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Quando l'umorismo ci aiuta a vivere: la forza della resilienza

Lo psicologo all’interno della Giustizia minorile

L’esigenza della presenza di uno psicologo nell’iter giudiziario minorile si è andato sempre più affermando a partire dall’istituzione del Tribunale per i minorenni, quando venne esplicitata la necessità di affiancare ad un giudice togato un giudice esperto. Nel 1956, i giudici esperti diventeranno due e, inoltre, gli psicologi iniziarono a lavorare negli istituti e nei centri per i minorenni, effettuando interventi sostanzialmente in due aree:

- l’area diagnostica e prognostica ai fini dell’imputabilità e della pericolosità sociale;
- l’area conoscitiva e di intervento sia in sede processuale che in fase di esecuzione della pena.

All’interno della realtà dei servizi della Giustizia minorile, gli psicologi costituiscono una categoria al limite fra due visioni diverse del reo: da un lato quella della giustizia che punisce e tutela la comunità; dall’altro quella sociale che giustifica i comportamenti devianti sulla base dell’insieme di concause che lo hanno determinato. Così, il ruolo dello psicologo è quello di tutelare e promuovere la libertà individuale senza giudicarla, in quanto espressione della coscienza personale, rischiando così di andare contro le norme sociali proprie della struttura in cui opera e, al contempo, è anche quello di rappresentante della norma sociale condivisa dalla maggioranza, verso la quale condurre la persona, rischiando perciò di andare contro l’individuo.

Lo psicologo si trova così a dover fare i conti da una parte con le richieste del sistema, esigente e controllante, e dall’altra con le scelte del singolo individuo. Inoltre, egli si trova ad effettuare un confronto continuo tra le categorie giuridiche, che sono categorie convenzionali e modificabili in funzione di specifici fini regolamentativi; e le categorie psicologiche, che consistono in costrutti che evolvono coerentemente con l’evoluzione degli studi scientifici. Le difficoltà emergono, soprattutto sul piano pratico, nei termini della ricerca di una corrispondenza, quando il mondo del diritto interroga quello psicologico utilizzando categorie a quest’ultimo estranee.

Nel contesto del diritto penale minorile, ad esempio, uno dei quesiti più frequentemente posti allo psicologo è se il minore, al momento dei fatti, fosse “capace di intendere e di volere”, poiché è a tale capacità che viene ricondotta l’imputabilità del minore e quindi la possibilità che lo stesso venga sottoposto a giudizio. Una categoria, quella della capacità di intendere e di volere, che non ha correlati diretti di ordine psicologico.

Questi ultimi vanno, piuttosto, costruiti attraverso l’individuazione di categorie scientifiche in grado di interpretare e comporre, in termini psicologici, i significati indicati dalla norma. Lo psicologo che opera in contesti giuridici deve operare costantemente una traduzione funzionale operativa tra le categorie giuridiche e quelle psicologiche, mantenendo una consapevolezza riguardo la loro diversità di base. Per potere rispondere ai quesiti del giudice o delle parti, lo psicologo deve chiedersi quali, fra le conoscenze di cui è in possesso, possono sostenere, e fino a che punto, le categorie giuridiche espresse nei quesiti (De Leo e Patrizi, 2002).

Per limitare al massimo i contrasti di intenzioni e di obiettivi tra le dimensioni di controllo e di aiuto, è necessario che nella sua formazione, lo psicologo penitenziario curi alcuni aspetti particolari, quali:

- la continuità terapeutica, intesa sia come accompagnamento del soggetto dall’inizio alla fine del percorso giudiziario e penitenziario, che come omogeneità e coerenza di intervento e di obiettivi da parte di tutti gli operatori;
- la costituzione di una relazione entro cui lo psicologo assuma il compito specifico di facilitatore della comunicazione all’interno dell’équipe, attraverso la costituzione di occasioni di incontro e di dialogo tese ad individuare gli ostacoli alla strutturazione di un lavoro sereno e proficuo che non scada in fenomeni di sofferenza, chiusura e, nei casi più gravi, nel burnout.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Quando l'umorismo ci aiuta a vivere: la forza della resilienza

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Informazioni tesi

  Autore: Alberto Polito
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi di Messina
  Facoltà: Scienze Cognitive
  Corso: Psicologia
  Relatore: Giuseppa Filippello
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 88

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