L'identità omosessuale nella lingua e nella cultura cinese
La condizione omosessuale nella Repubblica Popolare Cinese
Nei primi trenta anni dalla fondazione della RPC nel 1949 il sesso e la sessualità erano argomenti assenti nei dibattiti pubblici e politici, etichettati come argomenti tabù.
Dal 1980 in poi, invece, si è assistito ad un’esplosione vera e propria della sessualità: cominciarono a comparire immagini di donne seducenti sui giornali, sui poster o in TV, ci fu una larga diffusione di materiale erotico, e nelle grandi città erano presenti anche centri d’ascolto e consulenza su argomenti sessuali. La società moderna cinese è stata caratterizzata dall’affermazione della sessualità, largamente influenzata dall’Occidente: l’utilizzo di immagini di donne occidentali era diventata una strategia di marketing, un simbolo di avanguardia e sviluppo.
Fino agli anni ’90 però nessun omosessuale cinese usava ancora riconoscersi nelle identità sessuali anticonvenzionali: definirsi “gay” o “lesbian” o “homosexual” significava essere legati alla corruzione occidentale, alla perversione e all’AIDS. Nessuno era disposto a differenziarsi da coloro che invece erano attratti dall’altro sesso, anche perché nel 1989 l’omosessualità era stata inserita nell’elenco delle malattie mentali. Non esisteva l’abitudine di classificare gli uomini in base all’orientamento sessuale, i ruoli e le identità che assumeva un individuo erano sempre interne alla rete familiare: prima si è solo figli, poi mariti e mogli, poi genitori e così via. In quel periodo non era tanto l’omofobia a prevalere, quanto l’ignoranza, la mancanza di informazioni su argomenti come l’omo-bisessualità e l’orientamento sessuale in genere. Basti pensare che tra gli omosessuali c’era la credenza che il profilattico fosse usato solo da persone poco raccomandabili, e che una buona cultura e un buon lavoro potevano aiutare ad evitare di contrarre il virus dell’Aids. E anche se la dipendenza da droghe rimane la prima causa di contrazione del virus, la mancanza di informazioni ha portato gli omosessuali ad essere il secondo gruppo più infetto dal virus.
L’amore omosessuale è tollerato solo se si è rispettato il dovere del matrimonio e della procreazione. Da quando però anche in Cina il matrimonio ha smesso di essere concordato dai parenti e ha cominciato ad essere l’unione di una coppia di innamorati, per molti omosessuali è molto più difficile far convivere le cose: il partner si aspetta di costruire un rapporto basato anche sulla passione, non più solo sul rispetto dell’obbligo filiale. Per questo motivo molti omosessuali scelgono di sposarsi con persone dell’altro sesso e poi di divorziare, con il permesso della Legge sui Matrimoni approvata nel 1980, per cui in “mancanza di amore” si può chiedere il divorzio.
La diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili è legata anche ai luoghi di ritrovo scelti dagli omosessuali, quali parchi e bagni pubblici. Per molti anni, infatti, un individuo poteva lasciare la famiglia solo se si sposava; l’unità di lavoro si occupava dell’assegnazione delle case, e per i single erano disponibili posti letto nei dormitori; molto spesso anche dopo il divorzio una coppia era costretta a vivere insieme.
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Dalla metà degli anni ’90 cominciarono ad apparire nelle grandi città i primi locali gay; per la precisione dal 1998 a Pechino cominciarono ad essere aperti bar e discoteche da ragazzi omosessuali per clienti omosessuali. Questi locali sono spazi culturali molto interessanti: sono gli spazi in cui avviene il processo di formazione ed unificazione della comunità tóngzhì. Sono luoghi di ritrovo moderni, lontani dai parchi e dai bagni pubblici, dove tutto si svolgeva di nascosto, con la paura costante delle retate poliziesche; rappresentano il luogo in cui gli omosessuali costruiscono nuove forme di identità. A Pechino questi locali si trovano quasi tutti nel quartiere di Sanlitun, ovvero la zona delle ambasciate e dei locali frequentati dagli Occidentali e dai Cinesi della classe media. Proprio per la zona in cui sono locati, questi nuovi spazi non sono accessibili alla maggior parte degli omosessuali cinesi; solo i giovani delle classi medie, che si vestono alla moda e parlano inglese possono sentirsi membri delle comunità di questi bar.
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Nonostante questi sviluppi positivi, la presenza dei tóngzhì nei media venne scoraggiata e proibita dal governo: nel 1996 il Ministero della Propaganda decretò che i libri che trattavano il tema dell’omosessualità non dovevano essere pubblicati, per timore che questi testi favorissero l’aumento dell’omosessualità.
Le “condizioni di vita” dei tóngzhì cominciarono a migliorare con l’avvento dei cercapersone, dei cellulari e soprattutto di Internet. I telefoni personali hanno permesso agli omosessuali di avere contatti nel modo più accessibile e sicuro, senza esporsi troppo e senza poter subire l’interferenza dei familiari. Internet è un altro mezzo efficace per rompere le barriere create dai legami familiari e dallo stretto controllo sociale delle unità di lavoro. La graduale diffusione di Internet in Cina ha favorito la creazione di una comunità tóngzhì, e di una fitta rete di scambi di informazioni. I cellulari, i cercapersone, le e-mail e Internet e altri congegni tecnologici sono stati fatti propri dagli omosessuali per costruire uno spazio di comunità virtuali senza precedenti.
La conquista più importante per gli omosessuali è stata la cancellazione nel 2001 dell’omosessualità dalla lista ufficiale delle malattie e dei disordini mentali. I tóngzhì non sono più considerati degli squilibrati, non devono più subire terapie di elettroshock e possono cominciare a sperare in un’apertura della società e delle istituzioni ancora maggiori.
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Da recenti statistiche eseguite da Zhang Beichuan, professore del collegio dei medici dell’Università di Qingdao, gli omosessuali nella RPC sarebbero trenta milioni, il triplo rispetto a quanto stimato dal Ministero della Salute nel 2004. Secondo Zhang, l’1,5% degli omosessuali cinesi ha contratto il virus dell’AIDS; solo il 10% degli omosessuali riceve comprensione e sostegno dalla propria famiglia, e tra coloro che invece si sono ritrovati allontanati dai parenti circa il 20% ha tentato il suicidio.
Attualmente la Cina ha dunque una considerazione dell’omosessualità altalenante: a segni di apertura ne corrispondono altri di chiusura, però in generale si può affermare che la situazione stia migliorando. Gli attivisti delle tre società cinesi dagli anni ’80 in poi si sono impegnati nella lotta alla discriminazione con tenacia ed ora si stanno cogliendo dei risultati dignitosi. La Cina “ufficiale” e quella popolare sembrano aver intrapreso la via della comprensione.
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L'identità omosessuale nella lingua e nella cultura cinese
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Informazioni tesi
Autore: | Benedetta Barbagallo |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università degli Studi di Milano |
Facoltà: | Interfacoltà umanistiche |
Corso: | Mediazione Linguistica e Culturale |
Relatore: | Clara Bulfoni |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 52 |
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