Il dialetto siciliano, tra grecità e latinità. Lo strato bizantino
La classificazione del dialetto siciliano
Immaginando la conformazione del territorio siciliano, si potrebbe paragonare il suo dialetto ad un manto che si distende e avvolge tutta l’isola.
In realtà, però, le circostanze storiche come le invasioni o migrazioni esterne, le circostanze geografiche, economiche e sociali hanno determinato una divergenza e variabilità facilmente percepibili nella lingua siciliana.
Spesso si sentono pronunciare, soprattutto dagli anziani, frasi rievocative del tipo: «A li me tempi quannu si iucava cu li pumetta a zicchittuni o n’capu la naca, quannu ittavamu la turtula, ora dunnè cchiù?», quindi anche l’acquisizione di nuovi oggetti ha indotto alla scomparsa di quelli preesistenti e di conseguenza anche della parola che li designava.
Queste condizioni hanno reso varia la Sicilia dialettale e, stando alla classificazione di Giorgio Piccitto, è possibile classificare i dialetti in due gruppi: il Siciliano occidentale che comprende l’area di Palermo, di Trapani e di Agrigento centro occidentale e il Siciliano centro orientale che, a sua volta, si divide in centrale (Madonie, Nisseno-ennese, Agrigentino orientale) e orientale (parlate del sud-est, parlate del nord- est, Catanese-siracusano e Messinese).
Tale classificazione è, però, mutevole e in relazione al dialetto siciliano occorre riferirsi alla concretezza delle singole varietà locali, che sono diverse l’una dall’altra.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Il dialetto siciliano, tra grecità e latinità. Lo strato bizantino
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Informazioni tesi
Autore: | Sabrina Perrone |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2013-14 |
Università: | Università degli Studi di Palermo |
Facoltà: | Lettere |
Corso: | Lettere Classiche |
Relatore: | Marina Calogera Castiglione |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 50 |
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