L'Educatore Professionale in ospedale: accompagnamento alla morte del caregiver nel servizio di cure palliative domiciliari

L’hospice è il reparto al quale ci si rivolge per far trascorrere al proprio caro gli ultimi momenti della sua vita con minore sofferenza fisica possibile e con un affiancamento continuo di supporto al paziente e ai suoi cari. È infatti un luogo nel quale medici, infermieri, OSS e volontari impiegano le proprie risorse, conoscenze e abilità per permettere a ciascun paziente di concludere dignitosamente e serenamente il ciclo della propria vita.

Nascita, evoluzione e diffusione degli Hospice: origine e finalità
Sin dai primi secoli dopo Cristo si ha la nascita di strutture deputate alla cura e accompagnamento dei malati morenti. Si pensi a una matrona romana la quale, successivamente alla conversione al cristianesimo, decise di offrire la sua villa in Siria proprio per la cura dei malati e dei morenti. Nel corso dei secoli, nonostante l’evoluzione strutturale e organizzativa oltre che medica di queste strutture, si mantenne la centralità della componente religiosa e spirituale come conforto e accompagnamento al fine vita. Rimase sempre focale l’intenzionalità del prendersi cura nella relazione con la persona malata.
Il termine Hospice venne usato per la prima volta in Francia, a Lione, intorno al 1840 dalle Dame di Calvaire, le quali realizzarono apposite strutture per la cura dei morenti. La nascita di strutture di questo genere si ebbe nelle città di quasi tutto il mondo, tuttavia riveste di particolare importanza il St Cristopher’s Hospice, fondato da Cicely Saunders nel 1967 in Inghilterra. Il motivo di questa rilevanza risiede nella modernità del servizio erogato dalla struttura, dove le cure e l’assistenza del malato sono frutto del connubio tra le materie mediche e quelle umanistiche, spirituali e educative che coinvolgono il paziente. Obiettivi principali erano, e sono tutt’oggi, proprio la tutela della dignità della persona e quello di “tenere legate la biografia personale, la vita spirituale e l’etica della cura” (Saunders C.), tanto che gli stessi familiari del paziente vengono coinvolti attivamente nel processo di cura. L’unione della componente medica e di quella umanistica consente all’assistito di poter godere delle migliori cure, intese sia quelle per la salute del corpo sia quelle per la salute dell’anima e della mente. L’accanimento terapeutico o l’omissione delle cure sono infatti due estremi facilmente raggiungibili, che portano la persona malata a subire un disfunzionale percorso verso il fine vita; l’equilibrio delle cure, invece, consente al paziente di vivere in armonia gli ultimi attimi della propria vita, senza fargli provare sensazioni di oppressione e di spersonalizzazione.
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