Stereotipi nella differenziazione di genere: pratiche educative nelle scienze e nelle tecnologie
Il genere dal punto di vista degli alunni. Scolarità femminile e non solo
Iniziamo con un rapido excursus di dati riguardanti i livelli di istruzione nel nostro paese. Come già detto, la donna per lungo tempo tenuta lontana dall'educazione, di cui si è appropriata veramente a tutti i livelli solo a partire dagli anni '60, si trova oggi in una condizione di sorpasso rispetto agli uomini.Nell'anno 2009-2010 il 37,6% delle donne contro il 30,7% degli uomini segue un percorso di istruzione, nel raggio di cinque anni il livello di istruzione è aumentato più che per i coetanei visto che le laureate sono il 14.9% a fronte del 9,4% maschile.
Altri dati dicono che nella fascia di popolazione tra i 35 e i 44 anni le donne con un titolo superiore sono più numerose degli uomini e le ragazze che ottengono un diploma sono quasi l'80%.Se si pensa che nella fascia di età che va dai 55 ai 64 anni le donne diplomate non arrivano al 30% sono stati fatti degli ottimi passi in avanti. Si evince comunque, a prescindere dal sorpasso quantitativo e qualitativo del maschile, che il vertiginoso aumento dell'istruzione femminile è il risultato di un forte desiderio a lungo sottaciuto. I rapidi successi scolastici conseguiti dalle studentesse oltre che dalla passione per la conoscenza, sono alimentati dal desiderio di una destino libero ed autonomo. L'associazione tra livello di istruzione e stile di vita spinge le donne ad impegnarsi per migliorare le loro possibilità e condizioni lavorative. Un buon lavoro è sinonimo di maggior indipendenza e libertà e questo le studentesse sembrano averlo capito. Per ottenerlo però devono presentarsi al mercato del lavoro con credenziali possibilmente superiori a quelle dei competitori maschi, per cercare di annullare, almeno in parte, gli effetti delle discriminazioni che dal genere derivano. È verificabile anche nello studio, che la variabile di genere incide sugli atteggiamenti che alunni e alunne attuano nei confronti della scuola. Mentre i primi apprezzano soprattutto la funzione socializzante della scuola (frequentare i compagni) e tendenzialmente tengono condotte vivaci, le seconde sono rivolte maggiormente all'apprendimento cognitivo e tengono comportamenti pacati. Queste diverse modalità di rapportarsi al mondo dell'istruzione vengono utilizzate da un numero rilevante di docenti per giustificare i migliori risultati delle alunne. Sempre dalla ricerca della Dottoressa Biemmi si può apprendere da numerose interviste che le ragazze in quanto obbedienti, responsabili, studiose e quindi maggiormente conformi alle regole rispetto ai coetanei maschi, sono ritenute dai docenti avvantaggiate grazie ai metodi di giudizio adottati dalla scuola. Le interviste raccontano infatti che se i docenti parlano di intuito, brillantezza e intelligenza innata lo fanno associando gli aggettivi al genere maschile.Ha ancora il suo peso la credenza sociale secondo la quale vi è una capacità minore delle donne nelle scienze, bilanciata dal dono innato per le lettere. Qui mi avvalgo di una riflessione molto chiara:
Il fatto di essere brave a scuola per le ragazze non implica quindi un giudizio necessariamente positivo nei loro confronti da parte degli insegnanti. È come se il rendimento scolastico fosse guardato con un po' di sospetto, come se non fosse totalmente da attribuire a meriti personali (capacità impegno) ma fosse in qualche modo determinato da una serie di variabili esterne favorevoli. Inoltre gli insegnanti tendono a precisare alcuni aspetti negativi che caratterizzano il comportamento femminile (la mancanza di solidarietà,l'eccessivo attaccamento al voto) e, per contrasto, a valorizzare alcune doti maschili. Il confronto di genere è quindi sempre presente nei giudizi dei docenti.
