Verso una disciplina internazionale delle risorse idriche
La privatizzazione dell'acqua come soluzione secondo la Banca Mondiale
La Banca Mondiale, come il FMI, in una prospettiva molto liberale, ha per molto tempo considerato la privatizzazione un'ottima soluzione esistente in tanti settori. Ne è la prova la creazione nel 1956 della Società Finanziaria Internazionale, creata con il mandato per favorire lo sviluppo del settore privato e quindi il flusso di capitali privati nei PVS (paesi in via di sviluppo), concedendo prestiti direttamente alle imprese che vanno a investire lì, e dandole consigli. Più recentemente, si nota ancora questa prospettiva nella Strategia per lo Sviluppo del Settore Privato (PSDS) del 2002, con la quale si cerca di favorire il clima degli investimenti, tra l'altro con le partnership pubbliche-private nelle cui il servizio è assicurato dal settore privato, ma finanziato dal settore pubblico, con lo scopo di ottenere una più grande efficacia, e dei prezzi più bassi.
La Banca Mondiale ha quindi voluto adattare questa strategia delle privatizzazioni all'ambito più problematico dell'acqua. Infatti, l'idea di privatizzare l'acqua è stata fin dall'inizio una reazione diretta all'evidente insufficienza dell'azione degli Stati in via di sviluppo nel settore, in cui il servizio pubblico dell'acqua non permetteva adeguate prestazioni. Poi, per migliorare le infrastrutture esistenti e crearne delle nuove, servono tanti fondi, e gli Stati più poveri del mondo non hanno la capacità di finanziare tali investimenti, anche malgrado i prestiti erogati dalla BIRS e dall'IDA. Il settore privato è sembrato quindi alla Banca Mondiale l'unico capace di procurare abbastanza soldi per permettere un maggiore e migliore accesso all'acqua ed ai servizi igienici nel mondo. La Banca Mondiale ha attuato il programma per l'acqua e il risanamento. [«water and sanitation program» https://www.wsp.org/wsp/]
• La moltiplicazione delle critiche nei confronti di tale strategia
La privatizzazione dell'acqua è subito stata assimilata al fare dell'acqua un bene commerciabile, in contraddizione con l'acqua come diritto umano. Infatti, per natura, le imprese a cui viene concesso il compito di gestire l'acqua e il risanamento delle acque s'incaricano allo scopo di trarne profitti, commerciandola. È proprio nella natura delle imprese di fatturare i beni o i servizi, l'acqua gestita da tali enti diventa quindi un bene che si compra, con un prezzo fissato più o meno dall'azienda. Poi, il settore dell'acqua necessita importanti investimenti all'inizio, per profitti, le imprese nella maggior parte dei casi, aumentano subito il prezzo dell'acqua. Nei paesi in via di sviluppo, un prezzo alto dell'acqua ne impedisce l'uso da gran parte della popolazione. Poi, le imprese cercano pure di ridurre i costi, spesso grazie a dei licenziamenti e il costo sociale delle privatizzazioni viene anche molto criticato.
Si mette in discussione anche l'idea che ha la Banca Mondiale di una maggiore efficienza del settore privato. Infatti, per quello che riguarda le zone rurali, neanche le imprese hanno buoni risultati nell'estendere le reti di trasporto dell'acqua fino ad esse, visto che conoscono in anticipo che non potranno trarre nessun beneficio, perché la popolazione non è abbastanza importante, e che i costi per arrivarci sono troppo alti. Alla fine, quello che succedeva con il servizio pubblico, cioè che popolazioni svantaggiate non avevano accesso all'acqua, continua col settore privato, che spesso non prende rischi con popolazioni che avranno la possibilità di pagare l'acqua. Neanche nel campo della qualità dell'acqua si notano reali progressi con la privatizzazione.
Infine, il fatto che la privatizzazione dell'acqua approfitti nella maggior parte dei casi di grandi multinazionali in situazioni di oligopolio è mol-to criticato. Effettivamente, le due più grandi imprese nel settore dell'acqua sono le francesi Suez Lyonnaise des Eaux e Vivendi, dove ognuna trae dieci miliardi di dollari dall'acqua, dai servizi legati all'acqua e dal risanamento delle acque. Insieme, forniscono dell'acqua a più di duecento milioni di persone in più di centoventi Stati. [C. Runyan, Essai: Privatisation de l'Eau, «l'état de la planète magasine», n°7, 2003.]
Il Forum Alternativo Mondiale dell'Acqua, tenutosi nello stesso periodo del Forum Mondiale dell'Acqua, nel marzo del 2012 a Marsiglia, è stato creato appunto per denunciare l'influenza enorme che hanno acquisito le grandi multinazionali dell'acqua sulle decisioni pubbliche a livello mondiale in tale ambito.
La Banca Mondiale nello scopo di aggiungere una dimensione umanitaria per lo sviluppo si è quindi preoccupata dell'ambito dell'acqua per un miglior rispetto del diritto internazionale che si è evoluto in questa materia. Si è allora elaborata una strategia di privatizzazione della gestione dell'acqua che però rimane molto controversa, e che non è ancora arrivata a grandi risultati. Infatti, un gran numero di progetti di privatizzazione sono finiti con una rottura prematura del contratto, come nel caso che analizzeremo nella nostra seconda parte.
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Verso una disciplina internazionale delle risorse idriche
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Informazioni tesi
Autore: | Camille Salaun |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi di Torino |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze Internazionali, dello sviluppo e della cooperazione |
Relatore: | Porro Giuseppe |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 66 |
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