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Oltre Shakespeare: il Lear di Edward Bond

Il terzo atto: Lear e l’ombra di Tolstoj

La ripartizione in atti della rappresentazione, come si è già evidenziato, è funzionale alla resa del messaggio celato nella (ri)scrittura della tragedia shakespeariana. L’adattamento viaggia su binari paralleli rispetto al suo pre-testo fino alla fine del secondo atto. È possibile, cioè, trovare nel percorso evolutivo del personaggio di Lear un preciso riscontro dinamico della vicenda che accomuna le due opere. Quando si giunge al termine del secondo atto, infatti, il Lear bondiano ha preso coscienza di se stesso e dei suoi errori, esattamente come il Lear shakespeariano: ha messo in dubbio il suo concetto di morale e, sprovvisto per la prima volta della sua veste regale, si è trovato a fare i conti con l’umana natura priva di etichette sociali grazie anche al confronto con uomini di umile provenienza. Shakespeare si ferma qui, la crescita morale del suo protagonista non prosegue più in là di così e non trova nessuna risoluzione pratica. Bond va oltre Shakespeare: il terzo atto del Lear ha l’hegeliana funzione di riprendere il filo del discorso laddove secondo l’autore si era bruscamente interrotto, per veicolare i problemi politici sollevati ad una sintesi risolutiva che mira a conciliare la coscienza politica e l’attivismo politico. L’ombra di Lear a questo punto si biforca, a quella del personaggio shakespeariano, la cui funzionalità si è ormai esaurita, si aggiunge l’ombra di Tolstoj. Il legame fra lo scrittore russo e il personaggio del King Lear era stato individuato già nel 1947 da Orwell nel suo saggio “Lear, Tolstoy and the Fool”, scritto in risposta ad un’acida invettiva contro Shakespeare contenuta in un pamphlet datato 1903 del settantacinquenne Tolstoj. Il King Lear è qui preso come esempio atto a dimostrare la mediocrità di Shakespeare come scrittore e l’inutile verbosità dei suoi personaggi privi di anima.
Orwell individua la fonte dell’astio di Tolstoj verso la figura di Lear nella sua inconsapevole identificazione con il personaggio.

There is general resemblance which one can hardly avoid seeing, because the most impressive event in Tolstoy’s life, as in Lear’s, was a huge and gratuitous act of renunciation. In his old age, he renounced his estate, his escape from his privileged position and live the life of a peasant. But the deeper resemblance lies in the fact that Tolstoy, like Lear, acted on mistaken motives and failed to get the results he had hoped for. According to Tolstoy, the aim of every human being is happiness, and happiness can only be attained by doing the will of God. But doing the will of God means casting off all earthly pleasures and ambitions, and living only for others. Ultimately, therefore, Tolstoy renounced the world under the expectation that this would make him happier. But if there is one thing certain about his later years, it is that he was not happy. On the contrary he was driven almost to the edge of madness by the behaviour of the people about him, who persecuted him precisely because of his renunciation. Like Lear, Tolstoy was not humble and not a good judge of character. […] And though Tolstoy could not foresee it when he wrote his essay on Shakespeare, even the ending of his life – the sudden unplanned flight across country, accompanied only by a faithful daughter, the death in a cottage in a strange village – seems to have in it a sort of phantom reminiscence of Lear.

A bene vedere l’atto di rinuncia che Tolstoj si autoimpone non ha lo stesso valore se posto di fronte ad occhi laici. La rinuncia di fama, titoli nobiliari e ricchezze, l’abolizione della violenza in ogni sua qualsivoglia forma non implica l’abolizione del principio di coercizione e il superamento dell’appetito per il potere. Orwell ribadisce che in questi casi “they have done no more than exchange one form of egoism for another”. Questo è vero anche nel caso di Lear che rinuncia al trono ma si aspetta che tutti continuino a trattarlo come un re. La sua follia si compone di due elementi legati a questo fatto: il trovarsi per la prima volta nella sua vita uomo fra gli uomini, e la rabbia verso coloro che lo hanno trattato duramente. Il suo grande atto di rinuncia, come quello di Tolstoj, perde di valore perché è compiuto nell’errata previsione di una ricompensa più grande della rinuncia stessa. La “ricompensa” sul palcoscenico bondiano è data in pasto ai maiali. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Oltre Shakespeare: il Lear di Edward Bond

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Informazioni tesi

  Autore: Chiara Pasqualini
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2013-14
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Lettere
  Corso: Lettere
  Relatore: Fernando Cioni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 68

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