Quelli che potrebbero sembrare semplici giudizi personali dei professori, nascondono in realtà, un forte potere condizionante i comportamenti degli studenti. Indagato alla fine degli anni '60 da Robert Rosenthal e Leonore Jacobs, "l'effetto Pigmalione" descrive l'influenza che le aspettative di docenti e adulti operano sullo sviluppo psicologico e l'apprendimento dei bambini. Le Aspettative dei docenti, comunicate attraverso forme non verbali come ad esempio sguardi, tono di voce magari anche involontarie, determinano la concezione che l'allievo ha di sé, le sue motivazioni e le sue capacità cognitive. Questo effetto detto anche "profezia che si autoadempie" sottolinea che se crediamo un alunno intelligente, il modo in cui lo trattiamo contribuisce a renderlo tale. Viene sottolineata l'importanza delle idee implicite emanate da impercettibili ma efficaci segnali di rinforzo. L'effetto decritto è chiaramente correlabile anche alle differenze di genere (sottolineo questo perché la ricerca di Rosenthal indagò soprattutto le disuguaglianze derivanti dall'appartenenza a diversi gruppi etnici e culturali molto evidenti nell'America degli anni'60). Tornando alla convinzione dei professori precedentemente descritta, secondo cui i ragazzi sono effettivamente più dotati per le materie scientifiche, si può dedurre che questi si comportano con loro diversamente ovvero dando maggiori informazioni, intrattenendo dialoghi più lunghi e stimolanti e rassicurandoli e incoraggiandoli maggiormente. Riporto adesso alcuni esempi eloquenti descritti dalla Dottoressa Biemmi durante alcune lezioni :il primo descrive dalla convinzione degli insegnanti che le ragazze abbiano un rendimento scolastico migliore soltanto perché sono più costanti nello studio. Il secondo consiste nel diverso modo di punire o premiare, i ragazzi vengono premiati per i loro lavori e puniti per i loro comportamenti, per le ragazze è l'esatto opposto, ciò provoca una diversa stimolazione basata sul sesso, un terzo esempio è la diffusa convinzione che le ragazze riescano nella matematica perché si applicano, i maschi perché naturalmente portati. Altra consuetudine negativa soprattutto per le studentesse sono i messaggi stereotipati veicolati dai libri di testo usati nelle scuole. Modelli retrogradi portatori di una cultura passata, che parlano di femmine vanitose, passive e di maschi forti e intraprendenti rafforzano costrizioni che in luoghi pedagogici andrebbero invece combattuti. Le case editrici anziché sfruttare le potenzialità di tali strumenti educativi continuano a proporre ritratti di realtà ormai passate ,altrimenti, qualora decidano di introdurre nuovi ruoli e nuove prospettive lo fanno molto spesso con l'intenzione di screditarli.Il danno viene arrecato ad alunni di entrambe i sessi.
I bambini hanno come modello da tempi immemorabili principi azzurri e cavalieri impavidi che senza macchia e senza paura affrontano eroicamente tutto ciò che il destino metterà sul loro cammino.Alle bambine si propone o il ruolo di principessa bella e dolce che ha il compito di spazzolarsi i capelli e pulire casa mentre aspetta il principe, oppure si rileva la presenza anche di figure più coraggiose e autonome che però non sempre ricevono nella morale della fiaba o della favola connotazioni positive. Come è facile evincere, emerge il ruolo maschile in tutto il suo immobilismo, e si procede verso un adeguamento di quello femminile, questo è il concetto di pari opportunità che l'editoria ha applicato. Fatto ancor più grave è che tutto ciò viene reiterato nonostante L'Europa attraverso il Progetto Polite abbia portato in superficie il problema e offerto valide indicazioni per porvi rimedio.
Istituire un codice di autoregolamentazione per le case editrici non è stato sufficiente a modificare in un ottica paritaria uno dei principali strumenti educativi scolastici.
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Stereotipi nella differenziazione di genere: pratiche educative nelle scienze e nelle tecnologie
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Informazioni tesi
Autore: | Alessandra Longobardi |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2012-13 |
Università: | Università degli Studi di Firenze |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Scienze dell'educazione e della formazione |
Relatore: | Andrea Mannucci |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 123 |
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