Il sostegno scolastico al preadolescente autistico: studio di un caso
La capacità di identificarsi con gli altri e l'autismo
Il principale assunto della posizione teorica di Hobson circa l'autismo è che il problema stia nell'incapacità di identificarsi con le altre persone. Gli autistici sono capaci di imitare gli altri perché l'imitazione è riferita all'adottare un comportamento inerente a un'azione percepita, si imita cioè l'atto stesso e non ciò che lo promuove, le intenzioni.
Identificarsi con gli altri invece implica prima di tutto la possibilità di percepire tutta la gamma espressiva emozionale umana, poi il pensiero e la riflessione, insieme all'abilità di sapersi mettere nei panni dell'altro.
Hobson afferma che "c’è un qualcosa nella nostra propensione a imitare gli altri che è fondamentale come la nostra abilità intellettuale … Questo qualcosa è la capacità di identificarsi con gli altri – una capacità che l’autismo rivela essere un processo emozionale sottilmente camuffato" (2002, trad. it., pag. 215). Tutto ciò è fondamentale per potersi identificare agli altri, perché "identificarsi con qualcuno, significa riconoscere in qualcuno caratteristiche che arricchiscono il sé. L’identificazione con gli altri avviene normalmente ed è un modo normale di trasmissione culturale. Un bambino impara mettendosi nei panni di altri, adottando atteggiamenti analoghi" (2002, trad. it. pag. 223).
Identificarsi con l'altro ha la funzione d'assumere su di sé la prospettiva altrui, pur rimanendo se stessi, quindi simili ma diversi dall'altro.
Per verificare questa ipotesi egli ha condotto diverse ricerche. Di seguito prendiamo in considerazione le più rilevanti (2002).
Una di queste consisteva nel verificare il comportamento di soggetti autistici rispetto a quello d'individui normali. I tipi di comportamento esaminati riguardavano l'adozione di uno stile energico o gentile, relativi al compiere un'azione verso uno scopo. Allo studio hanno partecipato sedici soggetti autistici (dai nove ai diciannove anni di età) e un campione di altrettanti soggetti normali. A ognuno di loro era mostrata un'interazione tra due persone che adottavano sia stili energici, sia stili gentili. Successivamente era richiesta l'imitazione. La previsione era che gli autistici non sarebbero stati in grado di imitare lo stile in sé, ma l'azione.
I risultati hanno avvalorato questa previsione, poiché mentre i soggetti normali erano più interessati a imitare la persona assumendone lo stile percepito (identificazione con l'altro), quelli autistici hanno imitato solo l'azione osservata anziché il modo di compierla.
Durante le sue osservazioni Hobson ha costatato inoltre che gli autistici non interagiscono con gli altri nei modi consueti alle altre persone. Per esempio quando devono separarsi dagli altri, non adottano comportamenti di saluto o non utilizzano lo sguardo o il sorriso per congedarsi; inoltre non si commuovono e non esprimono altri segnali indicanti un legame.
Ritenendo che la funzione principale di identificarsi con gli altri permetta la strutturazione del Sé e il suo arricchimento, il ricercatore ha condotto test sulla comprensione dell'uso dei pronomi personali "io" e del "tu". La mancata comprensione dell'uso di questi pronomi confermerebbe la difficoltà nell'attitudine ipotizzata.
Un autistico li utilizza in senso letterale ma non applicandoli a se stesso. Se gli si chiede, tu vuoi una caramella?, la risposta sarà uguale alla domanda, senza l'inversione pronominale e spesso accompagnata da un'intonazione meccanica.
Per verificare questa ipotesi Hobson e i suoi collaboratori hanno realizzato specifici studi dai quali si deduce che il problema non risiede nella ripetizione in sé del pronome, ma nella mancanza di comprensione del significato implicito dell'uso differenziato dei pronomi io-tu.
Altre ricerche hanno considerato la consapevolezza di sé negli autistici. A questo fine Hobson ha condotto uno studio su adolescenti autistici e non, utilizzando il metodo dell'intervista tra ricercatore e soggetto. L'ipotesi di partenza era che poiché gli adolescenti autistici non si confrontano con gli altri di conseguenza manchi loro l'autoconsapevolezza di come sono, agiscono, si comportano. La tipologia delle domande comprendeva quattro categorie: sesso di appartenenza, attività svolte (come sport), ambiente sociale e stati mentali/emotivi. Ogni categoria fu valutata secondo diversi livelli descrittivi (come la complessità delle descrizioni, il confronto con gli altri, ecc.).
Le differenze si riscontrarono nella qualità delle risposte ottenute: gli autistici enfatizzarono molto di più l'ambito delle preferenze piuttosto che quello delle capacità intellettuali o emozionali, le quali erano espresse per mezzo di termini concernenti comportamenti e non sentimenti, con risposte limitate e superficiali, senza alcun riferimento alle loro relazioni sociali (ad esempio con la famiglia).
Nell'autismo tutto ciò che è inerente all'emotività e agli stati mentali, sembra non destare alcun interesse o attenzione. Hobson, infatti, pone l'accento sul fatto che le persone autistiche riescono a comprendere l'esistenza di per sé di stati mentali, ma non li collegano alla mimica facciale e alla gestualità delle persone, espressione visibile di una vita soggettiva interna ricca di pensieri, di affetti ed emozioni. Tali aspetti tipicamente umani sono diretti verso l'altro allo scopo di condividerne le esperienze vissute dando loro un significato condivisibile socialmente e permettendo così di costruire l'autoconoscenza, o per meglio dire, il Sé.
J. Bruner (2009) cita studi che pongono attenzione sul presupposto che la coscienza soggettiva umana, o Sé, non corrisponde alla coscienza privata solipsistica ma si co-costruisce nella situazione socio-culturale in cui si vive. Ciò che chiamiamo con il termine Sé è una costruzione sociale "che, per così dire, si muove dall’esterno verso l’interno e viceversa, e cioè dalla cultura alla mente e dalla mente alla cultura" (ibid. pag. 106). Il Sé è legato all'ambiente e quest'ultimo lo può influenzare e modificare. E l'ambiente si compone soprattutto delle dinamiche relazionali sociali. […]
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Il sostegno scolastico al preadolescente autistico: studio di un caso
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Informazioni tesi
Autore: | Adelina Piazzalunga |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Torino |
Facoltà: | Psicologia |
Corso: | Clinica e di Comunità |
Relatore: | Gabriella Airenti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 209 |
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