La Valutazione Degli Impatti Sul Paesaggio Urbano - Il “Grattacielo” Di Trani
Il paesaggio nella filosofia e nella geografia umana
L'idea di paesaggio si è disgregata perché le azioni antropiche hanno generato profonde alterazioni degli scenari naturali. Quando pensiamo al paesaggio l'immagine delle città svanisce per lasciare il posto a rappresentazioni di luoghi che sono privi di tracce umane. Se nell'arte del '700 e dell''800 il paesaggio rappresentato si identificava con il paesaggio reale, oggi ciò non può avvenire: il degrado e una natura artificiale hanno dato origine ai cosiddetti "non luoghi". Il termine "non luogo", coniato dall'antropologo Marc Augè, identifica la forma dello spazio moderno, "spazio infinito e quindi privo di confini di riferimento, anonimo e standardizzato, come tale è l'uomo che ne entra a far parte". L'uomo, per sua costituzione ha bisogno di confini. Egli agisce nel mondo ordinandolo, determinando specifici orizzonti di riferimento entro cui l'uomo si colloca. La natura resa significativa diviene cultura. Rivolgersi al mondo allora significa interrogarsi sulla stessa esistenza dell'uomo. Pertanto sul "paesaggio, in quanto riflesso del mondo e del suo mistero, l'uomo ha posto le prime domande sul senso del suo vivere ed operare". (Turri, 2004) Nella rappresentazione di un paesaggio, pertanto, vi è un riconoscimento da parte del soggetto in ciò che è stato percepito: nel paesaggio l'individuo si riconosce.
Il paesaggio fornisce in un qualche modo un'identità ad una determinata popolazione o civiltà. Attraverso esso gli individui hanno la possibilità di rispecchiarsi e di riconoscersi, nonché di rivivere il proprio passato. C'è un nesso essenziale, quindi, tra paesaggio da un lato, e cultura ed identità dall'altro. In particolare la cultura è "la maniera particolare in cui gli esseri umani imparano ad organizzare il loro comportamento e il loro pensiero in relazione all'ambiente è il luogo in cui gli individui vanno incontro, contemporaneamente a un processo particolaristico di culturalizzazzione e a uno universalistico di umanizzazione: nel diventare membri di una cultura specifica, diventano anche esseri umani".( Fabietti. U, Malighetti. R, Matera. V, Dal tribale al globale, Mondatori, 2000, Milano) La cultura è fatta non solo da una lingua, da stili di vita, da una religione, ma anche di paesaggi, che fungono da orizzonti di riferimento. Il paesaggio è uno spazio particolare che plasma la vita dell'uomo e che a sua volta è plasmato dalle azioni dell'uomo. L'importanza della componente umana per comprendere il paesaggio è stata oggetto di ampie riflessioni provenienti soprattutto dalle discipline umane, in particolare filosofia e geografia umana. I maggiori contributi di carattere estetico-filosofici vengono da Joachim Ritter e Georg Simmel. Ritter nello scritto "Paesaggio, uomo e natura nell'età moderna", scrive: "paesaggio è natura che si rivela esteticamente a chi lo osserva e contempla con sentimento: né i campi dinanzi alla città né il torrente come confine, strada mercantile e ostacolo per costruire ponti, né i monti e le steppe dei pastori e delle carovane (o dei cercatori di petrolio) sono, in quanto tali, "paesaggio". Lo diventano solo quando l'uomo si rivolge a essi senza uno scopo pratico, intuendoli e godendoli liberamente per essere nella natura in quanto uomo".
Il paesaggio nasce per Ritter da una contemplazione sentimentale, ciò che invece Simmel chiama atto spirituale, Stimmung; in tale percezione risiede inoltre la differenza tra paesaggio e natura. Mentre la natura consiste nella totalità degli elementi naturali, il paesaggio presuppone, invece, secondo Simmel un immagine compiuta, sentita come unità autonoma. E' chiara la funzione esistenziale del paesaggio, esso è insieme natura e storia, frutto dell'incontro tra uomo e territorio. Il paesaggio allora non può essere pensato senza tener conto della dimensione soggettiva e sentimentale: senza questa non potrebbe sussistere. Per quanto riguarda la geografia umana i contributi provengono in particolare da Friedrich Ratzel e Alexander von Humboldt, considerati i padri di questa branca della disciplina geografica che ha il compito "[…] di rilevare la distribuzione degli uomini in relazione all'ambiente in cui vivono e di cui gli uomini stessi entrano a far parte, di cogliere la reciproca influenza che l'ambiente naturale esercita sulle comunità umane e le modificazioni che le opere umane apportano all'ambiente naturale […]".
Ratzel pone le basi per la nascita del determinismo ambientalistico. Secondo questa visione l'ambiente condiziona le società umane e determina la distribuzione delle popolazioni sul pianeta. Nella sua "Anthropogeographie" viene formulata la teoria secondo la quale un particolare tipo di ambiente favorisce ed addirittura determina la nascita di un certo tipo di civiltà piuttosto che di un altra. Per Humboldt, invece, la conoscenza geografica si realizza attraverso due momenti, uno di intuizione sensibile ed un momento scientifico, per cui il paesaggio che è una parte della natura, viene colto insieme da intuizione e ragione. Humboldt si pone sostanzialmente a metà via tra una riflessione speculativa ed una conoscenza di tipo scientifico, è colui, come afferma Turri, "[…] che per primo ha guardato con occhio razionale, ma non di meno trepido e commosso, allo scenario della nostra esistenza, cercando di dare ordine sistematico ai risultati delle sue osservazioni".
Turri afferma inoltre che queste due modalità di guardare il mondo, se all'inizio della storia del pensiero erano convergenti (in particolare nella filosofia greca), divenute poi divergenti con l'avvento della rivoluzione scientifica, oggi tendono a riconciliarsi: "si guarda il paesaggio per capire il senso delle nostre azioni che concretamente incidono sul mondo, e al tempo stesso per trovare delle risposte all'emozione delle albe e al mistero che i grandi paesaggi continuano a suscitarci. Tutto ciò nel senso che al paesaggio […] è riconducibile non solo il mistero del mondo ma anche del nostro essere al mondo, considerando che nel paesaggio c'è il segno di sé dell'uomo, del suo agire, del suo rappresentare e rappresentarsi".
Su questo ultimo aspetto non si può allora prescindere dal considerare l'avvento delle tecniche, dell'urbanizzazione e dell'industrializzazione che hanno provocato trasformazioni e stravolgimenti del territorio.
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Informazioni tesi
Autore: | Giuseppe Antonacci |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Politecnico di Bari |
Facoltà: | Ingegneria |
Corso: | Architettura |
Relatore: | Carmelo Torre |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 156 |
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