La teoria del ragionamento giuridico di Neil MacCormick, un approccio post-positivista all'argomentazione
Ragione, morale e diritto. La questione dei "principi"
Dopo aver esposto, nei precedenti paragrafi, i tratti salienti che caratterizzano la teoria del diritto e del ragionamento giurdico di MacCormick, tentiamo ora alcune considerazioni conclusive.
La prima questione riguarda il ruolo della ragione in ambito giuridico. Occorre comprendere se il diritto presenti o meno una componente razionale ed eventualmente il ruolo e il grado della suddetta componente, con le relative implicazioni a livello di sistema giuridico. Il ruolo svolto dalla ragione in ambito giuridico non è, ovviamente, una tematica nuova: quando abbiamo infatti illustrato il ruolo svolto da vari tipi di argomenti nel procedimento di risoluzione di una controversia, abbiamo anche notato che "gli argomenti basati sulla coerenza e sulla congruenza mettono in luce il ruolo della ragione, l’elemento valutativo degli argomenti consequenzialisti ne sottolinea i limiti" (MacCormick 2001, 303). Quella che abbiamo visto è, in relazione al tema in questione, l’idea di MacCormick. Tuttavia la funzione della razionalità in ambito giuridico costituisce un tema molto discusso dai filosofi del diritto, e questo, come è ovvio, porta al dipanarsi di un ventaglio di posizioni differenti.
Il pensiero di Ross, per esempio, differisce non poco dalla posizione di MacCormick. Ross è promotore di un marcato anti-razionalismo (o irrazionalismo) giuridico che nega spazio alla ragione in ambito giuridico. Egli sostiene "l’idea secondo la quale la discussione sulla giustizia non è altro che un’espressione di emozioni, equivalente a picchiare un pugno sul tavolo" (MacCormick 2001, 297). Secondo Ross (1965) il diritto è qualcosa di irrazionale e questo comporta che anche le decisioni giudiziali siano espressione di questa irrazionalità. Del resto, l’irrazionalismo è una corrente di pensiero che definisce l’attività giudiziaria come
un’attività mentale non razionale: le motivazioni, siano esse giudiziarie o dottrinarie, a favore di determinate soluzioni, sono comunque artifici logici, che nascondono valutazioni politiche, che mascherano decisioni d’equità del caso per caso, secondo opinioni in buona sostanza soggettive.
Il diritto non è un sistema razionale, né l’esperienza giuridica è riconducibile alla razionalità.
Da ciò consegue che neanche la sentenza è "una decisione razionale; non è riconducibile al momento razionale del pensiero dell’uomo, non è scienza ma intuizione, emozione, politica" (Visentini 2003, 27).
Per contro, Dworkin sostiene una concezione diametralmente opposta a quella di Ross sul rapporto tra ragione e diritto. Egli abbraccia una corrente di pensiero che potremmo chimare ultra-razionalismo, per cui il ruolo della ragione non solo è preminente in ambito giuridico ma pervade il diritto stesso. Dworkin (1982) ritiene che ogni caso che i giudici si trovano a dover risolvere ammetta un’unica riposta corretta, sia esso classificabile come "facile" o "difficile"; questa tesi è definita della one right answer.
Le due concezioni qui citate a proposito del ruolo ricoperto dalla razionalità in ambito giuridico marcano i due estremi di un’ipotetica linea su cui possiamo trovare diverse posizioni intermedie; la riflessione di MacCormick è da collocare proprio tra queste ultime. Egli, infatti, nel trattare della componente razionale del diritto, parte dal seguente presupposto,
il fatto che la nostra adesione ai principi ultimi nelle sfere valutativa e normativa non derivi da un ragionamento a partire da una ulteriore conoscenza […] del mondo, né sia giustificabile attraverso un ragionamento di questo tipo non dimostra che la nostra adesione a tali principi sia qualcosa di diverso da una manifestazione della nostra natura razionale.
Da quanto sostenuto da MacCormick si evince come la razionalità sia presente in ambito giuridico anche quando non sia esplicitata. La razionalità è una caratteristica che appartiene per natura all’essere umano e che di conseguenza si riverbera in ciò che esso produce. Essendo il diritto un prodotto dell’uomo esso presenta una componente razionale, che non può essere negata soltanto in quanto prima facie non patente. Dobbiamo tenere presente, però, che la ragione non è l’unico elemento rilevante nel decidere un caso concreto e che "there are limits to practical reason, and we ignore them at our peril" (MacCormick 1978, 258). Questi limiti si estrinsecano, come abbiamo detto, nell’elemento valutativo, che è una parte degli argomenti consequenzialisti.
La componente razionale del diritto, secondo MacCormick (2001), è riconoscibile da una pluralità di elementi, dei quali esaminiamo i principali.
Come primo elemento dobbiamo considerare la giustificazione deduttiva, ossia come "possiamo dedurre conclusioni relative ad una decisione particolare che deve essere prodotta, da premesse normative insieme con premesse relative ai fatti provati" (MacCormick 2001, 298). Anche gli argomenti della coerenza e della congruenza possono fornirci informazioni circa l’operatività della ragione in ambito giuridico. L’argomento della coerenza stabilisce che non deve essere riscontrata, in un determinato sistema giuridico, "la presenza di due regole che si contraddicano a vicenda" (MacCormick 2001, 298). L’argomento della congruenza esige qualcosa in più, in quanto esso stabilisce che si debbano evitare "non soltanto […] contraddizioni o incoerenze evidenti, ma invero che si trovi un modo per attribuire un senso al sistema nel suo insieme, armonizzando le diverse branche che lo compongono in un arco di tempo determinato" (MacCormick 2001, 298). [...]
Questo brano è tratto dalla tesi:
La teoria del ragionamento giuridico di Neil MacCormick, un approccio post-positivista all'argomentazione
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Informazioni tesi
Autore: | Gloria Trevisan |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2016-17 |
Università: | Università degli Studi di Trento |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Maurizio Manzin |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 191 |
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