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La mediazione nel processo penale minorile

La mediazione nel rito davanti al giudice di pace

Nonostante la mancanza di una specifica legge che disciplini la mediazione penale,nel nostro ordinamento essa è prevista oltre che nel Dpr 448/88 nel processo penale minorile,anche nel rito davanti al giudice di pace,seppure in una veste limitata rispetto all’idea di mediazione che emerge dagli atti internazionali.

Sebbene nel Dlg n. 274/00 regolante la competenza del giudice di pace non si parli letteralmente di mediazione,tale funzione emerge dal quarto comma dell’art 29 in cui si individua il giudice come soggetto promotore della conciliazione tra le parti,nei reati perseguibili a querela; in questa attività di stimolo e ricerca della soluzione compositiva degli opposti interessi, il giudice può servirsi di centri e strutture pubbliche o private presenti sul territorio. Ma su tale attività mediativa del giudice di pace vi sono alcuni dubbi fondati su due nodi principali: in primo luogo sulla mera eventualità del ricorso alle strutture di mediazione,e in secondo luogo sull’identità della figura del mediatore con quella del giudice che sta trattando la causa.

Si ritiene che dinanzi al giudice di pace la conciliazione non possa considerarsi autentica,cioè di effettiva pacificazione tra le parti,proprio a causa della identità del giudice col mediatore,nonostante la previsione di inutilizzabilità delle dichiarazioni rese in udienza nel prosieguo del processo,in caso di esito negativo della mediazione. Questa sovrapposizione delle figure altera la genuinità dell’attività mediativa,sarebbe stato più opportuno almeno prevedere un sistema di incompatibilità tra il giudice-persona fisica che ha proceduto col tentativo di conciliazione e quello investito della prosecuzione del giudizio.

Nonostante lo sforzo legislativo ed interpretativo non si può paragonare la mediazione operata dal giudice di pace con quella del processo penale minorile. Sicuramente è possibile scorgere un fil rouge che unisce i due riti,ovvero la centralità della relazione tra offensore e offeso, con la differenza che nel rito minorile è affidata ad agenzie terze,mentre nel rito di pace allo stesso giudice,che solo qualora lo ritenga opportuno può valersi di apposite strutture, quindi in comune vi è anche la relazione tra contesto processuale e circuiti extragiudiziari.

Ma se si volesse realizzare nel rito di pace quella stessa mediazione del rito minorile sarebbe indispensabile spendere delle energie in termini di tempo e costi per la formazione del personale,nonché per la realizzazione di centri idonei,e tutto ciò sarebbe però in contrasto con la stessa ratio del giudizio davanti al giudice di pace,consistente nel sottrarre una grossa fetta di contenzioso alla giurisdizione ordinaria senza aggiungere costi al sistema processuale. La maggiore critica che viene mossa è quella della inaccettabile riduzione della mediazione a mero momento di ripensamento delle parti,sarebbe stato più opportuno prevedere dei contesti definiti dell’azione mediativa, e dei criteri oggettivi alla base dell’attività conciliativa del giudice,che è invece eccessivamente rimessa all’iniziativa dei singoli giudici in un’ottica di generale laisser faire.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La mediazione nel processo penale minorile

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Informazioni tesi

  Autore: Annalisa Grassi
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2012-13
  Università: Polo jonico Taranto
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Nicola Triggiani
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 156

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