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La Divina Commedia nella musica di Gioacchino Rossini

La Divina Commedia nella musica dell’800

E’ l’800 il secolo del ritorno alla ribalta per Dante. A differenza di quanto accaduto con la poesia petrarchesca, la presenza di Dante nella musica e nelle diverse arti non è diffusa sino a tale epoca. Grazie a Foscolo e Alfieri, e con l’avvento delle poetiche romantiche, finalmente il Sommo Poeta fiorentino comincia ad essere riconosciuto quale esempio di forza morale e dal valore educativo. Non solo nella Penisola, ma in tutta Europa, si diffonde un culto vero e proprio per la sue opere e per la sua persona, tanto che molte sensibilità tormentate da inquietudini umane e politiche cercano conforto e prendono coraggio nell’identificarsi con la sua imponente figura, trovando così un compagno di esilio e di sofferenze. L’ombra di Dante si estende su larga parte del pensiero collettivo di quei decenni, diventando una vera e propria mania, tanto che sottrarlo alla cultura del tempo significherebbe ridurla ad un “gigante senza scheletro”. Come ricorda Guido Mazzoni al termine di una sua analisi sul ruolo di Dante nel nostro Risorgimento: ”La Commedia andò in guerra materialmente nello zaino dei volontari, dalla spedizione di Savoia all’offensiva di Vittorio Veneto; penetrò nelle carceri; porse le imprese a gonfaloni, a medaglie, a edifizi e a navi armate”. Insomma, la sagoma del suo Poema appare ovunque agli occhi dei patrioti. Nella seconda metà del secolo, in maniera particolare, Dante diventa una sorta di energia rigeneratrice della vita sociale e culturale dell’Italia finalmente unificata, ma ancora in cerca di un’identità nazionale.

La riscoperta investe inevitabilmente anche il mondo della musica. Compositori ed artisti di fama mondiale come Liszt, Rossini, Donizetti, Zandonai, Tebaldini e moltissimi altri, non possono fare a meno di riempire il proprio pentagramma delle note suggerite direttamente dalle terzine della Commedia. Come emerge dalla consultazione dei repertori, nell’Ottocento musicale si evince nel complesso una marcata predilezione per la prima Cantica della Commedia, in linea con quanto i critici hanno sempre constatato partendo da Foscolo ed arrivando a De Sanctis, il quale ne sancisce la superiorità estetica e contenutistica affermando: ”l’Inferno è più poetico del Paradiso”.

Per una più facile interpretazione del fenomeno dantesco e della Commedia nella librettistica del periodo risorgimentale è possibile enucleare alcune modalità principali di fruizione dell’Opera e del suo autore: innanzitutto Dante può essere evocato come modello di arte impegnata civilmente e moralmente cui fare riferimento.
In secondo luogo si può considerare la messa in musica del testo originale, anche se i musicisti dell’Ottocento, probabilmente a causa di un comprensibile timore reverenziale, non hanno osato impegnarsi più di tanto nel recupero diretto della sua poesia, valutando come troppo stringente il vincolo rappresentato dalla voce e dall’ autorità del Poeta. Alcuni estratti del Cinquecento anticipano in questo senso la fortuna romantica della Commedia in musica: in particolare le terzine di Inf. III, 22-27, musicate da Luzzaschi e altri coevi; quelle del Canto V, 4-12, ad opera di Balbi; il celebre, ma purtroppo perduto, Lamento del Conte Ugolino di Vincenzo Galilei, ed altri sporadici esempi. Lavori pregevoli di questo tipo sono più diffusi, invece, nel Diciannovesimo secolo: già in precedenza è stato citato Il Conte Ugolino (1828) per basso e pianoforte di Donizetti; si ricordino poi le Laudi alla Vergine Maria per coro femminile e quattro voci (1886) di Verdi, ispirate a terzine della Commedia e la ballatella sui primi tre versi di Per una ghirlandetta (1894) per soprano, mezzosoprano e pianoforte di Arrigo Boito. All’alba del Novecento è, invece, il compositore italo-tedesco Ermanno Wolf-Ferrari, autore de La vita Nuova in musica, a coltivare la propria passione per lo studio di Dante durante il volontario esilio a Monaco. In quel periodo egli medita un ambiziosissimo progetto musicale che comprenda tutta la Commedia. Alla fine completa solo un “prologo ideale della trilogia dantesca”, appunto La Vita Nuova (1903) op.9, per soprano, baritono, coro doppio, coro di ragazzi e grande orchestra. Un lavoro all’insegna del recupero di tecniche cinque-secentesche, come il “recitar cantando” ed il madrigalismo.

