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Violenza psicologica e contesti socio-sanitari: ambiti di ricerca e d’intervento

Conseguenze dovute alla violenza psicologiche

Queste ripetute aggressioni da parte dei pazienti, se continue possono condizionare il benessere degli infermieri, medici e OSS, in quanto, comunque si sta generando violenza verso una persona. Ciò implica diversi comportamenti negativi che si possono verificare all’interno dei gruppi interpersonali e verso i pazienti, causando un ambiente lavorativo poco stimolante, poco produttivo causando per lo più aggressività, negatività, disturbo di bournout e perdita di motivazione. Cyhthia Clark e Sara Antien, nel 2007 hanno condotto un’intervista ad alcune infermiere per definire la civiltà e l’inciviltà nell’assistenza infermieristica. Per loro incivility è un termine che viene utilizzato per descrivere comportamenti maleducati, dirompenti, intimidatori e indesiderati verso un’altra persona. Molti infermieri utilizzano l’incivilities perché spesso vittime loro stessi di violenze verbali che poi rigettano sui loro colleghi. In questo modo si crea un circolo vizioso. Secondo una ricerca di Elisa Vitale e Antonia Esposito condotta nel 2013 attraverso un questionario di valutazione del bournout di Masclach a degli studenti iscritti al terzo anno di università infermieristica, è emerso che la maggior parte dei ragazzi, alla fine del proprio tirocinio hanno registrato un alto livello di disturbo, causato per lo più dalla violenza percepita. Questo ci permette di capire che già all’inizio della carriera è possibile che gli infermieri abbiano già incontrato un qualche sintomo di questa sindrome.

Possiamo dire quindi che i futuri operatori socio-sanitari, sono i più vulnerabili a queste situazioni di violenza da parte dei propri colleghi, sia da parte dei pazienti, perché non preparati a determinate dinamiche, sono inesperti. Questo può generare ansia, ma anche una qualche forma leggera di sindrome di bournout. Un’altra ricerca a favore di questa tesi è stata fatta da Fereshthen nel 2017 e pubblicata nel 2018, in Teheran, Iran, attraverso uno studio qualitativo. Lo scopo di questo studio era quello di esplorare le percezioni degli infermieri iraniani attraverso le loro storie andando poi a capire le conseguenze della violenza sul luogo di lavoro perpetrata dai pazienti, parenti di pazienti, colleghi e superiori. Il campionamento era intenzionale, sono state fatte 22 interviste approfondite non strutturate a infermiere che avevano avuto esperienze di violenze e che avessero almeno sei mesi di esperienza; inoltre sono stati selezionati infermieri con diverse esperienze per aumentare la credibilità. I fattori predisponenti alla violenza, che emersero attraverso le interviste furono 5: le aspettative insoddisfatte da parte dei parenti e dei pazienti, la gestione organizzativa inefficiente, la comunicazione professionale inappropriata, i fattori correlati agli infermieri, come ad esempio le percezioni delle infermiere, oppure la mancanza di adeguate competenze da parte degli infermieri e fattori correlati ai pazienti e ai parenti, come irrequietezza, dolore, abuso di sostanze (Fereshteh, 2020). L’analisi dei dati è stata svolta con un approccio qualitativo di analisi suggerito da Granheim e Ludman attraverso il MAXQDA10 software. È in oltre emerso come queste violenze hanno influenzato in modo negativo la vita individuale di ciascun dipendente, ma anche come abbiano influito in modo negativo a livello organizzativo. La maggioranza degli intervistati hanno visto la propria qualità dell’assistenza diminuire e aumentare la paura di andare a lavorare con l’aumento dello stress. Questa ricerca ha dei limiti dati dall’autocandidatura, il fatto di non aver raccontato tutto della propria esperienza per paura e per distorsione del ricordo. Essa va a confermare ciò che sono andati a studiare Carmela Mento, Silvestri, Bruno, Cedro, Pandolfo e Zocatelli, svolgendo una ricerca sistematica pubblicata nel 2020 che è arrivata alla conclusione che la violenza sul luogo di lavoro potrebbe comportare vari impatti sulla salute psicologica e fisica degli operatori sanitari come l’aumento dello stress e ansia, inoltre potrebbe aumentare anche i sentimenti di rabbia, insicurezza ed esaurimento. Un altro studio trasversale svolto in Cina da Shi, Li, Hao, Wang, Chen, Shi, Ma, Fan Zhang e Han tra giugno 2017 e giugno 2018 e pubblicato nel 2020, sottolinea la correlazione tra violenza sul lavoro e depressioni e sintomi d’ansia negli operatori sanitari.
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Violenza psicologica e contesti socio-sanitari: ambiti di ricerca e d’intervento

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Informazioni tesi

  Autore: Laura Armani
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2019-20
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: Scienze Psicologiche Sociali e del Lavoro
  Corso: Psicologia
  Relatore: Alessandra Falco
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 26

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Parole chiave

violenza
mobbing
psicologia del lavoro
contesti socio-sanitari
prevenzione per la violenza

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