Analisi delle esternalità negative. Il caso diossina di Seveso
L'inchiesta parlamentare
Dal punto di vista dei partiti della maggioranza occorreva riprendere in mano la situazione, e cercare di riallacciare i fili sparsi di una solidarietà nazionale in affanno. Questo non poteva che avvenire in sede parlamentare, data la centralità che le Assemblee elettive rivestivano in questa legislatura in funzione della stessa solidarietà nazionale; e una Commissione parlamentare d'inchiesta poteva costituire uno strumento adeguato a tale scopo.
La Commissione parlamentare incaricata di svolgere un'inchiesta sulla fuga di sostanze tossiche avvenuta il 10 luglio 1976 nello stabilimento ICMESA e sui rischi potenziali per la salute e per l'ambiente derivanti da attività industriali, fu istituita con la legge n. 357 del 16 giugno 1977. I suoi componenti (15 deputati e 15 senatori) furono nominati dai presidenti dei due rami del Parlamento il 28 luglio 1977. La Democrazia cristiana era rappresentata da dodici commissari, il Pci da dieci, il Psi da due. I repubblicani ebbero un parlamentare nella Commissione, così come i socialdemocratici e la sinistra indipendente; l'estrema destra, infine, era rappresentata da due commissari.
Con la sola eccezione del senatore Pisanò (che comunque non partecipò con grande assiduità ai lavori dell'organo parlamentare), la Commissione era composta totalmente da deputati o senatori appartenenti a gruppi che sostenevano il governo con il voto favorevole o con l'astensione: ne erano esclusi i gruppi parlamentari "conflittuali", come i radicali o i demoproletari.
I gruppi parlamentari, nell'effettuare le designazioni, si attennero con ogni evidenza a un criterio prevalentemente territoriale: ben ventiquattro commissari su trenta erano lombardi o comunque eletti in Lombardia, soprattutto nelle province di Milano e Como. Alcuni tra i parlamentari lombardi presenti nella Commissione si erano occupati direttamente e a più riprese della vicenda di Seveso. Emilio Trabucchi, farmacologo, era stato al centro di furibonde polemiche in quanto considerato tra i minimizzatori dei pericoli della diossina: il 31 luglio 1976, nel corso di una animata assemblea con la cittadinanza, si era infatti dichiarato disponibile ad andare a vivere nella zona sgomberata e a bere il latte contaminato. Cecilia Chiovini, già responsabile femminile della federazione milanese del Pci, aveva partecipato anch'essa sin dall'inizio alle assemblee nei comuni colpiti dalla nube tossica; in quella del 31 luglio, tra l'altro, fu tra coloro che contestarono duramente Trabucchi, gridando: "Toglietegli la parola!". Susanna Agnelli era stata tra coloro che avevano appoggiato la proposta, avanzata da Emma Bonino, di un atto legislativo ad hoc per consentire l'interruzione di gravidanza alle donne di Seveso.
Il senatore socialista Bruno Luzzato Carpi, già sindaco di Bollate, eletto nel collegio senatoriale che comprendeva le zone contaminate, si era recato in visita dal sindaco di Seveso pochi giorni dopo l'incidente Andrea Borruso, deputato democristiano alla sua prima legislatura, già vicesindaco di Milano, era un esponente di primo piano di Comunione e liberazione e del suo braccio politico, il Movimento popolare: era cioè uno dei leader di quella nuova destra cattolica che all'interno della Dc, insieme alla destra laica di Massimo De Carolis, si opponeva alla solidarietà nazionale e, nello specifico caso lombardo, allo sviluppo di equilibri consociativi più avanzati; anche Borruso fu uno dei primi parlamentari a rendere visita al sindaco di Seveso dopo la scoperta della gravità del disastro. Il deputato socialista Marte Ferrari, infine, aveva scritto allo stesso sindaco il 15 ottobre 1976, chiedendo di essere tenuto informato sulla situazione economica e occupazionale della zona inquinata.
Molti commissari avevano presentato, nei mesi precedenti all'istituzione della Commissione d'inchiesta, numerose interpellanze e interrogazioni, che lasciavano chiaramente trasparire punti di vista radicalmente diversi su temi quali l'aborto e le procedure di bonifica. Vi era insomma il concreto rischio di trasferire e di riproporre all'interno della Commissione le divisioni e le dispute che stavano scuotendo la Regione Lombardia in ordine all'incidente di Seveso.
L'assenza di coinvolgimento territoriale, e lo specifico campo di esperienza professionale, costituiscono invece le chiavi di volta per interpretare la designazione e l'elezione (a scrutinio segreto) del democristiano fanfaniano Bruno Orsini alla carica di presidente dell'organo parlamentare, nel corso della prima seduta tenutasi il 27 luglio 1977. In una situazione come quella descritta, nella quale la stragrande maggioranza dei commissari si era occupata direttamente dell'oggetto dell'inchiesta, la scelta di un presidente non lombardo evitava che egli potesse essere sottoposto a qualche forma di condizionamento ambientale o politico diretto. Non solo: egli, proprio in quanto esterno, garantiva gli altri commissari rispetto al rischio di una qualche forma di concorrenza in rapporto a posizioni o ambiti territoriali in Lombardia, assumendo per ciò stesso un ruolo di terzo. Orsini inoltre (particolare di notevole importanza) era relatore di minoranza della proposta di legge sull'interruzione volontaria della gravidanza (la successiva legge 194/78); il relatore di maggioranza era un altro commissario che fuoriusciva dalla logica territoriale, cioè il comunista Giovanni Berlinguer. [...]
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Analisi delle esternalità negative. Il caso diossina di Seveso
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Informazioni tesi
Autore: | Alberto Rosa |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2013-14 |
Università: | Università degli Studi dell'Insubria |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia aziendale |
Relatore: | Luca Corazzini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 58 |
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