Emiplegico in riabilitazione. Ricerca delle attività riabilitative dell'infermiere
Riabilitazione sociale alla dimissione
Essendo il trattamento riabilitativo un processo educativo, gli obiettivi andrebbero fissati e condivisi con il paziente e con il familiare. Sin dai primi giorni di ricovero vanno identificate le persone più vicine all'utente, proprio in vista di una loro responsabilizzazione e coinvolgimento nel progetto riabilitativo.
All'utente verrà spiegato sin dall'inizio che il suo obiettivo generale dovrebbe essere l'autonomia.
Qualora le disabilità non siano particolarmente gravi e l'età non avanzata, l'obiettivo a lungo termine sarà il reinserimento della persona assistita in famiglia e nella vita lavorativa. Il rientro al domicilio, dopo un periodo di ospedalizzazione per una patologia che ha dato esito ad una disabilità importante, quale l’emiplegia, è un momento molto delicato per il paziente e i suoi familiari. Oltre alle problematiche di natura psicologica legate all’accettazione della nuova condizione, il paziente si trova a dover affrontare problemi nell’ambito delle attività di vita quotidiana e di molte altre attività funzionali. E’ quindi necessario intervenire con ausili, adeguamenti e soluzioni che permettano al soggetto emiplegico di riorganizzare la propria vita e i propri spazi all’interno dell’ambiente familiare e sociale. La riabilitazione è un processo complesso che ha lo scopo di promuovere nel paziente emiplegico e nella sua famiglia la migliore qualità di vita possibile.
L’infermiere con azioni dirette e indirette si occupa dell’individuo nella sua globalità fisica, mentale, affettiva, comunicativa e relazionale, coinvolgendo il suo contesto familiare, sociale e ambientale. Si realizza attraverso la definizione del progetto riabilitativo e dei programmi terapeutici nell’ambito della rieducazione, dell’assistenza e dell’educazione.
La definizione degli obiettivi riabilitativi perseguibili deriva da una valutazione qualitativa e quantitativa del profilo delle competenze, in una mediazione che costituisce la sfida di ogni trattamento riabilitativo. L’individuazione delle caratteristiche delle funzioni, dei punti di forza, delle strategie da rinforzare, degli stimoli da fornire e del percorso da seguire, dei compensi e del livello di collaborazione porta alla definizione dei contenuti, delle modalità (tipologia di trattamento, frequenza, ecc…) e della durata del progetto di riabilitazione. Infine, poiché l’emiplegia ê una patologia cronica particolarmente invalidante, oltre alla riabilitazione è importante offrire al paziente e ai familiari un sostegno psicologico con caratteristiche che potranno cambiare nel corso del tempo e in base alle variazioni del quadro clinico. Bisogna promuovere il permanere della persona non autosufficiente al proprio domicilio, come la modalità assistenziale più appropriata, sia per contrastare il rischio di istituzionalizzazione sia per garantire alle persone non autosufficienti una migliore qualità della vita. I servizi proposti alle famiglie sono focalizzati su due linee di intervento: da una parte la diversificazione dell’offerta dei servizi disponibili, che peraltro attribuisce un maggior potere d’acquisto alle famiglie sotto forma di indennità e prestazioni di cure continue, assegni di cura, voucher; dall’altra la realizzazione di interventi di accompagnamento e di consulenza all’uso dei servizi e alla gestione quotidiana del familiare non autosufficiente.
Quindi, la famiglia è considerata come il luogo ideale per la cura dei suoi componenti, in particolare dell’anziano, perché, in essa, si può sentire maggiormente stimolato e, a livello affettivo, più protetto. In ospedale o in istituto, infatti, l’anziano avverte la mancanza di “riconoscimento” da parte degli altri: si sente uno tra tanti, privo di identità, dubita del senso della propria esistenza. Tuttavia, perchè il recupero continui a domicilio, si deve verificare se la famiglia assisterà con abilità il paziente a casa. Ciò implica che i familiari devono essere consapevoli del gravoso onere a cui vanno incontro, anche in termini di competenze. Nella realtà odierna occorre fare i conti con la restrizione degli spazi abitativi, le esigenze di lavoro fuori casa dei congiunti, l’impreparazione psicologica a fronteggiare situazioni complesse.. Vari sono i motivi che inducono a guardare con grande attenzione al ruolo che ha oggi la famiglia; di seguito vengono sottolineati alcuni punti sia riguardanti lo scenario nel quale ci muoviamo sia alcune possibili risposte per rendere sempre più preparata, capace e sicura di sé la famiglia stessa nel momento in cui ci si trova ad affrontare la difficile realtà dell’assistenza ad un anziano ammalato.
