Orizzonti rituali tra antropologia e psicoanalisi
La ripetitività dei sogni dei reduci di guerra
Tornando a un ambito più strettamente patologico, si può ritrovare la stessa funzione nella coazione dei sogni di ex combattenti austriaci, analizzati da Freud all’indomani della fine della I guerra mondiale. Il quadro diagnostico di nevrosi di guerra si inserisce nella categoria di nevrosi attuali che si distinguono dalle nevrosi di traslazione poiché la loro eziologia non è da ricondurre alla fissazione a una particolare fase dello sviluppo psicosessuale infantile, bensì al momento dell’evento traumatico.
Nel dopoguerra, si assistette a una diffusione senza precedenti di sintomatologia bellica che non poteva essere attribuita alla dimensione soggettiva dei soldati, ma la cui origine andava ricercata nella particolarità delle caratteristiche del conflitto mondiale di inizio secolo. Lo storico Eric J. Leed nel suo celebre testo Terra di nessuno. Esperienza bellica e identità personale nella prima guerra mondiale (Il Mulino, Bologna, 1985) mette bene in luce come l’innovazione tecnologica introdotta in ambito militare tramite le nuove armi e strategie di attacco abbia radicalmente trasformato le modalità classiche del conflitto.
Esso non si è più svolto fra uomini, sul campo, ma all’interno delle trincee fra pessime condizioni umane e tempi dilatati fino allo sfinimento che modificarono profondamente e in maniera permanente l’identità dei reduci e il loro stare al mondo. Il soldato si trovava così a dover “castrare” il proprio spirito offensivo, passando la maggior parte del tempo in un’estenuante attesa che ne logorava la personalità e con la perenne tensione di un improvviso attacco possibile: ciò determinò l’appellativo di “guerra di nervi” al conflitto.
Ancora in Al di là del principio di piacere, Freud descrive come, fra coloro che sopravvissero, emersero numerosissimi casi di nevrosi traumatica: nonostante il ritorno a casa e il ristabilimento della pace, i malati sembravano aver perso qualsiasi interesse per il presente e il futuro, rivolgendo in maniera costante il proprio pensiero all’evento traumatico. Ma la particolarità della sintomatologia è da ritrovare nella coazione a ripetere dei loro sogni, il loro riproporre regolarmente l’esperienza shockante, come il trovarsi ancora in trincea, subire un bombardamento o assistere nuovamente alla perdita di un proprio compagno, il tutto accompagnato al risveglio da una rinnovata sensazione di spavento.
In questo testo, Freud pone molta attenzione alla distinzione fra spavento, paura e angoscia. Il primo corrisponde a uno stato di sorpresa nei confronti di un pericolo che non ci si aspetta, la paura corrisponde al timore di un oggetto determinato, mentre l’angoscia è definita come la “attesa del pericolo e di preparazione allo stesso, che può anche essere sconosciuto” (Freud S., 1920, p. 198). L’autore non ritiene che possa essere l’angoscia a determinare una nevrosi traumatica; al contrario, essa funge da protezione preparando il soggetto al pericolo, poiché comporta il sovrainvestimento dei primi sistemi dell’apparato psichico che ricevono lo stimolo esterno, ovvero quelli percettivi e che fungono da barriera di protezione.
Dunque, nell’eziologia di quello che oggi verrebbe definito come disturbo post-traumatico da stress, riveste un valore centrale l’essere colto di sorpresa, lo spavento generato da un evento imprevisto che crea una breccia in quella barriera protettiva ed espone al trauma le strutture psichiche più profonde. Pertanto, per i reduci di guerra che hanno sviluppato una fissazione al momento dell’incidente traumatico, esso risulta ancora come compito attuale, non risolto.
I sogni, durante i quali gli ex soldati riproducono incessantemente l’evento problematico, rappresentano allora il momento durante il quale si attiva quel segnale di angoscia – che mancando in un primo momento ha determinato il sorgere della nevrosi – per “dominare gli stimoli retrospettivamente” (Ibidem).
Di conseguenza, la vita onirica di questi malati dimostra come, alla luce delle nuove osservazioni e del secondo modello pulsionale, i sogni non possano più essere considerati unicamente come appagamenti sostitutivi di desideri (Freud S., 1899), ma come in questi casi siano espressione di una coazione a ripetere che, al di là del principio di piacere, agisce con la sistematicità di un rituale per legare l’energia psichica liberamente fluttuante dovuta all’impressione traumatica fino a dominarla e renderla quiescente, trasformando un processo psichico primario in uno secondario, anche se ciò implica ripetere un'esperienza traumatica nei propri incubi, cosa che non sembra seguire il principio di piacere che tenderebbe a un evitamento dei dispiaceri.
Naturalmente, ogni reduce non è consapevole della spinta che lo porta a questo replicare, tantomeno del valore della ripetizione (proprio come il bambino nel suo gioco), ma la ripresa del rimosso come esperienza attuale ha un carattere trasformativo.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Orizzonti rituali tra antropologia e psicoanalisi
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Informazioni tesi
Autore: | Miriam Musella |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2015-16 |
Università: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Facoltà: | Studi Umanistici |
Corso: | Scienze e tecniche psicologiche |
Relatore: | Massimiliano Sommantico |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 58 |
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