Estetiche e iconografie degeneri alle origini della cultura pop contemporanea. Corpi, media e provocazione.

Non era più possibile prendere sul serio la storia così come ce la presentavano i media e il sistema scolastico. Tutto quello che conoscevamo era falso. Burroughs, il Giovanni Battista del post-moderno aveva fatto proselitismo su questo per anni.
Eravamo finalmente liberi – o se preferite, eravamo in mezzo al mare senza nemmeno un remo – e ci siamo permessi di reinventarci la cultura come ci piaceva: con grandi scarpe zeppate
David Bowie (GUARNACCIA 2009, p. 254).

Il linguaggio musicale pop è essenzialmente performance. Se ne trovano gli esempi più eclatanti nel roteare del bacino di Elvis, nell'icona labbra-lingua di Mick Jagger, nel rituale della chitarra incendiata sul palco da Jimi Hendrix.

Si tratta di una musica che, legandosi ad espressioni visive e comportamentali, assume la connotazione di un linguaggio che riesce a comunicare attraverso diversi ordini sensoriali: "i testi pop, in sé, nel loro aspetto formale, sarebbero forse poca cosa se non fossero accompagnati da un insieme discorsivo" (SPAZIANTE 2007, p. 34).

Musica, concerti, espressioni visive, gestualità, copertina dei vinili, presenza nei mass media, etc. diventano vettori di significati sociali e di aggregazione. La scena musicale si inserisce, quindi, nella sfera pubblica di cui la performance e l'identità stessa della star si costituiscono come caratteri dominanti.

Il rapporto con la propria immagine, la creazione del personaggio diventano elementi essenziali per il successo; la stessa definizione o confusione relativa alla propria identità diventa accurata, per poter essere riproposta ai fan in modo credibile, con i quali si instaura una intimità fatta di una condivisione di gusti, di stili di vita e spesso di aspetti della propria personalità e sessualità, sia pure ambigua.

"Per un artista l'ambiguità sessuale ha il vantaggio di stimolare e attrarre sia gli uomini che le donne […] È per questa ragione che […] l'androginia e il travestitismo hanno avuto un tale risalto all'interno della musica" (WALKER 1994, p. 126).

Un'ambiguità espressa non solo sul palco ma che viene manipolata soprattutto dalla fotografia (vinili, riviste), attraverso cui i vari travestimenti adottati dalle star acquistano più credibilità, sia grazie al potere della fotografia di evocare una rappresentazione fedele della realtà, sia perché grazie alla riproducibilità illimitata questo linguaggio concorre alla costruzione dell'immagine di una persona rendendola personaggio anche tra coloro che non l'hanno mai vista dal vivo. [...]