La grande depressione del 1929. Origini, conseguenze, politiche di ripresa
Le conseguenze della Grande Depressione in Europa
La grave crisi economica e sociale sfociata nel più grande centro economico in breve tempo colpì tutti quei paesi che fino al quel momento avevano intrattenuto rapporti, commerciali e finanziari, con gli Stati Uniti.
Il continente che più ne risentì fu quello europeo, quando i capitali e investimenti provenienti dal continente americano iniziarono a diminuire, ed in particolar modo la Germania.
Anche in Europa iniziarono a susseguirsi crolli borsistici, fallimenti di aziende e disoccupazione in continuo aumento. Un tale diffuso malessere sociale diede avvio ad una rapida diffusione di regimi totalitari, in particolar modo in Germania ed in Italia.
Per poter far fronte alla crisi, i vari Stati europei attuarono politiche economiche diverse che in alcuni casi finirono per peggiorare la situazione; in Francia ed Inghilterra si attuò una politica di riduzione del deficit attraverso un elevato controllo della spesa pubblica e conseguente aumento delle imposte. Infine furono emanate misure per una centralizzazione della propria economia con l’aumento di dazi doganali soprattutto per salvaguardare la propria industria mentre in Italia si sviluppò un’autarchia commerciale con una totale chiusura del proprio mercato.
Diverso fu per la Germania che dovette affrontare anche una grave crisi politica. Dopo la prima guerra mondiale si costituì la Repubblica del Weimar risultando instabile negli anni successivi a causa di un continuo alternarsi di governi in poco tempo.
La propria economia era basata sui capitali esteri, soprattutto americani, e investimenti provenienti dalle banche nazionali creando un legame molto stretto tra banche ed imprese sicché le sorti delle prime dipendevano alle seconde.
Quando nel 1928 la finanza internazionale spostò la propria attenzione sul mercato borsistico americano, ci fu un continuo spostamento dei capitali in quel sistema. La Germania, con un’economia basata proprio sugli investimenti di capitali esteri, subì fin da subito la situazione con un rallentamento dell’economia già a partire dal 1928.
Il richiamo degli investimenti in patria americana continuò anche dopo il crollo di Wall Street fin quando, nel 1931, il governo tedesco dovette procedere alla sospensione dei pagamenti delle riparazioni agli Alleati per mancanza di fondi.
I tedeschi ebbero difficoltà a pagare le rate delle riparazioni agli Alleati e siccome costoro contavano sulla riscossione di tali rate per pagare i debiti interalleati, nei confronti delle banche americane, dovette intervenire la moratoria Hoover che sospese tutti i pagamenti.
A quel punto la crisi ebbe inizio; molte imprese erano in difficoltà ed i fallimenti trascinavano nel baratro anche banche e assicurazioni; basti pensare che posta la produzione del 1929 pari 100, nel 1932 risultava essere 53.
Il governo tedesco intervenne per il salvataggio soprattutto di banche con l’acquisto di pacchetti azionari che, dopo una fase di risanamento, venivano rivenduti a investitori privati.
Infine la disoccupazione ebbe il suo picco nel 1932 con quasi 6 milioni di disoccupati pari a quasi il 25 % dell’intera forza lavoro.
Solo nel periodo a cavallo tra la fine del 1932 e l’inizio del 1933, coincidente con l’elezione al potere di Hitler con il regime nazista, si notò una ripresa dell’economia.
Infatti dal gennaio del 1933 vi fu una rapida crescita degli occupati che passarono dagli 11,7 milioni del 1933 ai 16,9 milioni nel 1935.
Anche se la congiuntura positiva inizia con l’ascesa al potere di Hitler, già prima i vari governi della Repubblica di Weimar avevano pianificato programmi contro la crisi tedesca.
Così una volta al potere, Hitler, potè continuare con i piani economici già messi a punto dai precedenti governi Von Papen, Bruning e Von Schleicher.
