Da un’esperienza francese la proposta di una nuova strategia diagnostica per la Trombocitopenia indotta da Eparina (HIT)

Il rischio di sviluppare una HIT non è uguale per tutti i pazienti, ma vi è invece un insieme di plurime condizioni che intervengono nella sua patogenesi. Se andiamo a considerare chi è sottoposto a circolazione extracorporea oppure a bypass coronarico la percentuale dei positivi agli anticorpi anti-complesso PF4.eparina (quasi sempre IgG) oscilla fra il 30% ed il 50% a seconda della casistica considerata.
Ciò nonostante, i pazienti sottoposti a cardiochirurgia che effettivamente sviluppano una HIT solo una percentuale molto piccola, fra 1 ed il 3%.
Questi pazienti possono talora mostrare dei quadri di trombocitopenia, ma molto raramente delle trombosi. Le stesse evidenze si ricavano anche dai trails di cardiochirurgia pediatrica. Fino al 6% dei bambini sviluppa gli autoanticorpi entro 5-10 giorni dall'intervento, ma poi solo l'1,3% mostra una sindrome clinicamente significativa.
Invece, tra i pazienti in cui si formano gli autoanticorpi, sono i pazienti ortopedici, gli oncologici oppure quelli affetti da patologia infettive che hanno sicuramente una probabilità molto più alta di avere una HIT.

Sicuramente a causare le altissime frequenze degli autoanticorpi anti-HIT negli adulti sottoposti a cardiochirurgia è l'utilizzo delle UFH nei protocolli clinici legati a questa specialità, ciò nonostante i casi clinicamente evidenti sono un numero molto limitato.
Questo indica che la produzione di autoanticorpi è condizione necessaria ma non sufficiente per lo sviluppo della HIT. Certamente è necessaria un'adeguata presenza di PF4 rilasciata dalle piastrine attivate nel plasma tramite il processo di degranulazione, evento che sembra verificarsi in quantità importante in soggetti sottoposti a procedure chirurgiche particolarmente invasive o che soffrono di patologie mediche o traumi gravi.