A pulsao mais negra - una proposta di traduzione e di indagine ferencziana del romanzo ''A Paixao segundo Constança H.'' di Maria Teresa Horta
Ema, Cristina, Constança: la follia, fiume in piena nella narrativa hortiana degli anni '80 e '90
«Perguntei um dia a Marguerite Duras se a criança era louca e ela respondeu-me: "Não. A mulher, sim, é a loucura." Loucura essa que em si mesma desafia, salva e condena. Génese feminina, matricial e inalcançável, que a sociedade – porque lhe escapa, a perturba, a desordena –, sempre condena e castiga. E por isso mesmo a amordaça, a fez arder em fogueiras, ou ainda hoje interna em hospitais psiquiátricos. Como aconteceu, por exemplo, às escritoras Emma Santos, Sylvia Plath, Janet Frame, Violette Leduc, Zelda Fitzgerald, à escultora Camille Claudel, à feminista Kate Millett. A relação mulherloucura não sou eu que a invento, a sociedade é que tem vindo a relacioná-las, usando a loucura como pretexto para manietar a mulher, sempre que ela se ergue igual a si mesma e por isso diversa; recusando cumprir estereótipos, negando-se a repetir papeis ancestrais que a diminui, a ensombra e desfigura, preferindo expor a sua diferença e dessa maneira fragilizando-se.»
Quello della follia è un tema estremamente caro a Maria Teresa Horta; la forma di pazzia a cui si interessa e su cui sono incentrati i romanzi scritti tra gli anni Ottanta e Novanta è quella "femminile" che la scrittrice individua come lo sviluppo di determinati condizionamenti della società, nonché il panno con cui rivestire ciò che potrebbe essere semplicemente considerato come diversità, in modo da allontanare (attraverso la reclusione) l'elemento disturbatore dalla società stessa (quello che Maria Teresa Horta convoca è un linguaggio prettamente femminile, contemporaneamente di difesa e rivendicazione della diversità, che si afferma per negazione del discorso dominante, quello del potere, quasi sempre maschile, mettendolo così in crisi). Spingendosi ancora oltre, afferma che questo "principio della follia" è un qualcosa che viene trasmesso, tramandato, da madre a figlia, di generazione in generazione di donne sottomesse, che desiderano essere diverse ma che restano represse, non conoscendo la propria identità.
È chiaro che nel pensiero di Horta il conoscersi a fondo, il comprendere in maniera esplicita i segreti connessi al femminile (dal principio di maternità alla mestruazione), nonché la propria sessualità, e il riconoscere la legittimità del proprio piacere, è una strada che conduce alla liberazione, nel senso più profondo del termine. Uscire dagli schemi imposti, a livello sociale, culturale e gerarchico dal sistema di pensiero patriarcale e maschilista dominante, rappresenta il modo per affermare la propria uguaglianza (naturalmente, nella differenza) e non sprofondare nella follia. D'altro canto è anche evidente la denuncia verso l'atteggiamento repressivo che, nel corso della storia, ha condannato proprio come folli le donne che si impegnarono esattamente in questa direzione.
L'argomento è molto cupo, e non trova spazio nella poesia di Maria Teresa Horta: come lei stessa dichiara, la sua prosa rappresenta il suo lato oscuro, laddove la sua poesia è invece chiara, limpida e vitale. Ed è proprio in questo lato nero che emergono elementi come la morte, la follia, l'omicidio, la violenza, l'odio, l'abbandono...
È interessante constatare che diverse decine di anni prima, Sándor Ferenczi, di cui ci occuperemo più approfonditamente nel capitolo successivo – insieme a Freud uno dei padri fondatori della psicanalisi, ma al contrario del collega a lungo dimenticato dagli psicoanalisti stessi – avesse fatto cenno a riflessioni dello stesso tipo, all'interno di una teoria della sessualità che, seppur piena di contraddizioni interne, presenta anche un innovativo punto di vista definibile, sotto alcuni aspetti, "femminista".