Con l’attuazione del piano per la ripresa e la disoccupazione, particolare attenzione era rivolta all’aumento dell’inflazione; infatti era ancora viva la paura che con l’aumento della massa monetaria in circolazione si potesse ritorna facilmente alla situazione di qualche anno prima quando l’inflazione si portò a livelli insostenibili con conseguente caduta del marco.
Si decise così di mantenere inalterato il valore intrinseco della moneta ed una tassazione piuttosto alta come negli anni precedenti.
Particolare attenzione fu rivolta al commercio estero e al mercato del lavoro; infatti si cercò di tenere il più possibile sostenibile l’economia tedesca con le proprie risorse attuando quindi un isolamento verso gli altri Paesi ed anche uno stringente sistema di controllo dei salari e la soppressione del movimento organizzato dei salari.
Relativamente modeste risultarono essere le risorse destinate al programma della disoccupazione infatti circa 5 miliardi, equivalenti a 1% del prodotto interno lordo, fu impiegato per la creazione di posti di lavoro.
Attenzione anche per il deficit di bilancio statale che nelle annualità 33-34 fu rispettivamente di 2,2% e 3,6%.
Ma sul finire del 1934 e l’inizio del 1935 si registrò un rapido cambio di rotta dell’economia tedesca, coincidente che l’inizio del programma di riarmo.
Al fine di tener segreto il progetto, per il finanziamento, si emisero i cosiddetti bond MEFO che sulla carta figuravano come emesse da un’azienda privata ma nella realtà era una società fittizia creata appositamente del governo tedesco a tale scopo. Tra il 1934 ed il 1937 circa la metà di tutte le spese militari furono finanziate tramite cambiali di questa tipologia che ammontavano a 750 milioni di marchi tra il 1933-1934, saliti a 4,1 miliardi tra il 1934-1935 ed a 5,5 miliardi l’anno successivo; raddoppiarono nel 1936 a 10,2 miliardi ed arrivarono a 17,2 miliardi a ridosso dell’inizio del secondo conflitto mondiale che risultava essere il 15 % del prodotto interno lordo.
Uno sforzo economico di larga portata fu reso possibile solo grazie al controllo dei prezzi, dei salari e delle importazioni attuate dal governo tedesco; formalmente rimase un’economia capitalistica e di mercato con i mezzi di produzione in mani private ma in realtà le imprese avevano stringenti limiti decisionali su prezzi, quantità e qualità dei prodotti, impiego di manodopera e accesso al mercato dei capitali.
Molte similitudini vi furono tra la situazione economica tedesca con quella italiana. Infatti anche in Italia si istituì un regime autarchico solo che impiegò poco meno di un decennio per imporsi. Il governo fascista, capeggiato dal suo massimo esponente Benito Mussolini, si insediò nell’ottobre del 1922; aiutato da una congiuntura internazionale favorevole tra il 1923 ed il 1925 attuando una politica relativamente liberista.
Il proprio programma economico prevedeva un aumento dell’indipendenza dall’estero, così da poter meglio fronteggiare futuri conflitti, e uno sviluppo intenso in campo rurale a sostegno dei piccoli proprietari agrari.
Il programma agrario trovò una prima applicazione nel 1925 con la reintroduzione della tariffa del grano e successivamente si attuò il programma della bonifica integrale istituita a mezzo della legge Serpieri, che fu un intervento strutturale capace di trasformare vaste regioni paludose in terreni da coltivare. Ma entrambi gli interventi mancarono l’obiettivo per il quale erano stati istituiti infatti piuttosto che sostenere i piccoli produttori agricoli finirono per agevolare la grande proprietà agraria. [...]
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La grande depressione del 1929. Origini, conseguenze, politiche di ripresa
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Informazioni tesi
Autore: | Cesare Antonio Pallotta |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2015-16 |
Università: | Università Telematica Pegaso |
Facoltà: | Scienze Economiche e Aziendali |
Corso: | Economia aziendale |
Relatore: | Stefano Palermo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 80 |
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