La riabilitazione è un cammino, spesso lungo e faticoso ove spesso non si vede la meta finale. Si tratta di un percorso che presuppone la relazionalità (in termini di collaborazione, fiducia, solidarietà ed aiuto) tra tutti coloro che iniziano ad intraprendere il cammino: la persona con disabilità, il medico, l’infemiere, i terapisti della riabilitazione, la famiglia.. E’ indispensabile l’infermiere nella riabilitazione aiuta la persona con disabilità e la famiglia ad accettare le proprie condizioni, a comprendere che la salute non è pieno benessere fisico, psichico, sociale ma un equilibrio dinamico in grado di adattarsi alle diverse situazioni, ad accettare il limite e a riorganizzare la propria quotidianità e relazionalità con gli altri proprio sulla base di una presa di coscienza consapevole (che non sia né rimozione inconsapevole né rassegnata accettazione) del limite.
La persona con disabilità va anche aiutata ad accettare l’eventuale impossibilità di recuperare la condizione originaria di piena funzionalità, motivandola ad intraprendere il percorso riabilitativo ed evitando, da una parte, di dare garanzie affrettate di sicuro successo e, dall’altra, di reprimere le speranze di miglioramento laddove ve ne siano le condizioni obiettive. In questo contesto il ruolo del professionista nella riabilitazione non è unicamente tecnico: non si tratta solo di ripristinare l’uso di una funzione di un arto, di un organo o di una capacità, ma anche di instaurare un costante rapporto umano con la persona con disabilità in condizioni di vulnerabilità e fragilità. La riabilitazione non è un intervento che la persona subisce passivamente, cn un intervento, ma prevede un'interazione attiva di entrambe le parti: l’infermiere che opera e la persona con disabilità che partecipa attivamente. Il sostegno psicologico ed umano, oltre l’intervento funzionale, diviene indispensabile per evitare il senso di sconforto o di fallimento che può portare a regressioni ed impedire il progresso riabilitativo: l’obiettivo deve essere quello di convogliare le forze per il recupero e la valorizzazione di sé compito a cui, spesso, la persona con disabilità non si sente preparata. La persona deve avvertire che gli altri sono in grado di accoglierlo anche con le disabilità.
La non piena capacità di estrinsecazione dell’efficienza e dell’autonomia non devono compromettere, sul piano umano, le relazioni interpersonali: la famiglia rimane sempre il luogo principale ove la persona con disabilità può maturare, interiormente e progressivamente, questa consapevolezza. Importante è, infine, il ruolo della società. Il progetto riabilitativo si completa con l’inserimento della persona nella società: ê indispensabile promuovere una cultura sociale che sappia accogliere e che sappia ripensare il valore dell’uomo oltre l’accidentalità psico-fisica. L’inserimento e l’integrazione ê da intendersi ad un duplice livello: a livello empirico (abbattendo le barriere architettoniche, ritenendo eticamente giustificata ogni spesa che sappia ridare speranza a chi soffre) e a livello umano (abbattendo le barriere della mente e i pregiudizi).
Non è, allora, sufficiente un intervento statale burocratico (offrendo opportunità di cura o ausili), ma è assolutamente indispensabile anche un investimento umano e un impegno comunitario, affinché si evitino forme di solitudine e di emarginazione e si guardi alle capacità di ciascuno come ad una ricchezza, una preziosità, un "capitale" umano.
L’impegno etico nel processo riabilitativo:
- della persona con disabilità, il cui impegno dovrebbe essere sorretto da una volontà di realizzazione di valori quali la fiducia nel futuro, la capacità di dare un senso alle abilità presenti e alla propria vita;
- del medico e del terapista della riabilitazione, che dovrebbero essere in grado di instaurare un clima di collaborazione e fiducia, il quale ha un ruolo determinante sul processo riabilitativo;
- della famiglia, che dovrebbe essere la prima struttura sociale coinvolta nel cammino riabilitativo;
Questo brano è tratto dalla tesi:
Emiplegico in riabilitazione. Ricerca delle attività riabilitative dell'infermiere
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Informazioni tesi
Autore: | Daniela Martino |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi di Roma Tor Vergata |
Facoltà: | Scienze Infermieristiche |
Corso: | Biotecnologie mediche |
Relatore: | Nicola Barbato |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 135 |
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