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L'Alto Veliero oltre lo Stretto: la letteratura della Sicilia oltre le strettoie dell'esistente.

Il viaggio sentimentale oltre lo Stretto: la poesia di Quasimodo oltre le strettoie dell'esistenza

Quale poeta non ha posto la sua siepe come confine del mondo, come limite dove il suo sguardo arriva più distintamente? La mia siepe è la Sicilia: una siepe che chiude antichissime civiltà e necropoli e latomie e telamoni spezzati sull'erba e cave di salgemma e zolfare e donne in pianto da secoli per i figli uccisi, e furori contenuti o scatenati, banditi per amore o per giustizia.
Anch'io non ho cercato lontano il mio canto, e il mio paesaggio non è mitologico o parnassiano: là c'è l'Anapo e l'Imera e il Platani e il Ciane con i papiri e gli eucalyptus, là Pantalica con le sue tane tombali scavate quarantacinque secoli prima di Cristo «fitte come celle d'alveare», là Gela e Megara Iblea e Lentini: un amore, come dicevo, non può dire alla memoria di fuggire per sempre da quei luoghi.


In questi termini si esprimeva Quasimodo in Una poetica, scritto nel quale vengono elencati le località e i siti paesaggistici isolani che più di frequente compaiono nei suoi versi: la Gela dorica, la Lentini di Gorgia, i telamoni del tempio di Giove ad Agrigento, la necropoli di Pantalica e la polis di Megara Iblea. Si tratta di un'affollata galleria di immagini, di paesaggi concreti e mentali che finiscono per costituire, insieme, per squarci isolati e come pezzi di un puzzle da comporre, la topografia di un inedito paesaggio en plein air.

Luoghi reali, conosciuti dal lettore, ma che acquisiscono nuovo significato nella 'dimensione' del ricordo, dell'elaborazione memoriale. La poesia di Quasimodo in tal modo, partendo da dati reali, concreti, ne ridefinisce assetti e significati, e, contribuendo a ridisegnare il complessivo volto dell'Isola, ne ridefinisce nel contempo le più significative tappe storiche; e ricerca nell'intreccio di natura e cultura motivazioni e cause, individuali e sociali, di quel senso di solitudine, di stanchezza, aspetto ineliminabile tanto dell'animo del poeta quanto in quello degli isolani in generale.

Eppure è attraverso uno struggimento dell'animo, lacerato dalla dialettica tra restare e partire, tra il passato e il presente, che il poeta, consapevole della sua posizione liminare, si riappropria della sua terra di origine, ma lo fa proprio nel momento in cui fisicamente ne è lontano. La riappropriazione dei luoghi avviene così nello spazio del ricordo, e la scrittura, lungi dal restare semplice trasposizione di un'esperienza, sublima l'assenza e l'esilio, mentre gli episodi salienti della vita del poeta assurgono ad esperienza aspaziale e atemporale:

Tu hai ascoltato dalla sua voce la mia anima, l'anima della mia gente?
Potessi anch'io scendere nel cuore, nel sangue vivo di quel popolo. Per me l'isola è ora nella mitologia, va alla deriva in cerca del suo spazio preciso sulle acque. […] Io sono qui prigioniero.


Dei molteplici aspetti e delle diverse tipologie di descrizione che contrassegnano 'l'Isola plurale' di bufaliana memoria, Quasimodo preferisce rappresentare un aspetto caratteristico della Sicilia, descrivendone la siepe o la cave di zolfare, o tratteggiandone una simbologia mitica, millenaria, ancestrale.

Si delinea così, pagina dopo pagina, un percorso di lettura e significazione delle realtà isolane, in cui la fisicità dei luoghi concreti si stempera in particolari significazioni, sotto la spinta demiurgica di una memoria che è, insieme, biografica e storica, individuale e antropologica.
Sicché non si può non consentire con Natale Tedesco quando questi afferma che una siffatta Sicilia del mito costituisce il nodo iconografico intorno al quale si addensa, con coerenza stupefacente e con costanza, tutto il primo tempo della produzione di Quasimodo.

Tanto più che i singoli componimenti rivelano una perfetta coincidenza con altrettanti momenti meditativi, e segnalano il procedere graduale e attento dell'autore, che, dall'alto della sua condizione di errante, si volge con atteggiamento dantesco a rimirare tempi e situazione perdute dell'infanzia.
Seguendo il poeta nel suo 'andare peregrino', il lettore-viaggiatore diventa co-interprete di quella realtà multiforme, varia e proteiforme che ha concorso a determinare nel corso dei secoli la peculiare identità
siciliana.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'Alto Veliero oltre lo Stretto: la letteratura della Sicilia oltre le strettoie dell'esistente.

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Informazioni tesi

  Autore: Antonina D'Alcamo
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi di Palermo
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lettere
  Relatore: Laura Restuccia
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 80

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Parole chiave

identità siciliana
sicilia metafora
la sicilia e il mondo
sicilia isola plurale
abbandono nichilistico
letteratura della sicilia

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