Disturbi alimentari e Alessitimia: studio empirico in un campione di adolescenti non referred
Aspetti neurobiologici correlati ai disturbi alimentari
I disturbi del comportamento alimentare (DCA), meglio descritti dal DSM 5 come Disturbi della nutrizione e dell'alimentazione, dal punto di vista eziopatologico, sono attualmente considerati come il risultato di aspetti multifattoriali interconnessi, in quanto fortemente influenzati da variabili individuali, familiari e socio-culturali che concorrono a creare le nostre abitudini alimentari e di vita. Tuttavia, in questo paragrafo affronterò più da vicino l'importanza del contributo biologico e genetico coinvolto nella loro manifestazione. In questo contesto, vengono distinti fattori genetici e biochimici.
I primi comprendono la vasta gamma di varianti geniche che conferiscono ad un individuo la vulnerabilità specifica allo sviluppo di un DCA; i secondi sono rappresentati dai neurotrasmettitori, neuropeptidi e ormoni periferici coinvolti nella regolazione del comportamento alimentare (Castaldo, Scognamiglio, & Monteleone, 2009). Numerosi studi evidenziano una frequenza significativamente più alta di AN e BN nei familiari di pazienti con diagnosi DCA rispetto ai familiari di soggetti sani. In particolare, è stata dimostrata una co-aggregazione dell’AN e della BN nei familiari di primo grado di sesso femminile di probandi con AN o BN, con un rischio relativo per l’AN pari a 11,3 e 12,3, rispettivamente, e un rischio relativo per la BN pari a 4,2 e 4,4, rispettivamente (Strober, Freeman, Lampert, Diamond & Kaye, 2000).
Questi dati ci permettono di elaborare considerazioni riguardo l'esistenza di geni specifici che predispongono i soggetti a sviluppare disordini alimentari. Tuttavia, abbiamo spesso precisato quanto questi disturbi siano, in realtà, il risultato dell'interazione di molteplici fattori e gli studi familiari appena citati, non distinguono tra la componente genetica e quella ambientale della trasmissione. Pertanto, l'attenzione dedicata ai gemelli monozigoti (MZ) e dizigoti (DZ) rappresenta un'alternativa valida ed efficiente per quantificare la differente influenza della componente genetica rispetto a quella ambientale nel determinismo di un tratto fenotipico. Le divergenze esistenti in una coppia di gemelli monozigoti (MZ) sono secondarie all’azione dei soli fattori ambientali, per cui prevale in questo caso la componente genetica.
Le differenze, invece, tra i DZ possono essere dovute sia a fattori genetici sia a fattori ambientali. Allo stesso modo, è stata evidenziata una concordanza maggiore tra AN o BN nei gemelli MZ rispetto ai gemelli DZ e, dunque, una rilevanza maggiore dei fattori genetici rispetto a quelli ambientali nella familiarità dei DCA (Thornton, Mazzeo & Bulik, 2011). Gli studi effettuati sui gemelli, infine, hanno esaminato non solo le componenti ambientali e genetiche, ma anche la rilevanza dei tratti fenotipici correlati con l’alterato comportamento alimentare come l’alimentazione incontrollata, il vomito autoindotto, la ricerca della magrezza e la restrizione alimentare evidenziandone un’elevata trasmissibilità (Thornton et al., 2011).
Si può, dunque, affermare che negli ultimi anni la ricerca scientifica e clinica ha orientato l'attenzione nei confronti della componente alimentare evidenziando la stretta connessione tra la sfera psichica e i meccanismi che regolano l'assunzione del cibo e, quindi, l'importanza fondamentale che riveste l'integrazione di entrambe le componenti per una complessiva ed esaustiva valutazione del problema. Il bilancio energetico viene controllato da un complesso insieme di sistemi fisiologici in equilibrio che forniscono segnali di sazietà e di fame al cervello e che regolano la capacità dell’organismo di consumare energia. La regolazione dell'assunzione di cibo rappresenta un equilibrio tra la fame (processo eccitatorio del bisogno di energia) e tra i processi inibitori di sazietà per porre fine al consumo alimentare (Braine, 2009). Il ricercatore G. C. Kennedy, propose per la prima volta la teoria del lipostato e chiamò in causa il Sistema Nervoso Centrale (SNC) il quale svolge un ruolo dominante di controllo dello stato metabolico, influenzando l’attività di altri sistemi e ricevendo informazioni da essi (Cuzzolaro, 2004). Nel SNC, i circuiti che controllano la presa alimentare, come molte altre funzioni omeostatiche, sono distribuiti in regioni celebrali differenti e, tuttavia, l'ipotalamo rimane una delle aree di maggiore interesse per la comprensione dell'assunzione di cibo (Castaldo et al., 2009).
Effettivamente, il cervello deve ricevere in qualche modo informazione sulla quantità di grasso accumulato da un individuo in modo tale da poter regolare il suo comportamento alimentare e la sua spesa energetica. Ma come fa il cervello a valutare la quantità di grasso presente nel corpo come depositi adiposi e di conseguenza come controlla che non scenda/salga al di sopra/sotto di certe soglie? (Cuzzolaro, 2004). L’ipotalamo è sottoposto ad un flusso continuo di segnali provenienti dalle aree cerebrali superiori e dalla periferia, dotati di azione oressizzante o anoressizzante, che lo informano in tempo reale circa le condizioni energetico-nutrizionali dell’organismo (Castaldo et al., 2009). Assume, dunque, un'importante funzione integrativa, fondamentale al fine di orchestrare una risposta equilibrata per il mantenimento dell'omeostasi energetica (Braine, 2009). [...]
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Disturbi alimentari e Alessitimia: studio empirico in un campione di adolescenti non referred
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Informazioni tesi
Autore: | Federica Michilli |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2014-15 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Psicologia |
Corso: | Psicologia clinica e tutela della salute |
Relatore: | Silvia Cimino |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 116 |
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