La riforma costituzionale turca. Studio della storia costituzionale della Turchia contemporanea

Ricapitolando la strategia di politica estera adottata dalla Repubblica turca dalla fine della seconda guerra mondiale in poi, possiamo riassumerla essenzialmente come in una volontà di avvicinamento alle potenze occidentali, con un occhio di riguardo soprattutto nei confronti degli USA. La Turchia era legata agli americani non solo per la sua adesione alla Nato, ma anche per via dei 56 accordi indipendenti, dei quali tre erano stati conclusi prima del 1950, 31 durante Menderes e 22 nei primi anni Sessanta. Ma con l’inasprirsi della guerra fredda e delle continue tensioni tra USA e URSS la Turchia aveva sempre più l’impressione di essere soltanto una pedina nello scacchiere americano. Si sviluppò una sorta di sentimento antiamericano che comportò un allentamento dei rapporti di dipendenza con l’America in favore di una ricerca di collaborazione con l’Europa. Già nel 1959, poche settimane dopo la Grecia, la Turchia presentò la domanda di associazione alla Comunità Europea. Benché inizialmente si pensasse di procedere con la valutazione in parallelo delle due proposte, in seguito ai disordini militari durante il governo Menderes, la Commissione decise per la sospensione temporanea del giudizio sulla posizione turca. Le condizioni ideali per procedere si crearono solo nel 1963 con la firma del Trattato di associazione CEE-Turchia (Accordo di Ankara) del 1963. La Turchia ottenne un trattato denominato di “associazione”, che poteva evolvere dopo una fase “preparatoria” della durata da 5 a 7 anni, in un’unione doganale con transizione fino a ventidue anni. Esso prevedeva, come l’accordo greco, la creazione di istituzioni comuni, un consiglio dell’associazione in cui discutere gli sviluppi del rapporto. Ma nei fatti, il contenuto più significativo dell’accordo, oltre all’accordo stesso, era l’aiuto finanziario di 175 milioni di dollari.