Come terza modalità di fruizione bisogna considerare l’impiego della poesia di Dante come fonte del soggetto letterario. In primis il Canto V dell’Inferno, che nel corso del secolo in questione è stato oggetto di diverse rivisitazioni melodrammatiche. Basti pensare che tra il 1825 ed il 1914, anno del capolavoro del Zandonai, Aldo Caselli elenca ben diciotto opere col titolo Francesca da Rimini e due Paolo e Francesca. Non ha goduto della stessa fortuna, ma ha comunque suscitato l’interesse, fra gli altri, di Gaetano Donizetti (1837), la vicenda di Pia de’ Tolomei, così come i versi del Purgatorio “Era già l’ora...” e quelli di S.Bernardo (Laudi alla Vergine).
[…]

Roberto di Benedetto, a tal proposito, fa notare come per il Boito non possa trattarsi di una casualità: l’espediente conferisce infatti al comico ”una dimensione grandiosamente grottesca e funge da spia della molteplicità delle allusioni, dei rimandi e della sovrapposizione di registri stilistici che di quel comico forma l’essenza in pieno accordo con la sorprendente ricchezza di citazioni e contraffazioni della partitura”. In generale, tutta l’esistenza del Boito, trabocca di passione dantesca, sin da quando entra a far parte della cerchia degli scapigliati, periodo in cui si cimenta nell’elaborazione del libretto di Amleto, soggetto all’epoca assai in voga (Genova, 1865), opera poi musicata da Franco Faccio. Il suo lavoro anticipa per qualità letteraria i successivi celebri libretti scritti per la propria musica, per quella di Ponchielli e di Verdi, in cui mette in mostra un complesso gioco di assonanze verbali, lessico ricercato e soprattutto riesce nell’accostamento di Shakespeare a Dante, con tutti timori reverenziali che esso comporta. Per il librettista il richiamo velato alla Commedia, per altro proprio nell’anno delle celebrazioni per il sesto centenario della nascita di Dante, oltre a rappresentare uno stilema ormai in voga durante il romanticismo italiano, ha come obbiettivo la valorizzazione del linguaggio ricco di significati e allusioni che Shakespeare propone.
Il campo che senza alcun dubbio ha prodotto i risultati migliori dal punto di vista musicale è quello della “musica a programma”, soprattutto per orchestra e pianoforte. Modalità di esecuzione che, come già accennato, vede i propri albori con Liszt. Episodi danteschi, concetti e armonia di idee ed immagini, diventano fonte di ispirazione per compositori strumentali. In questo tipo di composizione, invece di rispettare alla lettera il testo poetico, il musicista deve esclusivamente confrontarsi con il suo contenuto, disponendo della massima autonomia per tradurre nel linguaggio dei suoni determinate situazioni: si giunge così dal semplice descrittivismo all’originale interpretazione della sostanza poetica. Tale produzione ovviamente s’infittisce intorno al fatidico 1865, anno del sesto centenario della nascita di Dante, e si dirada progressivamente in seguito.
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Questo brano è tratto dalla tesi:

La Divina Commedia nella musica di Gioacchino Rossini

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Informazioni tesi

  Autore: Giuseppe Marino
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Lettere
  Corso: Lettere
  Relatore: Giuliana  Nuvoli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 64

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