Come notano Gasparino e Genoves, nell'articolo "Lo spirito femminista di Sándor Ferenczi", infatti, nei suoi scritti si possono riscontrare sia atteggiamenti ostili nei confronti della donna, sia una identificazione empatica con il femminile. I due autori si soffermano in particolar modo su un articolo del 1908, dal titolo "Il significato dell'eiaculazione precoce", in cui Ferenczi analizza questa disfunzione della sessualità sotto dei punti di vista completamente innovativi.
I due temi fondamentali sono gli effetti dell'eiaculazione precoce sulla donna, e il condizionamento sociale (e culturale) della sessualità femminile; il concetto che Ferenczi conia è quello di "eiaculazione precoce relativa", disfunzione provocata dalla permanenza del regime patriarcale. La relatività dell'eiaculazione precoce si collega all'anestesia sessuale della donna, a sua volta condizionata da un ideale femminile creato dal regime patriarcale stesso. La donna è sessualmente anestetizzata, nel senso che per tutta la vita è tenuta lontana da una qualsiasi vita sessuale, sia reale che mentale, a cui solo gli uomini avrebbero diritto, mentre il modello di femminilità creato dal sistema di pensiero e fatto adottare alle donne non prevede una sincera ammissione di desideri libidinosi o manifestazioni sessuali da parte loro.
La soggettività femminile si plasma dunque attraverso la sottomissione a tali principi etici e con la loro incorporazione, a causa di cui la donna finisce per provare un senso di rifiuto verso la propria sessualità. Tuttavia, osserva Ferenczi, gli sforzi fatti per rinnegare i propri istinti non sono sufficienti: le regole morali non bastano per metterli a tacere, tanto che la donna è costretta a sfogarli tramite sintomi nevrotici.
Ferenczi definisce questa condizione un martirio per la donna, in cui vive la lotta tra il rispetto di se stessa e i propri impulsi sessuali insoddisfatti. È da questa condizione che si genera l'isteria femminile, e Ferenczi arriva ad affermare che, per sconfiggerla e per ottenere la parità tra i sessi, la donna dovrebbe rivendicare non tanto il diritto di voto, quanto piuttosto il diritto alla scelta sessuale. Possiamo dunque azzardarci a dire che Maria Teresa Horta e Ferenczi (approfondiremo quest'accostamento nel capitolo successivo) siano concordi nel riconoscere una matrice di tipo culturale e sociale alla "follia femminile".
Vorremmo osservare, tuttavia, fin da subito, che nella produzione letteraria dell'autrice si possono individuare due diverse categorie di disturbo mentale, quasi inestricabilmente intrecciate tra loro eppure diverse; da una parte possiamo parlare di una follia attribuita dal mondo esterno, che si accanisce contro comportamenti giudicati fuori dalla norma (per esempio, in A Paixão Segundo Constança H., l'amore adultero della madre della protagonista, o certe eccentricità di Constança), mentre dall'altra parte riconosciamo una forma di follia reale, l'isteria che nella donna si sviluppa a causa di un conflitto interiore, tra la propria individualità (fatta di scelte personali, preferenze, inclinazioni sessuali) e le imposizioni sociali e culturali repressive.
Chiaramente, è facile che la prima sia un preludio della seconda (perfettamente in linea con le teorie ferencziane di cui si è precedentemente parlato), in un'escalation di divieti, punizioni, obblighi ed umiliazioni che, alla fine, conducono ad una sorta di "punto di non ritorno", a seguito del quale la follia supera la diga protettiva della ragione, allagando con la sua forza bruta e nociva il corpo e la mente della donna. [...]
Questo brano è tratto dalla tesi:
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Informazioni tesi
Autore: | Gaia Bettinelli |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2012-13 |
Università: | Università degli Studi di Torino |
Facoltà: | Lingue e Letterature Straniere Moderne |
Corso: | Traduzione e Interpretazione |
Relatore: | António Fournier |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 254 |
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