Spunti per uno studio della politica della Federazione Russa nell'area del Mar Nero
Il triangolo energetico e le crisi del gas
Durante il periodo sovietico, la Russia forniva il gas alle altre Repubbliche dell'Unione a bassissimo costo. Questo gas veniva usato per l'industria, per gli impianti di riscaldamento, per il carburante. Quando l'Unione Sovietica crollò, il Consiglio per la mutua Assistenza Economica o COMECON, che si occupava della cooperazione economica fra gli stati membri, cessò di esistere, ma i nuovi stati continuarono a beneficiare del gas e del petrolio russo a buon mercato. Nella prima fase post-sovietica dunque, la Russia pur di attuare una politica che tenesse insieme i paesi aderenti alla CSI mantenne i prezzi bassi; quando nel 2000 Putin diventò presidente, cambiò anche la politica della Russia, che potendo contare su un'economia in ripresa decise di commercializzare il rapporto con gli altri paesi.
Le relazioni energetiche con paesi appartenenti all'ex Unione Sovietica che hanno generato più problemi a Mosca sono quelle con l'Ucraina e la Bielorussia (ed in misura minore la Moldavia): ciò non solo perché questi paesi sono dipendenti da Mosca per l'approvvigionamento energetico, ma sopratutto perché si trovano in una posizione geograficamente rilevante tra la Russia e l'Europa. Diventano quindi paesi di transito per le condutture di oleodotti e gasdotti. Con il potenziamento economico, la Russia attraverso Gazprom, la compagnia russa che si occupa pressapoco dell'intero mercato del petrolio e del gas russo, alzò il prezzo per le sue risorse energetiche. Durante la fase post sovietica l'Ucraina e la Bielorussia iniziarono ad accumulare un debito nel pagamento dell'approvvigionamento del gas: le economie dei due paesi erano ancora in costruzione, il bilancio dello stato in negativo, ma il fabbisogno di energia costante.
La Russia agì nei riguardi di questi due stati attuando due strategie: una Pricing Policy ossia una politica del prezzo, attraverso restrizioni delle forniture o blocco totale del flusso o ancora minaccia di queste; una Debt Management Solutions, concordando via via soluzioni per ripagare il debito. Gli stati di transito avevano due possibili reazioni: sfruttare il transito nei loro territori come potere contrattuale per ottenere sconti, cancellazioni parziali del debito o vantaggi simili; o usare le tariffe del transito per la negoziazione. Nel periodo post-sovietico la Russia cercò di mantenere una sostanziale unità fra gli stati ex sovietici proprio per la necessità di assicurare il transito attraverso questi stati o per mantenere vicini alleati strategicamente importanti come l'Azerbaijan ed il Kazakhstan con i loro giacimenti e per farlo istituì una serie di organizzazioni regionali economiche, gestite dalla Russia stessa: si inseriscono in questo contesto la Comunità Economica Euroasiatica, che riunisce Turkmenistan, Kazakhstan, Kyrgyzistan, Bielorussia e Russia; lo Spazio Economico Comune, che comprende Kazakhstan, Bielorussia e Russia e mira alla creazione di un mercato unico. Gli accordi per le tariffe di transito e per il costo del gas venivano fissati attraverso degli accordi bilaterali negoziati anno per anno.
Questo meccanismo, tutt'ora valido, rende possibile il fallimento della negoziazione e al verificarsi di questa possibilità o allo scoppio di un conflitto anche politico fra la Russia e uno degli stati coinvolti, si produce una crisi. Gazprom deve affrontare due tipologie di problemi, cioè i debiti accumulatisi dal mancato pagamento delle tariffe da parte degli stati e contese non energetiche che finiscono per influire sulla negoziazione del contratto. La vulnerabilità della compagnia dipende principalmente dai debiti e da un evento ad essi collegato, ossia l'uso non autorizzato del gas russo verso l'Europa: quando Gazprom diminuisce il flusso di gas verso un paese di transito, per motivi legati ad esempio ad un debito troppo elevato, deve comunque assicurare il gas destinato ai consumatori europei, così ne consente il passaggio di una determinata quantità.
Ma nel corso degli anni si sono verificati situazioni in cui sia in Ucraina che in Bielorussia si sono riscontrati dei furti, riconosciuti o smentiti dal governo del paese coinvolto, del gas «europeo». Gazprom ha tentato di ridurre la propria vulnerabilità tentando di acquisire il controllo delle reti di transito, o meglio delle compagnie che le gestiscono: attualmente possiede il 50% di RosUkrEnergo che gestisce il gas ucraino; nel 2011 ha acquisito la Beltransgaz, compagnia bielorussa che si occupa del trasporto del gas in tutto il paese; e possiede il 50% della Moldovagaz, l'equivalente moldavo delle compagnie citate.
