I valori del paesaggio: categorie interpretative, tecniche diagnostiche e regole gestionali
Valore identitario e visione utilitaristica del paesaggio
Accanto al paesaggio inteso come landscape le definizioni e le indicazioni fornite dalle più recenti norme in materia di tutela del paesaggio (in primis la Convenzione Europea) impongono la considerazione di un altro concetto che, per quanto astratto e aleatorio, è diventato elemento strutturale degli strumenti di gestione del paesaggio di ultima generazione: l’inscape, quello che viene definito come paesaggio interiore, frutto del legame che sussiste tra un luogo e la personalità, il vissuto di un individuo o di una collettività. La concretezza del paesaggio interiore, ovvero degli aspetti identitari del paesaggio, si evidenzia in definizioni come quella data dalla Convenzione Europea a proposito degli obiettivi della qualità paesaggistica (per non citare la definizione stessa di "paesaggio") che si identificano con "le aspirazioni delle popolazioni per quanto riguarda le caratteristiche paesaggistiche del loro ambiente di vita", o in affermazioni come quella contenuta nell'art. 131 del Codice dei beni culturali e del paesaggio che al comma 2 recita: "La tutela e la valorizzazione del paesaggio salvaguardano i valori che esso esprime quali manifestazioni identitarie percepibili". La Convenzione Europea da valore formale ad una delle interpretazioni più antiche, quasi atavica dell'idea di paesaggio.
La visione identiaria nasce con il concetto stesso di paesaggio e viene poi sviscerata a fondo e reinterpretata come fattore fondamentale nella progettazione degli spazi urbani nello scorso secolo da architetti come Norberg-Shultz e Lynch. L'introduzione della stima del valore identitario come passaggio fondativo dei processi di qualificazione, valorizzazione e quindi di trasformazione del paesaggio, implica il coinvolgimento della popolazione locale all'interno dei processi valutativi prima, di governance poi. Tale approccio è in linea con il cambiamento culturale che negli ultimi anni ha coinvolto la pianificazione territoriale con particolare riferimento agli aspetti paesaggistici, definito da molti come il passaggio dal "paradigma scientifico" al "paradigma sociale", che vede la redazione dei piani di ultima generazione avvicinarsi più ad un processo sociale che a un documento tecnico in cui la selezione delle azioni proposte non deriva esclusivamente da studi specialistici, ma è il frutto di una approfondita e continua operazione di coinvolgimento degli stakeholders locali, in risposta all'esigenza di incorporare in modo sempre più preponderante i principi della sussidiarietà, della condivisione e della sostenibilità.
D'altra parte, anche nella Convenzione Europea del paesaggio non mancano richiami forti al concetto di sviluppo sostenibile, principio che ha ispirato la Convenzione stessa (come esplicitato nel preambolo), e che in tutte le sue accezioni attribuisce un ruolo determinante alla partecipazione ed al coinvolgimento delle comunità locali. Questo cambiamento è particolarmente significativo in paesi come l'Italia dove gli effetti apportati sul territorio dalle popolazioni sono riscontrabili praticamente ovunque e la stratificazione dei diversi aspetti estetici, culturali ed ecologici è talmente complessa da rendere impossibile una catalogazione del paesaggio entro i confini di singoli paradigmi scientifici. Qui, più che altrove è necessario considerare i rapporti tra società e territorio. Indici e parametri tecnici che a volte rischiano di enucleare i singoli oggetti che compongono il paesaggio dal contesto d'insieme, possono guidare il giudizio, ma non sostituirlo, in quanto esso dipende dalla cultura e dalla sensibilità dell'osservatore. A rafforzare il ruolo del valore identitario, c'è il principio, anch'esso affermatosi negli ultimi dieci anni, che il paesaggio è "ovunque" e non più riconducibile alle sole "bellezze naturali" o ad altri siti di eccellenza avulsi dal contesto in cui le comunità vivono la quotidianità. Trascurare quindi i rapporti tra le popolazioni antropiche, le società, che fruiscono del paesaggio e il paesaggio potrebbe portare a consistenti errori di valutazione.
Se da un lato è vero che in ogni comunità coesistono esigenze, valori e obiettivi diversi, talvolta anche conflittuali, in merito all'uso delle risorse territoriali, che vanno riconosciuti e legittimati (Gambino, 1997) e pertanto appare sacrosanto ricercare l'ascolto degli insiders nella valutazione del paesaggio e delle ipotesi trasformative (o conservative) che lo interessano, dall'altro la considerazione e l'integrazione delle aspettative o del giudizio dei locali con altri sistemi analitici presenta alcuni punti di criticità legati principalmente alla conflittualità cui fa rifermento Gambino. Le popolazioni locali sono coinvolte nella stima del valore identitario a prescindere dal tipo e dal livello di istruzione o di cultura personale dei singoli individui. Si potrebbe anzi affermare che esso è l'espressione del patrimonio culturale sociale medio di una comunità ed è fortemente condizionato dal vissuto di chi lo esprime.
Come afferma Eugenio Turri l'uomo in quanto attore e fattore degli ecosistemi opera sul territorio, spazio del suo agire, abitare, produrre quindi dimensione concreta, oggettiva a cui l'individuo, e la società di cui fa parte, è legato in modo vitale, utilitaristico e sentimentale.
"Utilitaristico" e "sentimentale" probabilmente sono questi i termini che mettono maggiormente a fuoco le debolezze del valore identitario.
La visione utilitaristica del paesaggio nasce dalla constatazione che mentre un osservatore esterno è portato a guardare i caratteri emergenti del paesaggio in modo sufficientemente distaccato, colui che vive il luogo è influenzato da numerosi fattori che nelle loro più svariate accezioni sono riconducibili fondamentalmente/in modo estensivo ad un intento principale: tutelare i propri interessi. Le aspirazioni delle popolazioni non possono infatti non essere guidate da un desiderio di benessere, che può essere coniugato in diversi modi: sociale, sanitario, ambientale, culturale, economico. In via del tutto teorica, la ricerca del benessere dovrebbe coincidere con l'applicazione dei principi di sostenibilità, ma come dimostrano alcune azioni trasformative applicate al territorio dalle comunità locali o da singoli individui indigeni, laddove sono subentrate per vari motivi condizioni di deregulation, non necessariamente una lettura soggettiva e quindi utilitaristica del paesaggio conduce all'affermazione dello sviluppo sostenibile.[…]
Questo brano è tratto dalla tesi:
I valori del paesaggio: categorie interpretative, tecniche diagnostiche e regole gestionali
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Informazioni tesi
Autore: | Serena Ciabò |
Tipo: | Tesi di Dottorato |
Dottorato in | Recupero, progetto e tutela nei contesti insediativi e territoriali di elevato valore ambientale e paesistico |
Anno: | 2012 |
Docente/Relatore: | Bernardino Romano |
Istituito da: | Università degli Studi dell'Aquila |
Dipartimento: | Dipartimento di Architettura e urbanistica |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 232 |
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