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Mickey Rourke, ovvero: come imparai a non preoccuparmi e a fare il Wrestler

La metamorfosi

«Gli anni persi? Gli anni delle pazzie. […]. Sono contento di averlo fatto, non lo rimpiango. Il tempismo è stato pessimo, ma si vive una volta sola. […] In quel periodo avevo chiuso con i film e mi concentravo sulla boxe.»

Si racconta così Mickey Rourke, rispondendo quasi con imbarazzo e difficoltà alle domande relative a cosa gli sia accaduto tra i primi anni Novanta e gli ultimi Duemila, nel periodo cioè nel quale sembra essersi nascosto come in un buco nero.

Nel 1991 l'attore inizia la propria carriera di boxer, promettendosi di svolgere sedici incontri. Come scritto nel profilo dell'attore in IMDb:

«However, he retired in 1994 after eight bouts and never got his desired title fight. His boxing career resulted in severe facial injuries that required a number of operations to repair his damaged face. Rourke went back to acting but worked in relative obscurity.»

Nessuna sconfitta dunque, negli anni da boxer, se non quella relativa alla propria carriera, segnata in maniera profonda non solo dal rifiuto di ruoli di prestigio, tra tutti quello di Butch in Pulp Fiction (Id., 1994) di Quentin Tarantino, poi andato a Bruce Willis; ma anche dalla metamorfosi esteriore. Oltre a mettere su diversi chili e a raggiungere una robustezza che nel giro di pochi anni si trasforma in una massa grassa in eccesso, costantemente tenuta sotto controllo dall'assunzione di sostanze specifiche, Rourke subisce almeno quattro interventi di chirurgia plastica.

Nel corso di diverse interviste egli ha sempre dimostrato di non sopportare domande relative a tali operazioni, esternando una certa vergogna relativa al proprio aspetto. Fin da sempre timido, l'eccentricità dei look che presenta e la costante presenza della sigaretta in bocca sembrano essere manifesti del tentativo di risultare al contrario più sicuro di sé possibile. Non solo: nel gennaio del 2017 è apparso un video che lo vede protagonista di alcune sedute di allenamento, grazie alle quali Mickey ha perso una dozzina di chili e ha potenziato la propria massa muscolare.

Un attore che continuamente fa del proprio corpo un mezzo per far parlare di sé, un oggetto da decorare e modificare in maniera ricorrente. Rourke diviene come una artista della Body art, indossando la maschera del bad boy e facendosi odiare per l'atteggiamento menefreghista da produttori e registi, almeno fino a quando non capisce di aver la necessità di ritornare a lavorare in maniera seria all'interno del suo mondo. Giocando sul contrasto tra il proprio fisico, tenuto ora stabilmente in forma, e un look che sembra improvvisato, l'attore non rimuove mai la maschera che si è creato negli anni. Immancabile dopo tutto è la presenza dei suoi cani, quattro, e in particolare di Loki, chihuahua che cura con maniacalità e non perde occasione di portare sempre con sé. Diverse sono state le volte in cui l'attore ha ribadito l'importanza assunta dalla cagnolina stesso, definita come l'unica ad essergli stata fedele nel momento difficile.

Nel corso del periodo buio non mancano in ogni caso diverse apparizioni televisive. Nel 2005 è per esempio ospite al Jimmy Kimmel Live!, talk show staniunitense che mette spesso attori e personaggi dello spettacolo in condizione di parlare di sé. L'esordio di Mickey, che indossa un paio di occhiali da sole che gli coprono totalmente lo sguardo, è emblematico: quando il conduttore gli chiede se alla premiere del film Domino (Id., 2005) di Tony Scott egli abbia assistito alla proiezione egli risponde: «I didn't watch the movie, I went to the party!», scaturendo le risate del pubblico.

