L'illecito endofamiliare nella recente evoluzione giurisprudenziale
Definizione di mobbing familiare
Il mobbing è, nell’accezione più comune in Italia, un insieme di comportamenti violenti (abusi psicologici, angherie, vessazioni, demansionamento, emarginazione, umiliazioni, maldicenze, ostracizzazione, etc) perpetrati da parte di uno o più individui nei confronti di un altro individuo, prolungato nel tempo e lesivo della dignità personale e professionale nonché della salute psicofisica dello stesso. I singoli atteggiamenti molesti ( o emulativi ) non raggiungono necessariamente la soglia del reato né debbono essere di per sé illegittimi, ma nell’insieme producono danneggiamenti plurioffensivi anche gravi con conseguenze sul patrimonio della vittima, la sua salute e la sua esistenza.
Il termine mobbing è stato coniato agli inizi degli anni settanta dall'etologo Konrad Lorenz per descrivere un particolare comportamento aggressivo tra individui della stessa specie con l'obbiettivo di escludere un membro dello stesso gruppo; mobbing è un gerundio sostantivato inglese derivato da "mob" (coniato nel 1688 secondo il dizionario Merriam-Webster), dall'espressione latina "mobile vulgus", che significa "gentaglia (mobile)", cioè "una folla grande e disordinata", soprattutto "dedita al vandalismo e alle sommosse". Da qui il significato assunse presso le classi sociali più elevate anche una connotazione spregiativa, per cui "mob" era, anche in assenza di azioni violente, equivalente pressappoco all'italiano "plebaglia". Al termine mobbing è correlato anche il lemma - di uso nello slang statunitense mobster, che indica genericamente chi appartenga alla malavita o adotti un comportamento malavitoso; in italiano è inoltre derivato il verbo "mobbizzare", col significato di "compiere azioni di mobbing", e ad esso sono collegati i termini "mobbizzatore" (o "mobber"), per indicare colui che perpetra l'attacco, "mobbizzato" (o "mobbed") per indicare la vittima, e "mobbizzazione", sinonimo di mobbing.
Per quello che ci interessa, poter dare una definizione precisa e puntuale del fenomeno “mobbing coniugale” ê un’operazione ardua e potenzialmente farraginosa vista la mancanza di un interessamento e/o un consolidato orientamento sia giurisprudenziale che dottrinario. Questa pratica è condotta all'interno delle dinamiche relazionali coniugali e familiari ed è finalizzata alla delegittimazione di uno dei coniugi e alla estromissione di questo dai processi decisionali riguardanti la famiglia in genere e nello specifico i figli. Il mobbing familiare più frequente è quello che coinvolge le famiglie separate e viene messo in pratica da parte del genitore affidatario nei confronti di quello non affidatario al fine di spezzare il legame genitoriale nei confronti dei figli. Recenti studi e ricerche, come quelli dell’Osservatorio Permanente Interassociativo sulla Famiglia e Minori dell'Istituto degli Studi Giuridici Superiori o come quello dell’Osservatorio della Federazione Nazionale per la Bigenitorialità hanno evidenziato come questo particolare tipo di mobbing stia diventando sempre più frequente nelle relazioni coniugali contraddistinte da una intensa conflittualità.
In alcuni casi, il mobbing familiare si presenta attraverso una serie di strategie "persecutorie" preordinate da parte di uno dei coniugi nei confronti dell'altro coniuge, allo scopo di costringere quest'ultimo a lasciare la casa coniugale o ad acconsentire, ad esempio, a una separazione consensuale, pur di chiudere rapporti coniugali fortemente conflittuali. In ambito familiare il mobbing assume caratteristiche meno definite e più complesse, stante la particolarità della formazione sociale in cui l’uomo esplica la propria personalità. È noto, infatti, che la famiglia è la prima società naturale in cui l’essere umano si esprime, e che i coniugi, con il matrimonio assumono obblighi ben precisi di fronte a se stessi e alla legge. L’art. 143 c.c., infatti, enuncia in maniera lapidaria la parità degli stessi rafforzando il dettato costituzionale in tema. Il mancato rispetto degli obblighi di cui all’art. 143 c.c. (coabitazione, collaborazione all’indirizzo familiare, fedeltà e assistenza morale e materiale) può infatti, determinare il ricorso per separazione e giustificare l’addebito al coniuge inadempiente. In particolare, si può individuare in quel fenomeno che porta l’un coniuge ad attuare comportamenti o molestie psico -fisiche che comportano la perdita di autostima da parte dell’altro fino a distruggerne la personalità.
Poiché sono attuati all’interno della vita matrimoniale, tali comportamenti difficilmente vengono portati alla luce se non nelle ipotesi di separazione. A proposito del mobbing familiare, però, è preliminarmente necessario fare una distinzione: il mobbing coniugale, consistente in un attacco, continuo e intenzionale, nei confronti del proprio coniuge per metterne in discussione il proprio ruolo, estrometterlo dalle decisioni o per indurlo a decisioni cui invece è contrario, i cui segnali tipici possono riguardare esternazione reiterata di giudizi offensivi e atteggiamenti irriguardosi nei confronti del proprio coniuge, atteggiamenti di disistima e di critica aperti e teatrali, provocazioni continue e sistematiche, rifiuto di collaborare alla realizzazione dell’indirizzo familiare concordato, tentativi di sminuire il ruolo in famiglia, pressioni per lasciare la casa coniugale, continue imposizioni della propria volontà in relazione a scelte che si rendano necessarie nel corso della convivenza coniugale, azioni volte a sottrarre beni comuni alla coppia, mancato supporto alla vittima nel rapporto con gli altri familiari e coinvolgimento continuo di terzi nelle liti familiari.
È connotato poi il mobbing familiare, che può essere attuato all’interno della coppia genitoriale in seguito alla separazione o al divorzio, i cui segnali possono essere costituiti da: sabotaggi delle frequentazioni con il figlio, emarginazione dai processi decisionali tipici dei genitori, minacce, campagne di denigrazione e delegittimazione familiare e sociale, sminuire il ruolo genitoriale agli occhi del figlio.
Questo brano è tratto dalla tesi:
L'illecito endofamiliare nella recente evoluzione giurisprudenziale
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Informazioni tesi
Autore: | Daniela Chiacchio |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2012-13 |
Università: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Facoltà: | Interfacoltà Lettere e Filosofia e Giurisprudenza |
Corso: | Servizio Sociale |
Relatore: | Riccardo Sgobbo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 97 |
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