La Traviata di Giuseppe Verdi nella trasposizione cinematografica di Franco Zeffirelli
Da Marguerite Gautier a Violetta Valéry
Se Marguerite Gautier era esplicitamente definita una lorette, Violetta Valéry diventa una rispettabile giovane mantenuta dell’alta società. Abbiamo ancora una volta un cambiamento di nome, per sottolineare l’universalità del personaggio; infatti la condizione delle mantenute di quell’epoca o delle donne più in generale si può applicare ad una più ampia realtà europea ottocentesca. Anche in questo caso è presente la figura di una donna che si ritrova costretta a sacrificarsi per amore, rinunciando a tutto. Anch’essa, come Marguerite, si ritrova a dover combattere contro dei valori che non le appartengono, quei valori di una società ipocrita che non la rispecchia e che, anche in questo caso, la condurrà alla morte. Anche Violetta è malata e la malattia qui è molto più evidente di quanto non lo sia per Marguerite: ad esempio, nell’aria “addio del passato” presente nel terzo atto, l’oboe è lo strumento prescelto per ricordare allo spettatore, con malinconia, la sensazione che ha Violetta di avvicinarsi sempre più al suo ultimo giorno di vita. Violetta nell’opera viene presentata come una ragazza sola, perché condannata alla sua condizione sociale che non può cambiare; Verdi e Piave infatti eliminano dal racconto la presenza di tutti quegli amici che invece si trovano nell’opera di Dumas, lasciando così la protagonista morire nella sua solitudine, pur essendo presenti sia Alfredo che il padre, il dottore e la cameriera.
Violetta fa molta più fatica rispetto a Marguerite ad accettare il fatto di provare amore per qualcuno, tanto è vero che appena le balena l’idea di poter vivere questo sentimento esordisce con un “è strano”; è come se questo sentimento la destabilizzasse, proprio perché non abituata a viverlo e perché, come si rivelerà esserlo lungo il corso dell’opera, troppo complicato e doloroso per la sua esistenza e del resto, ogni uomo che l’ha desiderata non ha mai avuto interesse per più di una notte, di conseguenza mai si sarebbe aspettata di ricevere tante attenzioni (e vere) da un solo uomo, un modo di vivere che l’ha portata addirittura ad avere poca fiducia di sé stessa. Faticherà infatti anche a credere a qualsiasi parola di Alfredo. Violetta per di più, a livello melodrammatico è un personaggio che potrebbe addirittura non parlare mai, considerato che grazie alla musica che la accompagna riesce ad esprimere comunque quello che sente e che prova. Fin dall’inizio, dal preludio del primo atto, il tema presenta tutti gli stadi della breve vita di Violetta: la malattia e la morte, successivamente l’amore disinteressato che prova nei confronti di Alfredo Germont ed infine la partecipazione alla vita mondana. E’ come se Verdi si schierasse sin dalla prima nota contro la società che annulla l’ennesima vittima.
Subito dopo il preludio, seguono delle note che sembrano dare un’idea di libertà che lascia da parte ogni tipo di preoccupazione; quando si apre il sipario, c’è aria di festa a casa di Violetta. Questa libertà per Violetta non sarà mai una volontà di fare ciò che vuole, ma ciò che la rende felice. Quando pochi minuti dopo si arriva alla famosa scena del brindisi, viene introdotto il tema di una libertà circolare che si chiude in sé stessa ed in effetti la società non fa che ingabbiare i protagonisti di questa storia, Violetta per prima. Sebbene la scena del brindisi sembri un grande momento di gioia per tutti i presenti, Violetta non è affatto felice, perché in cuor suo consapevole di non essere davvero libera. Persino quando intona un “sempre libera degg’io folleggiare di gioia in gioia”, è del tutto consapevole di non essere poi così libera e allo stesso tempo di essere condannata a dover concedersi per raggiungere una libertà apparente. “Tutto è follia nel mondo ciò che non è piacer” rappresenta una facoltà di essere liberi che devia dalla concezione più comune di libertà. Violetta quindi capisce che non può fidarsi di nessuno perché nessuno è in grado di considerarla per quello che è; ogni uomo che incontra sa di poter approfittare della sua posizione (se non fosse una mantenuta, appunto, non potrebbe vivere una vita così lussuosa). Anche davanti ad una dichiarazione d’amore come quella di Alfredo, sente di avere dei limiti nell’esprimere quello che sente in quel momento: da un lato ritiene questo amore “strano”, ma dall’altro vorrebbe essere capace di sostenere quel sentimento. L’amore per Violetta è un sentimento che può darle la possibilità di recuperare quella purezza del periodo fanciullesco, cancellando quel passato che l’ha macchiata di una condizione da cui è praticamente impossibile uscire; l’amore le può permettere quindi di riscoprire la propria verginità spirituale.
