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Basi neurofisiologiche dei disturbi dissociativi dell'identità

Il trattamento dei disturbi dissociativi d'identità

Il trattamento raccomandato per la cura dei DDI è la psicoterapia. Non sono disponibili delle linee guida formali per il trattamento del DDI, ma l'approccio comunemente individuato è l'utilizzo di una psicoterapia individuale. Nonostante ciò, sono state ottenute delle linee guida basate sulla pratica avviate dalla International Society for the Study of Trauma and Dissociation (ISSTD), nelle quali è stato descritto che il trattamento per pazienti con DDI debba essere preferibilmente erogato in fasi o in fasi sequenziate. Nella prima fase si mira alla stabilizzazione dei sintomi, nella seconda si affrontano ed elaborano i ricordi traumatici e nella terza fase si affronta l'integrazione e la riabilitazione dell'identità.
È fondamentale inizialmente creare un senso di sicurezza e stabilizzare i sintomi del paziente, in quanto la mancata stabilizzazione e/o un'attenzione prematura all'esposizione e all'elaborazione dei ricordi traumatici, provocherà un eccesso di emozioni e uno scompenso tale da essere accompagnato da un aggravamento della sintomatologia e del disagio nella vita quotidiana. Essendo la seconda fase interamente focalizzata sull'elaborazione del trauma, è importante che essa cominci solo quando ci sono relativamente pochi fattori di stress della vita del paziente e ci sia abbastanza forza dell'Io per garantire al soggetto un impegno adeguato nel trattamento. Di conseguenza, i pazienti possono rimanere nella fase uno per lunghi periodi di tempo, a volte anche per più di un ciclo di trattamento. Tale percorso, infatti, può durare anche più di dieci anni.
Questo background psicologico sottolinea la necessità di interventi cauti e pianificati. Una terapia di successo dovrà portare alla luce ciò che è nascosto, sia in termini di personalità, che di conflitti o di realtà alternative. Le esperienze di vita travolgenti dei pazienti con DDI dovranno essere metabolizzate, riassorbite e successivamente introdotte nel flusso principale di consapevolezza. Affinché il paziente con DDI emerga con un senso di completezza e di interezza è necessaria una frequente stabilizzazione del sistema mentale con la rivisitazione del materiale traumatico e non. Sono stati sviluppati alcuni modelli "tipo" di terapia per facilitare in questi pazienti il meticoloso processo di integrazione, quali: il modello di integrazione tattica, il modello di integrazione strategica e il modello di stato dell'Io basato sulla personalità. I primi due modelli sono finalizzati per favorire la completa integrazione dell'individuo nel suo insieme, il terzo mira ad una convivenza funzionale e soddisfacente delle diverse personalità e/o stati dell'Io. I pazienti sono spesso spaventati dalla prospettiva di ridurre il numero di personalità che hanno dimostrato di essere aiutanti adattivi fin dall'infanzia. L'integrazione, quindi, può non essere l'obiettivo finale richiesto dal paziente che, invece, potrebbe essere maggiormente interessato al sollievo dai sintomi. Come tale, indipendentemente dal fatto che il paziente scelga o meno di perseguire l'obiettivo di completa integrazione, è indispensabile inizialmente ridurre i sintomi post-traumatici. Le discussioni sull'integrazione dovranno essere sempre semplici e dirette. I pazienti dovranno essere sempre informati che l'integrazione è chiaramente una scelta che alla fine dovranno prendere. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Basi neurofisiologiche dei disturbi dissociativi dell'identità

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Informazioni tesi

  Autore: Rachele Malito
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2020-21
  Università: Università degli Studi di Catanzaro Magna Grecia
  Facoltà: Scienze e Tecniche di Psicologia Cognitiva
  Corso: Psicobiologia Fisiologica
  Relatore: Antonio Cerasa
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 51

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