La relazione energetica tra Ucraina e Russia è molto complessa. Durante il periodo sovietico, in particolare negli anni '50, l'Ucraina estraeva gas principalmente dalla regione precarpatica. Le riserve naturali si esaurirono progressivamente ed attualmente il paese produce circa 18-20 bmc (billion cubic metres) annuali per un fabbisogno interno di 70-80 bcm. Inoltre l'80% del gas destinato ai paesi europei, passa attraverso l'Ucraina. I problemi fra i due paesi sono quelli già menzionati: l'accumulazione del debito, gli episodi di furto, ma anche la pressione politica che Mosca ha esercitato su Kiev, sfruttandone la dipendenza energetica al fine di influenzare la politica interna del paese.
Per gestire il rapporto tra Gazprom e Neftogaz, la compagnia nazionale ucraina che si occupa del petrolio e del gas, Mosca ha usato due tattiche, consistenti nell'incoraggiare il Turkmenistan a vendere gas all'Ucraina cosicché Mosca potesse avere una maggiore quantità da vendere agli europei; acquisire il controllo delle intermediarie che gestiscono il trasporto di gas in Ucraina: ITERA fino al 1998, EuralTrans Gas fino al 2003 e l'attuale RosUkrEnergo. Nel 2004 Gazprom decise di commercializzare il rapporto con i paesi della CSI e dunque di voler loro estendere i prezzi europei (cioè il netback, ossia i prezzi europei meno i costi di trasporto). Questa decisione dette il via alla prima grande crisi energetica tra i due paesi, avvenuta nel 2006.
La Bielorussia è totalmente dipendente dalla Russia per il proprio fabbisogno di gas e fin dal crollo dell'Unione Sovietica si è sempre rivolta a Gazprom per l'approvvigionamento del 60-70% del gas, e per il resto a compagnie russe indipendenti. Nel 1995 tra i due paesi ed il Kazakhstan erano stati stipulati due accordi, il Trattato sull'Unione Doganale ed il Trattato sullo Spazio Economico Comune che prevedevano l'abolizione dei dazi doganali fra i paesi membri, rendendo possibile per Minsk acquistare le merci allo stesso prezzo dei consumatori interni russi. Sul versante energetico venne stipulato un Accordo Intergovernativo tra Russia e Bielorussia che stabiliva la privatizzazione della Beltransgaz, che per il 50% veniva acquisita dalla stessa Gazprom: a queste condizioni il gas avrebbe continuato a fluire in Bielorussia al prezzo dei consumatori russi. Nel settembre 2002 però, Aleksandr Lukashenko, presidente della Bielorussia, inserì la compagnia nella lista strategica delle aziende non privatizzabili: alla notizia Mosca minacciò di tagliare le forniture di gas e di aumentarne il prezzo; la minaccia sortì l'effetto voluto e la Beltransgaz venne depennata dalla lista divenendo una società per azioni. Si aprì la trattativa sul prezzo: laddove Gazprom offriva tra i 500 e i 600 milioni di dollari per acquisire il resto della compagnia, la Bielorussia chiedeva almeno 5 o 6 miliardi. Gazprom minacciò di tagliare le forniture, ma Minsk non cedette e quando la minaccia fu attuata iniziò a prendere parte del gas che fluiva sul Yamal-Europe, gas esclusivamente destinato ai paesi europei. Dopo una contrattazione durata più di sei mesi, la Bielorussia e Gazprom riuscirono a stipulare un contratto valido per due anni. La crisi riesplose con la già menzionata nuova politica del prezzo attuata dalla Gazprom dopo il 2006.
Insieme ad Ucraina e Bielorussia, il terzo paese di transito più importante per la Russia è la Moldavia. Anche la Moldavia è fortemente dipendente dal gas russo, in quanto produce solo il 3% del gas di cui necessita. Gazprom non è l'unica compagnia che rifornisce il paese, ma possiede il 50% della MoldovaGaz, la società che gestisce il transito di gas in tutta la Moldavia. Il 36.6% delle azioni sono possedute dal governo della Moldavia, mentre il restante 14.4 % è posseduto dall'autorità della regione autonoma della Transnistria. Questa cornice è di per sé esplicativa della delicata situazione in cui si trova il governo moldavo: nonostante i 16 bcm di gas russo che fluiscono verso l'Europa ogni anno, il potere contrattuale del paese è molto basso.
Nel 2010 la Moldavia è entrata a far parte della Comunità dell'Energia, una comunità fondata nel 2006 dall'Unione Europea con alcuni paesi terzi allo scopo di estendere il mercato energetico interno. La membership implica l'implementazione di buona parte dell'acquis comunitario inerente alla liberalizzazione del mercato: contro questa eventualità Gazprom ha proposto la formulazione di un nuovo contratto con la Moldavia, proponendo di ridurre l'attuale prezzo di 400$ per 1000 metri cubi a condizione che la Moldavia esca dalla Comunità energetica. Al momento, Chisinau ha acconsentito a procrastinare l'implementazione dell'acquis di qualche anno per avere margine di manovra nella contrattazione con Gazprom.
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Informazioni tesi
Autore: | Ilenia Maria Calafiore |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2013-14 |
Università: | Università degli Studi di Pisa |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Relazioni internazionali |
Relatore: | Maurizio Vernassa |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 136 |
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