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Il Lenin di Majakovskij, Il Pathos del socialista e lo spirito rivoluzionario

Majakovskij e la Rivoluzione

È stato ripetuto più volte che Majakovskij aderì con entusiasmo alla rivoluzione, e questo suo atteggiamento è spiegato anche dalla sua convinzione ch’era quella la via che portava a una eroizzazione dell’uomo, al superamento della sua solitudine nella massa, a un’esistenza individuale il cui significato era nella poesia della lotta per una vita (e un amore) non macchiata dall’avidità e dall’ipocrisia proprie della società del tempo. Secondo lui la rivoluzione è la premessa storica per emanciparsi da tutto il passato, per distruggere tutti i presunti valori della civiltà e creare una cultura radicalmente nuova, pura da contaminazioni con ciò che è stato, per consegnare tutta la letteratura a tutto il popolo e democratizzare le arti, portandole sulle piazze e nelle fabbriche: “sono le strade i nostri pennelli | sono le piazze le nostre tavolozze”.
Il furore della rivolta non poteva che intonarsi con dei versi che non avevano niente a che fare con la sdolcinata rima elegiaca degli autori romantici; i versi dovevano e potevano descrivere solo dei fatti, crudi, reali, strappati alla realtà di ogni giorno. Il popolo aveva il diritto di capire che lo spirito poetico non è solo monopolio di pochi forbiti ed “impomatati damerini da salotto”. Per fare questo è stato necessario creare uno strumento poetico nuovo, rivoluzionario ed allo stesso tempo diretto alle masse che dovevano capirlo e praticarlo. Questo ha fatto Majakovskij con i suoi versi e con le sue polemiche. Il poeta bolscevico è convinto che dopo la rivoluzione politica e quella sociale debba avvenire la Rivoluzione dello spirito, e chiede per questo la separazione dell’arte dallo Stato, l’abolizione di tutti i diplomi ufficiali e la consegna agli artisti di tutti i materiali dell’arte e dell’istruzione artistica generale. Per questo motivo Lenin, come in precedenza Trockij, aveva un’opinione ironica e negativa nei confronti di Majakovskij. Probabilmente ciò era dovuto anche al fatto che i capi della rivoluzione temevano soprattutto le forze rivoluzionarie spontanee che avrebbero potuto rendere la Russia ingovernabile. Alcuni anni dopo Stalin lo elevò al rango di “miglior poeta, il più ricco di talento”.
Negli ultimi cinque anni della sua vita Majakovskij scrisse tredici poemi narrativi per i bambini più piccoli, alcuni dei quali di considerevole lunghezza, di cui solo pochi sono stati tradotti. Intervenne frequentemente in assemblee operaie, di soldati dell'Armata Rossa, di giovani. Ha lasciato diari in prosa e in versi dei suoi viaggi all'estero, durante i quali mai nascose il suo favore per l'ordinamento socialista, per le idee e la morale del socialismo, per il patriottismo sovietico e l'internazionalismo proletario. Questa sua posizione viene spesso sottaciuta dai critici, che tendono a mettere in evidenza la sua maestria poetica, le sue invenzioni fonetiche, la sua attrazione per il futurismo e fanno balenare l’ipotesi di una sua delusione nei confronti del Potere sovietico.
In realtà Majakovskij dedicò un gran numero di poesie alla figura di Lenin, alla Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre, alla guerra civile ed alla edificazione socialista. Si pensi soltanto ai poemi Vladimir Il’ič Lenin e Chorošo! (Bene!), alle poesie Razgovor s tovariščem Leninym (Conversazione con il compagno Lenin), Levyj Marš (Marcia di sinistra). A Lenin dedicò anche Lenin s nami! (Lenin con noi!), My ne verim! (Non ci crediamo!) sulla sua malattia, Lenincy (Leniniani) e Komsomolskaja.
Majakovskij rivolse la propria attenzione anche all'eroismo sul lavoro di quanti, nonostante tutte le difficoltà, costruirono i giganti della economia sovietica (Rasskaz Chrenova o Kuzneckstroe i o ljudjach Kuznecka "Racconto di Chrenov sul cantiere di Kuzneck e sugli uomini di Kuzneck"), fecero crescere l'agricoltura e la misero sui binari socialisti (Urožajnyj marš "La marcia del raccolto", Marš dvadcatyj pjat’ tysjač "La marcia dei venticinquemila"), sacrificarono la loro vita nello scontro con il nemico di classe (Tovarišč Nette, parachodu i čeloveku "Compagno Nette, piroscafo e uomo"). Scrisse anche versi sui vantaggi che il Potere sovietico recò ai lavoratori (Rasskaz litejščika Ivana Kozyreva o vselenii v novuju kvartiru "Racconto del metallurgico Ivan Kozyrev sul trasferimento nella nuova casa").
Ma Vladimir Majakovskij non tralasciò neppure di denunciare con vigore tutto ciò che ostacolava la dinamica del socialismo, né di condannare il sabotaggio del nemico di classe (Lico klassovogo vraga "Il volto del nemico di classe"). Coi suoi versi esortò alla vigilanza contro gli avversari del Potere dei soviet (Bditelen bud’! "Sii vigile", Soldaty Deržinskogo "I soldati di Deržinskij"), sferzò i filistei, i burocrati, gli adulatori, i conformisti (Klop "La cimice", Banja "Il bagno). Si rivolse direttamente ai giovani e giovanissimi lettori delle sue poesie invitandoli a dimostrarsi degni sostituti delle prime leve di combattenti per il socialismo (Komsomolskaja), a prepararsi al lavoro (Kem byt’? "Chi essere?"). Negli ultimi anni il suo principale luogo di pubblicazione era il documento ufficiale dell’Unione della gioventù comunista, Komsomolskaja Pravda, per il quale ha scritto oltre un centinaio di poesie che istruiscono e incoraggiano i giovani a svolgere un ruolo pratico nella costruzione del comunismo agendo in modo tale da sostenere la proposta del nuovo stile di vita sovietico (nuovo byt), per esempio mantenendo le loro stanze ordinate, lavorando sodo e evitando attività dannose, come bere alcolici.
[...]

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Il Lenin di Majakovskij, Il Pathos del socialista e lo spirito rivoluzionario

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Informazioni tesi

  Autore: Grazia Anelli
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2019-20
  Università: Università degli Studi di Bari
  Facoltà: Mediazione Linguistica e Culturale
  Corso: Lingue e letterature straniere
  Relatore: Simone Guagnelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 126

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Parole chiave

poesia
rivoluzione
futurismo
lenin
majakovskij
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