Evoluzione dell'immaginario nei video musicali: la nuova logica selettiva di Koichiro Tsujikawa
Il pixel come unità narrativa
L’unità narrativa dei media digitali è il pixel: l’atomo, la singola parte dell’immagine digitale. Il pixel , indica ciascuno degli elementi puntiformi che compongono la rappresentazione di un’immagine raster nella memoria di un computer. Solitamente i punti sono così piccoli e numerosi da non essere distinguibili ad occhio nudo, apparendo fusi in un'unica immagine quando vengono stampati su carta o visualizzati su un monitor.
Ciascun pixel, che rappresenta il più piccolo elemento autonomo dell'immagine, è caratterizzato dalla propria posizione e da valori quali colore e intensità, variabili in funzione del sistema di rappresentazione adottato.
Più pixel sono usati per rappresentare un'immagine, più il risultato assomiglierà all'immagine originale. Il numero di pixel in un'immagine viene chiamato con il termine risoluzione.
Esiste anche un’arte che si basa sul pixel, la Pixel Art per l’appunto. Si tratta di una tecnica per costruire immagini che segue le orme della corrente del divisionismo (pointillisme), il cui maggior esponente fu Georges Seurat. La differenza più evidente è che, invece di utilizzare un pennello, si utilizza il mouse e un software di grafica rafter. Questa tecnica trova sostenitori tra i nostalgici dei giochi degli anni Ottanta, dove i primi esempi di pixel art appaiono per necessità, date le limitate risorse grafiche a disposizione, ma soprattutto nel Web, in quanto permette di creare belle illustrazioni con pochi colori e quindi molto veloci da caricare in una pagina web. Questa forma d’arte nasce come necessità già negli anni Ottanta: in quegli anni la grafica dei videogiochi e dei computer era semplice, i pixel erano molto grandi e le immagini risultavano poco definite. Col passare degli anni le innovazioni tecnologiche hanno portato ad una sempre maggiore risoluzione delle immagini e delle animazioni, quindi il pixel è sparito lasciando il posto a ben più nitide immagini. Il motivo del ritorno della Pixel Art è da ricercarsi principalmente nei sentimenti di nostalgia per quegli anni Ottanta in cui nasceva la grafica digitale, un desiderio di ritorno ad un passato che nel suo più alto ottimismo prometteva grandi cose. È tipico di questa arte rappresentare città o persone in vesti stereotipate di personaggi che rigidamente si attengono al proprio schema di vita. Dunque vediamo personaggi in giacca e cravatta abitare in piani lussuosi di palazzi altrettanto lussuosi, nella stessa immagine in cui vediamo dei mendicanti chiedere l’elemosina per le strade. I personaggi stereotipati rappresentano la rigidità della società secondo questi artisti, che avvertono il peso dei precisi ruoli sociali che quest’ultima impone.
Si tratta dunque, almeno in parte, di un ritorno alla semplicità: il pixel ricompare e sottolinea l'importanza che per questi artisti ha il singolo punto, visto come qualcosa di essenziale che però in associazione con altri punti forma una ben più complessa immagine. Questo concetto è alla base dei media digitali.
Questo brano è tratto dalla tesi:
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Informazioni tesi
Autore: | Maria Spezzacatene |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Scienze Umanistiche |
Corso: | Arti e scienze dello spettacolo digitale |
Relatore: | Luca Ruzza |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 117 |
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