Analisi statistico spaziale dell'inquinamento idrico da sostanze perfluoroalchiliche PFAS nella Regione Veneto

Non essendo legate chimicamente ai materiali, le molecole PFAS vengono disperse durante tutto il ciclo di vita del prodotto e possono essere rintracciati nelle matrici ambientali quali acqua, aria e suolo.
Per quanto concerne la contaminazione idrica si distinguono due tipologie di inquinamento: una locale, che si sviluppa nelle vicinanze del sito di produzione, ed una globale, che si diffonde in aree remote a concentrazioni basse.
Per quanto concerne l’inquinamento locale, i fanghi di depurazione e gli scarichi industriali sono le prime fonti da cui si disperdono le sostanze, inserendosi successivamente nel circuito idrografico, disperdendosi fino alla foce. Uno studio svolto in Germania conferma l’ipotesi della correlazione spaziale tra le concentrazioni e la presenza di un sito industriale. Le concentrazioni delle acque reflue registrate a monte sono di 10 ng/l, invece quelle a valle arrivano fino a 23 ng/l (Becker et al. 2008). Inoltre, la contaminazione può disperdersi sia nei reticoli sotterranei sia in quelli superficiali.

La contaminazione atmosferica è possibile attraverso i processi di produzione manifatturiera, le quali rilasciano sostanze volatili che si fissano nell’atmosfera.
Uno studio dell’US-EPA ha condotto un test in cui ha confermato che a una temperatura di 50°C e a un pH tra 1.5 e 11.0 l’idrolisi delle molecole PFAS viene facilitata ma non ne consegue alcuna degradazione. Ad oggi, l’unica condizione conosciuta per cui il PFOS venga degradato è attraverso l’incenerimento ad alte temperature in condizioni operative corrette (EFSA 2008).
Per quanto riguarda la contaminazione del suolo, ad oggi i dati relativi sono piuttosto scarsi ed è auspicabile, vista l’interconnessione, effettuare monitoraggi su acque e suolo nella stessa area per riuscire a comprendere meglio le modalità di contaminazione (van Asselt et al. 2001).