Quando nel secondo atto Violetta si lascia andare regalandoci uno dei momenti più belli ed appassionati della storia della musica gridando con tutto il suo amore “amami Alfredo, amami quanto io t’amo”, si percepisce tutta la potenza catartica di quel grido: non è un grido di dolore, ma un grido d’amore, che in questo caso trionfa anche su un profondo dolore e quello che è un addio per i due innamorati. Questo momento non è presente in Dumas, è stato inserito nell’opera da Verdi e Piave con un risultato di grande impatto emotivo sia per Violetta che per lo spettatore che si sente molto vicino a lei.
Nel preludio del terzo atto, la presenza di un tema che riprende la malattia è molto più evidenziato: diventa un significativo presagio. Violetta ha la capacità di elevarsi, di porsi moralmente al di sopra di quella società ipocrita che mai capirà le sue scelte e i suoi atteggiamenti e Alfredo sarà proprio il primo a non capire la donna che tanto ama. Violetta purtroppo non riuscirà mai a discostarsi dal suo stato di mantenuta, perché ogni volta che prova ad uscire da questo ruolo, la società la respingerà inevitabilmente in esso. Anche quando si troverà sul punto di morte, abbandonata da tutti, le rimane uno spiraglio di speranza a cui può aggrapparsi: la redenzione. Grazie ad Alfredo, riesce a comprendere che nella vita può effettivamente esserci qualcosa di bello e di buono e, quando il padre di Alfredo le invierà una lettera dicendo “mertate un avvenir migliore”, il bene che lei stessa ha potuto scoprire e vivere le tornerà finalmente indietro.
L’opera si conclude con una preghiera di Violetta, quando ormai le mancano poche ore di vita, e capisce che tutto quello che le è capitato fa parte di un disegno, seppur per lei a tratti incomprensibile. Verdi vuole mostrare allo spettatore la presa di coscienza di Violetta in quel tragico momento: dona ad Alfredo un suo ritratto, come memoria di colei che l’ha amato. Sa di essere ormai alla fine e sa di non avere ormai più altro da donare. E anche in un momento come questo Violetta si lascia sfuggire un “è strano” perché quell’amore così misterioso che ha provato si trasforma, grazie alla musica, in una vittoria della capacità di dare amore, un amore vero. Il suo destino è già segnato: in quanto mantenuta non può che essere un’emarginata, non può pensare di poter unirsi in matrimonio con qualcuno, né tantomeno di poter condurre una vita felice, perché la sua condizione non le permette di raggiungere quella felicità.
Le melodie che accostano le parole di Violetta lungo tutto l’opera presentano allo spettatore una donna che prova una grande passione, che è vittima di un grande egoismo (rappresentato sia da Alfredo che dal padre Giorgio Germont) e che non ha alcuna paura di affrontare la morte a cui è destinata. Se si dovesse ascoltare soltanto la musica, mai si arriverebbe a pensare che il soggetto di quest’opera possa essere una mantenuta: Violetta infatti, ha un’umanità e una sensibilità che vanno ben oltre la sua condizione, tanto da commuovere chiunque ascolti le sue parole, la sua musica e quindi i suoi sentimenti.
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La Traviata di Giuseppe Verdi nella trasposizione cinematografica di Franco Zeffirelli
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Informazioni tesi
Autore: | Veronica Di Girolamo |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2019-20 |
Università: | Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano |
Facoltà: | Lingue e Letterature Straniere |
Corso: | Lingue e letterature straniere |
Relatore: | Armando Fumagalli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 45 |
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