Il filologo sognatore: mitopoiesi, fonti letterarie inattese e ricezione dell'opera di J.R.R Tolkien
Tolkien e l’Italia: storia di un fraintendimento
Nel paragrafo precedente ho cercato di mettere in evidenza gli aspetti in comune tra la letteratura romanza francese e alcuni episodi di quella tolkeniana. Il fine è stato quello di mostrare come la narrativa tolkeniana, che superficialmente potrebbe venire considerata di esclusiva filiazione nordica, trovi invece addentellati e punti di contatto anche con altre tradizioni letterarie, quella medievale francese dunque e quella italiana, anche se la storia del complesso rapporto tra Tolkien e l’Italia, così articolata ed ondivaga, necessita un esame particolare.
Negli ultimi anni la narrativa tolkeniana è stata analizzata approfonditamente, secondo diversi punti di vista critico-letterari, e si è dato inizio ad un tentativo di inquadrare l’opera di Tolkien secondo canoni letterari il più possibile scevri da accezioni ideologiche. La filiazione filologica della sua opera letteraria è stata sempre più messa in risalto anche dalla critica italiana seguendo così la strada già tracciata dagli studi tolkeniani inglesi e americani. Solo molto di recente sono apparse pubblicazioni che sono andate ad indagare su quello che, a prima vista, potrebbe sembrare un rapporto inesistente o comunque poco importante, quello tra l’Italia, il paese mediterraneo per eccellenza, con la sua storia, la sua classicità prima romana e poi cristiana, i suoi cieli limpidi e assolati e il professore oxoniense, bardo di una moderna creazione letteraria caratterizzata dalla trattazione di tematiche epico-mitologiche incentrate sulla tradizione nordica e cantore di gesta di guerrieri alti e biondi, diretti discendenti dei sassoni, dei longobardi e degli antichi popoli alto-medievali.
In Italia Tolkien è stato, e forse è tuttora, considerato uno scrittore minore, fuori dal suo tempo, tutto preso da solipsistica acribia nel proporre moderne epopee cavalleresche infarcite di pesanti genealogie, appendici linguistiche riferite a linguaggi inventati e rimandi ad una mitologia, quella norrena, finnica e germanica, appannaggio culturale, nella sua interpretazione più semplicistica e sbrigativa, delle ideologie di destra. Scrittore escapista, questa è la taccia più cocente impressa in Italia sul frontespizio de Il Signore degli Anelli e di tutta la narrativa tolkeniana. Con questo termine viene definita in maniera spregiativa quella narrativa che non parla delle contingenze del reale ma le sfugge rivolgendo la sua attenzione a storie, mondi, personaggi, lontani dalla realtà, a creazioni di pura fantasia.
A ben vedere però se per escapista, di evasione, dobbiamo considerare tutta la letteratura fantastica, quella cioè che parla di “cose che non esistono”, dobbiamo inserire in questo novero al pari di Tolkien scrittori come George Orwell e William Golding, autori che nessun critico potrebbe, e a ragione, considerare di evasione. Tolkien invece viene considerato, in particolar modo dalla critica italiana, escapista. Eppure come Orwell e Golding ha combattuto in una delle guerre mondiali e ha trattato, come loro, argomenti di profonda rilevanza pubblica come il concetto di “male assoluto” affiorato dagli abissi orrorifici delle dittature novecentesce, o il relativismo culturale e il problema del confronto tra le varie culture che emerge dalla interazione tra i vari popoli del pianeta. [...]
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Il filologo sognatore: mitopoiesi, fonti letterarie inattese e ricezione dell'opera di J.R.R Tolkien
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Informazioni tesi
Autore: | Riccardo Desideri |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2016-17 |
Università: | Università degli Studi dell'Aquila |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Lettere |
Relatore: | Lucilla Spetia |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 76 |
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