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Uso del concetto di merito all'interno della visione liberista

Tra merito e democrazia

Un elemento comune a tutte le forme politiche, fino ad adesso conosciute, è l’accentramento del potere in una minoranza di individui, all’interno di quelle che sono definite “classi dirigenti”. Esse sono espressione dei soggetti che hanno più attitudine a governare in un dato momento storico, le classi dirigenti possono essere definite come comunità speciali di persone, che possiedono la capacità di direzione politica. La classe politica risulta quindi composta da elementi che in un dato momento storico sono i più atti a governare. L’attitudine a governare deriva da un cumulo di qualità che rendono gli individui adatti a dirigere la società, cioè la capacità di impadronirsi del potere e mantenerlo, che varia nel tempo secondo i contesti sociali e ideologici. Possedere i mezzi variabili secondo il tempo e i luoghi significa in pratica possedere un merito o una qualità alla quale la società riconosce grande importanza. Quindi caratteristica fondamentale della classe dirigente è che essa sia fondata sul merito, cioè sull’attitudine a ben dirigere.
Il merito non può assurgere ad unico principio morale di governo degli uomini, esso infatti non è sufficiente ad assicurare il potere, perché deve essere riconosciuto dalla generalità degli individui. Una classe politica selezionata sulla base del merito, quindi, necessita del consenso della maggioranza dei governati e ciò comporta un equilibrio tra le due forze contrapposte quello della minoranza che esercita il potere e della maggioranza, sul quale passivamente è esercitato, che deve riconoscere il potere come legittimo.
La formula politica risponde ad una necessità della natura umana, quello di «voler credere che si ubbidisca piuttosto ad un principio astratto, che ad una persona, la quale vi comanda perché ne ha le attitudini». È possibile ipotizzare una classe politica che confessi di stare al potere per merito proprio o per la superiorità dei suoi talenti, rinunciando ad ogni formula politica?
Un tale riconoscimento del merito come fondamento del potere della classe politica, ed una legittimazione da parte della generalità dei consociati, può assurgere a formula politica e a principio di sovranità e autorità?

È anzitutto necessario sottolineare come la nozione di “formula politica” sia ambigua e complessa.
Il consenso della maggioranza nei confronti di un regime politico dipende dal fatto che il regime sia fondato su credenze universalmente accettate da parte dei consociati, che possano giustificare il potere. Una simile giustificazione sta alla base di una classe politica che vanti propri meriti e capacità. Condizione affinché vi possa essere un consenso per un regime meritocratico è che esso venga universalmente accettato da parte dei consociati.
Riguardo al concetto di formula politica, il politologo e giurista Gaetano Mosca scrive: «la formula politica è un principio religioso o semplicemente morale (…) un insieme di sentimenti, abitudini mentali e di convinzioni, che forniscono la base morale a tutte le grandi organizzazioni statali, senza che corrispondano ad una verità effettiva». Sarebbe quindi possibile auspicare ad una forma politica che coincida con una verità effettiva, attraverso l’applicazione del merito, che dovrà essere inteso come una base morale dell’organizzazione statale. Attraverso tale formula morale, il principio filosofico dell’imperativo categorico, teorizzato dal filosofo Immanuel Kant nel suo “Fondazione della metafisica e dei costumi”, si arricchisce di un elemento falsamente razionale e oggettivo, il merito.
Tale formula morale introduce il tema del “tipo sociale”, un popolo unito ed organizzato, che esige e presuppone una base morale, un denominatore etico che possa essere alla base della loro organizzazione politica. Una siffatta funzione, infatti, può essere assolta dal principio meritocratico, che come abbiamo visto, si basa su semplici ma mutevoli criteri di giustizia: dare a ciascuno ciò che gli spetta ed affidare la direzione di una società a quanti meglio la sappiano tutelare.
Il principio meritocratico all’interno dell’organizzazione politica assume, quindi, una doppia funzione: da una parte di giustificazione ideologica del potere, dall’altra di concetto base indispensabile alla società contemporanea per evitare un crollo dei valori e dei principi tradizionali. Il merito in questo secondo senso assume la funzione di collante per la società, di unico senso comune della collettività. Possiamo affermare come il merito, nella democrazia moderna abbia, come criterio morale, una forza maggiore a quella del sentimento religioso e patriottico che in passato riunivano le volontà di milioni di individui, per uno scopo d’interesse collettivo.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Uso del concetto di merito all'interno della visione liberista

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Informazioni tesi

  Autore: Giuseppe Emmanuel Vinci
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2019-20
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Fabio  Nuti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 171

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Parole chiave

economia
efficienza
mercato
democrazia
liberismo
curva
merito
domanda e offerta
meritocrazia
principi di allocazione

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