L'Impero di fronte alla croce. Analisi del significato che ebbe la crux transmarina per l'imperatore Federico II
Un sultano battezzato?
Da quanto finora detto sulla personalità di Federico II, si è potuto capire che la storiografia recente non è più disposta a credere in lui l'ateo, il miscredente, colui che si fa beffa del cristianesimo, invece, ne sottolinea la concezione politica ortodossa, la devozione sincera a un Dio da cui egli trae il suo potere, la volontà di instaurare relazioni pacifiche e non bellicose con il papato, la preoccupazione costante per le sorti della Terrasanta. Un altro topos della storiografia federiciana è quello riguardante il suo filoislamismo: per alcuni, come ritiene René Grousset, l'islamophile del sovrano fu l'altra faccia del suo anticlericalismo, se non anticristianesimo, e fu questa che gli permise il successo della crociata, in faccia agli ideali cristiani. Era dunque un filo islamico Federico? E, ancora, era un uomo tollerante nel senso moderno del termine? Cercando di dare qualche risposta a tali domande si capirà, forse, anche quanto fu effettivamente eccezionale oppure no la sua "crociata diplomatica" nel panorama culturale duecentesco. Converrà ripercorrere brevemente la storia delle relazioni tra cristianità e Islam fin dall'alto medioevo. Cardini nel suo "Europa e Islam. Storia di un malinteso" delinea una panoramica, nei rapporti cristianità-islam, che unisce scontro a incontro, guerra, razzia a progressivo avvicinamento culturale, nonché ad aperta collaborazione concreta, priva di pregiudizi che ne inficiassero l'attuazione. A partire dal VII secolo la partenza musulmana comincia la propria dirompente espansione, apparentemente inarrestabile; a mano a mano che intere regioni e popolazioni cadono sotto il loro dominio, essi non impongono la fede islamica ad alcuno e, laddove alcuni abbracciarono spontaneamente il nuovo credo, altri ricevono lo stato di "dhimmi", ovvero "protetti" essi venivano considerati ahl al-Khitab, "genti del Libro", ciò significa che erano riconosciuti come appartenenti ad una religione avente le stesse origini bibliche dell'Islam e che quindi non meritava l'odio e il disprezzo che, invece, l'Islam rivolgeva ai politeisti. È così che cristiani ed ebrei (ma poi in seguito anche altre fedi non musulmane come lo zoroastrismo) ricevettero tale particolare stato onde cui erano sottoposti ad una tassa di capitazione, la jizya e una fondiaria, la kharadj ma potevano conservare i loro culti e le loro tradizioni.
Quindi l'Islam riconobbe fin da subito un'intrinseca validità e verità nelle altre fedi non pagane, vedendovi, però, delle realizzazioni imperfette del messaggio di Dio, il cui unico e vero interprete era, appunto, l'Islam stesso. Ciò non toglie che l'apporto culturale e conoscitivo dei dhimmi rimase apprezzato per secoli se, come scrive Giorgio Vercellin "durante il califfato umayyade o all'inizio di quello abbaside o nel primo impero ottomano o nell'India dei Moghul i non musulmani costituirono i gruppi numericamente, culturalmente ed economicamente predominanti".
Se, quindi, nel mondo musulmano la fede cristiana ricevette protezione e garanzia dei propri diritti, non dobbiamo pensare che, viceversa, in ambito cristiano il credo musulmano sia stato, al contrario, odiato e discriminato, a mano a mano che esso estese le proprie propaggini nella Penisola Iberica fino in terra franca. Ad esempio, né Carlo Magno né Pipino il Breve disdegnavano di scambiare ambascerie con i califfi abbasidi di Baghdad (da cui Carlo ricevette in dono il famoso elefantino Abul-Abbas tra le altre cose), e "nessun pregiudizio sembra essere affiorato da alcuna delle due parti" quando nel 777 il wali musulmano di Barcellona, Gerona e Saragozza fece visita a Carlo Magno a Paderborn chiedendogli aiuto militare contro l'emiro di Cordoba in cambio di numerose città spagnole, spingendo il re dei Franchi ad accorrere in suo aiuto. Dall'VIII secolo in poi i raid dei pirati musulmani travagliano un po' tutte le coste mediterranee europee nonché i relativi entroterra.
Minacciose basi musulmane sono installate a Fraxinetum, Provenza, a Garigliano, Bari, Taranto, in sud Italia (solo per citarne alcune), alle volte sono città o signori cristiani a chiamare da sé tali predoni musulmani, illudendosi di potersene servire ai propri fini politici. Inoltre Cardini fa notare come tale situazione critica non abbia privato entrambe le parti dal dedicarsi ad una discreta attività commerciale reciproca se, metà IX secolo, Ibn Khurdnadhbah parlava di mercanti occidentali, definendoli "radaniti", e delle merci da loro portate in Oriente (schiavi, armi, pellicce). È in tale epoca con ogni probabilità che vengono poste solide basi per un'amicizia commerciale tra Venezia e l'Egitto che avrebbe superato intatta anche l'epoca crociata, a riprova del fatto che la guerra con le realtà musulmane non precluse mai rapporti di buon vicinato; con esso si è parlato di realtà musulmane perché, nonostante la percezione di minacciosa unità che i cristiani avevano dei territori islamici, essi, soprattutto sotto gli Abbasidi, si frazionarono in una serie di entità politiche autonome e a loro volta, spesso, dilaniante da conflitti interin. Una di esse fu l'emirato di Cordoba, poi califfo nel 929, retto da alcuni membri rimanenti della famiglia Umayyade; tale emirato, vero e proprio faro di cultura e sapere, riconobbe fin da subito ai cristiani sottomessi lo status di dhimmi, in particolare, essi presero il nome di mozarabi, cristiani per fede ma arabi per lingua e stile di vita; a riprova della loro sostanziale fedeltà al governo musulmano e apprezzamento della sua protezione, vi è l'episodio dei "martiri di Corba" dell'850; in tale anno, infatti, una cinquantina di cristiani, animati da credenze millenaristiche della fine dei tempi e in spregio ai divieti musulmani di predicazione di altre fedi, diffondono ostinatamente la fede cristiana ma dopo alcuni avvertimenti vengono messi al rogo; in tale occasione il clero cristiano mozarabo né condannò e non supportò l'operato, come si potrebbe pensare. [...]
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L'Impero di fronte alla croce. Analisi del significato che ebbe la crux transmarina per l'imperatore Federico II
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Informazioni tesi
Autore: | Giulia Mazzaschi |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2013-14 |
Università: | Università degli Studi Ca' Foscari di Venezia |
Facoltà: | Dipartimento di studi umanistici |
Corso: | Scienze storiche |
Relatore: | Annamaria Rapetti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 95 |
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