito, è necessario tenere in considerazione che le persone che adottano questa particolare modalità non soffrono tutte di problemi legati alla dipendenza da sostanze stupefacenti.

Altra trasgressione è il ricorso all'ingestione di corpi estranei, una pratica che, sebbene sia usata maggiormente per richiamare l'attenzione su di sé, può provocare la morte visto il suo livello di pericolosità. Grazie alle radiografie si è scoperto che tra gli oggetti più comunemente ingoiati vi sono tagliaunghie, chiodi, chiavi, viti, spilli, spazzolini da denti, forchette, piccoli coltelli, manici di cucchiai, catenine, lamette (per le quali esiste una particolare tecnica per non tagliarsi), pile, lampadine, molle delle reti del letto, pezzi di vetro e di metallo. Nella maggior parte dei casi le radiografie non evidenziano particolari lesioni interne e per questo motivo questi gesti vengono annoverati come tentativi autolesionistici atti ad attirare l'attenzione ma, talvolta, potrebbero essere finalizzati a segnalare l'abbandono e lo sconforto personale. Tuttavia, non può sempre esserci la certezza che tali gesti non comportino conseguenze fisiche e di salute gravi e questo vale anche per tutti gli altri tentativi di autolesionismo, in modalità rischiose, tali da non poter escludere un finale tragico come, per esempio, lo sciopero della fame.

Informazioni tesi

  Autore: Claudia Gennari
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2018-19
  Università: Scuola Superiore per Mediatori Linguistici - CIELS
  Facoltà: Mediazione Linguistica e Culturale
  Corso: Scienze della mediazione linguistica
  Relatore: Catalina Paravati
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 87

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Parole chiave

carcere duro
fattori di rischio
isolamento
suicidio in carcere
prevedibilità istituzionale del suicidio
fattori di resistenza
prevenzione del rischio suicidario
luoghi del decesso
metodi e strumenti

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