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Medicina Interculturale. L'Assistente Sociale cosmopolita in ambito sanitario

Il contributo dell'antropologia medica: i corpi nel mondo e il mondo nei corpi

Dal punto di vista antropologico il corpo è un prodotto storico/ culturale che varia a seconda dei contesti e per questo penso che sia più corretto dire "siamo corpi" e non "abbiamo un corpo".
L'esperienza dell'essere corpi corrisponde ai vissuti individuali, mentre l'avere dei corpi, a mio parere, rappresenta la concezione oggettiva dell'idea di corpo umano come costrutto fisico, visibile e tangibile.
Infatti, il corpo non è solamente un insieme di entità biologiche, ma è anche un'abbondanza di simboli, sensazioni e cambiamenti. Immagino sia per questo che grassezza, magrezza, stanchezza, tosse, vertigini e malesseri in genere significhino cose diverse a seconda delle culture e delle epoche storiche.
La letteratura, e in particolare Marcel Mauss, ci ha lasciato in eredità il concetto di "tecniche del corpo", indicando così i modi in cui gli uomini, nelle diverse società, si servono del loro corpo. I modi di camminare, correre, ridere, gesticolare, mangiare, fare l'amore, partorire, lavarsi ecc.. ci sembrano comportamenti spontanei, naturali, ma sarebbe più opportuno definirli comportamenti naturalizzati poiché sono il frutto di un graduale processo di apprendimento che vede il nostro corpo esposto all'ambiente sociale esterno.
Specifici organi possono avere, poi, un particolare significato per un gruppo di persone e non per altri: le popolazioni indiane, ad esempio, soffrono di "fegato irato" (come ci ricorda la storia del malese malato di hati); gli inglesi e i tedeschi sono ossessionati dalla salute del loro intestino, tanto che Allan Dundes considera questa fissazione come "elemento implicito nel carattere nazionale tedesco": in Brasile, addirittura, manca un termine specifico per indicare "il corpo" che viene definito " la carne di qualcuno".

E' chiaro come l'idea del sé unitario e universale sia una concezione del tutto etnocentrica e occidentale che molte ricerche etnografiche hanno messo in discussione mostrando come "altre culture umane lontane dalla nostra abbiano prodotto costruzioni diverse da quella dell'individualità, considerando l'essere umano
come un divido. La nozione di dividualità indica un'identità trans-individuale fondata su una concezione intersoggettiva delle persone. Le persone non sono concettualmente distinte dalle relazioni che le uniscono, sono persone relazionali, cioè persone dividuali".

Torniamo a parlare della nostra cultura occidentale, sempre più salutista, che mette il corpo-oggetto sempre più al centro e sempre più sotto esame. Questa nostra cultura ci impone che il corpo "sano" e "corretto" è quello, magro, forte, proporzionato, in forma. La salute è passata da uno stato di fatto ad una condizione
da conquistare e ci sia aspetta che ogni individuo si impegni per diventare "sano". Al contrario, è facile intuire come una condizione di malattia o una salute precaria o cagionevole sia percepita come l'incapacità dell'individuo di vivere in modo corretto, di nutrirsi bene o di tenersi in esercizio.
Le rappresentazioni culturali del corpo non sono semplici categorie ma esse modellano la corporeità come esperienza sociale. Con questo non voglio delegittimare ciò che l'anatomia, la fisiologia e le scienze biomediche hanno prodotto, ma vorrei sottolineare come queste vadano integrate con una visione anche culturale e sociale.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Medicina Interculturale. L'Assistente Sociale cosmopolita in ambito sanitario

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Informazioni tesi

  Autore: Maria Vittoria De Stefano
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi di Parma
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Programmazione e Gestione dei Servizi Sociali
  Relatore: Mario Ricca
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 125

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Parole chiave

mediazione culturale
medicina interculturale
assistente sociale ospedaliero multiculuta
intercultura ospedaliera
mediazione culturale in ospedale

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