In seguito Mickey afferma di vedere raramente i film a cui partecipa, vergognandosi del proprio ruolo. Nel 1998 invece l'attore conversa con Mike Figgis, impegnato a tracciare i profili di esponenti del mondo del cinema a Los Angeles. Mickey fuma una sigaretta dietro l'altra e risponde alle domande a testa bassa, indossando ancora una volta gli occhiali da sole e un cappello da rodeo in testa. L'attore si descrive così:

My career […] was going in the right direction and I started not like in the business and not like my self and I was slowly self-destruct (my self). In my case I was able to be an actor in Hollywood because I have the ability, […] but I left my career for about five years to be a boxer. I wanted to tested myself again one more time.

Quello che appare è un uomo già consapevole della propria condizione e volenteroso di una redenzione che impiega più di dieci anni ad arrivare.
«Vanity Fair» si occupa spesso di immortalarlo con abiti improbabili e abbinamenti ai limiti del ridicolo, parlando nel suo caso di “Miami dandy”. Lo stile di Rourke è, come abbiamo visto un tentativo, da parte della star di rimanere sotto i riflettori, ma anche un espressione del proprio essere. La metamorfosi riguarda infatti anche la creazione di un'immagine studiata e pensata: se negli anni Ottanta il sex symbol si limitava ad abiti eleganti e minimalisti, senza quindi l'eccessività del periodo seguente, il tentativo di riemersione passa per la definizione di uno stile che ha del meraviglioso proprio per la sua voglia di stupire. È un sorpasso perfino sulla cultura rock tanto cara all'attore, che stravolge del tutto i normali accostamenti di capi.

«His wide open collars, slick shoes, bold colors, and raffish tinted shades have been some of the most entertaining fixtures of this otherwise drab awards season.» ritiene Julian Sancton in relazione al periodo di campagna promozionale di The Wrestler, quando gli viene affidato un personale stilista che per cinque mesi cura la sua immagine.
Impossibile non riproporre il paragone con Marlon Brando. Il suo status di divo deriva infatti dalla figura che egli stesso si costruì rifiutando i canoni della Hollywood dell'epoca e ribellandosi completamente allo star system.

Come Rourke, anche Brando stette lontano dal mondo del cinema, nel suo caso per nove anni; come Rourke anche la stella di Fronte del Porto preferiva proporre un'immagine di sé in totale disaccordo con quanto sia i colleghi che il pubblico generalista si aspettavano. Will Leitch ha tracciato un filo rosso anche a livello di carriera cinematografica: entrambi, Brando e Rourke cioè, iniziano con ruoli da contendente (Fronte del Porto nel caso di Brando, A cena con gli amici in quello di Rourke); proseguono con personaggi al centro di trame softcore (Ultimo tango a Parigi nel caso di Brando e 9 settimane e mezzo in quello di Rourke), (Last Tango in Paris, 1972) di Bernardo Bertolucci; trascorrono alcuni anni nel dimenticatoio dei B-movie (L'isola perduta nel caso di Brando e F.T.W. – Fuck the World in quello di Rourke) (The Island of Dr Moreau, 1996) di John Frankenheimer; tornano alla ribalta come sconfitti (Apocalypse Now nel caso di Brando e Sin City in quello di Rourke) e trionfano in ruoli che sono all'altezza di loro stessi (Il padrino nel caso di Brando e The Wrestler in quello di Rourke).

Un non divo è allora anche Mickey Rourke, che provoca, si ribella e non segue le regole pur dando tutto sé stesso all'interno del ring. Protagonista di un metamorfosi senza precedenti, egli ha saputo rifunzionalizzare a proprio piacimento quanto accadutogli nel periodo più nero ed oggi rappresenta anche per questo un caso più unico che raro.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Mickey Rourke, ovvero: come imparai a non preoccuparmi e a fare il Wrestler

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Informazioni tesi

  Autore: Ruggero Ceron
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2016-17
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: Beni culturali
  Corso: Dams - Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo
  Relatore: Denis Lotti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 86

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