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Stato, totalitarismo e alienazione in George Orwell

Letteratura vs Totalitarismo

Secondo Orwell l'epoca in cui vive è un'epoca in cui la politica ha invaso la letteratura. È impossibile non schierarsi quando c'è in gioco una lotta come quella tra fascismo e socialismo. Hitler e la grande depressione hanno minato quel senso di sicurezza che è necessario per poter scrivere: «gli scrittori comparsi sulla scena a partire dal 1930 vivono in un mondo in cui non solo la nostra vita ma anche tutto il nostro sistema di valori sono costantemente minacciati. In circostanze simili il distacco non è possibile». Egli crede che l'importante è non raccontare bugie e soprattutto dire quello che si pensa per davvero.

Nel periodo dello Stato totalitario la letteratura è andata oltre gli schemi dell'estetismo puro: «ci ha ricordato che, in una forma o nell'altra, la propaganda è in agguato in ogni libro, che ogni opera d'arte ha un significato ed un fine – un fine politico, sociale e religioso – e che le nostre valutazioni estetiche sono sempre influenzate dai nostri giudizi e dalle nostre convinzioni». Orwell ritiene però che la letteratura sia estremamente minacciata dallo Stato totalitario che non consente libertà intellettuale. Così Orwell sugli effetti del totalitarismo nei confronti della sfera individuale: «il totalitarismo ha abolito la libertà di pensiero in una misura inconcepibile in qualunque altro periodo storico. Ed è importante capire che il controllo del pensiero esercitato dal totalitarismo non è solo negativo, ma anche positivo: non solo ti impedisce di esprimere – persino di pensare – determinate idee, ma ti impone ciò che devi pensare, ti crea un'ideologia; oltre a stabilire un codice per la tua condotta, cerca di controllare la tua vita emotiva. E per quanto è possibile ti isola dal mondo esterno, chiudendoti in un universo artificiale privo di metri di paragone».

Orwell pensa, in linea con il suo pessimismo, che la letteratura non possa sopravvivere ad una simile atmosfera e che se il totalitarismo diverrà un fenomeno mondiale, si dovrà rinunciare a leggere libri.

Sottolinea le differenze fra il totalitarismo e tutte le ortodossie, affermando che la più importante è che la dottrina totalitaria è mutevole: «la peculiarità dello Stato totalitario è che controlla il pensiero senza però fissarlo. Stabilisce dogmi indiscutibili ma li cambia continuatamente. I dogmi gli servono perché ha bisogno di un'obbedienza assoluta da parte dei sudditi, ma non può evitare i cambiamenti, che sono un requisito indispensabile nella politica del pugno di ferro. Si dichiara infallibile ma contemporaneamente attacca il concetto stesso di realtà oggettiva».

I continui mutamenti dello Stato totalitario sono psicologicamente insostenibili. E fa l'esempio di come in Italia la letteratura sia stata mutilata, in Germania sia quasi cessata e nell'Urss gli scrittori più bravi mostrino un tendenza a togliersi la vita o a sparire in galera.

Egli si batte ed invita a battersi per la letteratura, intesa come libertà di poter scrivere ciò che si vuole, perché la considera essenziale nello sviluppo dell'uomo.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Stato, totalitarismo e alienazione in George Orwell

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Informazioni tesi

  Autore: Alessandro Piazzai
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Siena
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Carlo  Lottieri
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 121

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