Quando lui è estetista e lei è camionista: Influenza degli stereotipi di genere sull’elaborazione frasale.
Stereotipi di genere e segregazione occupazionale
Gli stereotipi di genere sono anche alla base della segregazione occupazionale. Per segregazione occupazionale ci riferiamo alla “distribuzione non uniforme delle occupazioni tra diversi gruppi della popolazione” (per es., donne e uomini o diverse etnie).
Essa è generalmente misurata da un indice di segregazione (ID) che varia da zero (nel caso di completa integrazione) a cento (nel caso di completa segregazione)(D’isanto, 2013). Infatti, donne e uomini non sono equamente distribuiti in settori d'attività e professioni, poiché esistono numerose occupazioni in cui le prime sono più rappresentative dei secondi e viceversa.
Generalmente, le donne si trovano a svolgere maggiormente i cosiddetti “lavori di cura”, in altre parole tutti quei lavori, nell’area sanitaria, sociale, educativa, assistenziale, che hanno per oggetto la persona (educatrice, infermiera, assistente per gli anziani e per disabili, ecc.) (ibidem). “Il lavoro di cura, quando è trasferito dall’ambito domestico al mercato del lavoro produttivo, mantiene le stesse caratteristiche: è sotto pagato, è pressoché invisibile, è svolto dalle donne”.
Si tratta, molto spesso, di mestieri, che se da un lato sono poco remunerati e con scarse prospettive di carriera, dall’altro sono più flessibili per quanto riguarda le esigenze di gestione famigliare (Rosti, 2006). Gli uomini, d'altra parte, hanno il loro posto in tutte quelle professioni che richiedono forza fisica e abilità amministrative. Pertanto, la discriminazione di genere nel mercato prende forma in due fenomeni: la segregazione e la discriminazione salariale (D’isanto, 2013). Si tratta di due aspetti molto collegati tra di loro, infatti, la segregazione sembra essere uno dei fattori che spiegherebbe il perché gli uomini percepiscono un salario maggiore rispetto alle donne (ibidem).
La letteratura economica distingue due forme di segregazione occupazionale: la segregazione orizzontale e la segregazione verticale. La prima si riferisce alla concentrazione occupazionale femminile in precisi settori e professioni, che è specchio dell'esistenza di stereotipi sociali di genere. La seconda forma di segregazione fa riferimento al fatto che la componente femminile si colloca principalmente ai livelli più bassi della scala gerarchica nell'ambito di una stessa occupazione; ciò evidenzia l'esistenza di un "soffitto di cristallo" (glass ceiling) che ostacola il percorso di carriera delle donne e le esclude dalle posizioni apicali (ibidem).
Secondo dati Istat del 2002 (vd., Tabb. 1 e 2), i tassi d'occupazione femminile sono più alti in professioni esecutivo amministrative (52,5%), connesse alla vendita (49,3%) e di tipo tecnico intermedio (48,4%), ma raggiungono appena il 20% tra gli artigiani, operatori, macchinisti, legislatori, dirigenti e imprenditori (Rosti, 2006). La componente femminile è ben rappresentata nel settore terziario (45,2%) mentre costituiscono la maggioranza all'interno della sanità, nel sistema istruttivo e altri tipi di servizi sociali (67,1%). Al contrario, nel settore industriale (23,9%), dell'energia e acqua (14,8%) e delle costruzioni (6,5%) la parte femminile è sottorappresentata.
Un altro aspetto che differenzia l'uomo e la donna nel mondo del lavoro è la retribuzione, dove emerge una struttura differenziale salariale che raggiunge il 72%.
Ma quali sono le ragioni di queste differenze occupazionali? Esiste una matrice biologica che indirizza in modo naturale uomini e donne verso professioni diverse, oppure è il risultato di un processo di “plasmazione” da parte dell’ambiente? Molti sostengono che le femmine sin da piccole siano inclinate verso giochi che si basano sul prendersi cura e che mestieri come l’insegnante, nei quali vi è una massiccia rappresentanza femminile, siano legati biologicamente al ruolo riproduttivo delle donne.
D’altra parte, più che di una naturale predisposizione, potrebbe trattarsi di un processo di socializzazione che ha come risultato la costruzione degli stereotipi di genere. In questo modo è possibile che chi offre il lavoro si lasci guidare da stereotipi sociali nel determinare l'occupazione più idonea per un uomo e quella più calzante per una donna. A loro volta, anche donne e uomini prediligono e si orientano verso la scelta di una professione basandosi sugli stereotipi di genere (Rosti, 2006).
L'interrogativo rimane aperto e l’opinione degli economisti si divide tra coloro che sostengono che la segregazione occupazionale possa avere conseguenze positive e coloro che temono che questo fenomeno possa creare un danno sociale. I primi sostengono l’esistenza di una predisposizione biologica per la quale è giusto che le donne scelgano e svolgano lavori da donna: i risultati delle ricerche condotte (ad esempio Emerek, Figueiredo, González, Gonäs & Rubery 2003; Rubery & Fagan, 1998) hanno mostrato gli aspetti positivi della segregazione sull’economia.
Dall’altra parte, le politiche di desegregazione denunciano i danni che la segregazione occupazione legata agli stereotipi di genere sta arrecando non solo all’economia ma anche alle donne (Anker, 1997): “Gli stereotipi di genere sono dannosi per le donne perché hanno effetti negativi sulle loro aspettative e su quelle dei datori di lavoro, perché distorcono l'investimento in capitale umano e le scelte di carriera, e perché producono effetti di retroazione che perpetuano gli stereotipi nel tempo.
Ma la segregazione occupazionale è soprattutto dannosa per l'economia, perché riduce l'efficienza del sistema e le sue prospettive di sviluppo” (Rosti, 2006).
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Quando lui è estetista e lei è camionista: Influenza degli stereotipi di genere sull’elaborazione frasale.
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Informazioni tesi
Autore: | Romina Romano |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2014-15 |
Università: | Università degli Studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara |
Facoltà: | Psicologia |
Corso: | Psicologia |
Relatore: | Rosalia Di Matteo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 67 |
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