La prosodia nel parlato enfatico
L'insegnamento della voce recitata
La voce è la prima manifestazione dell’Essere uomo: il neonato grida al momento della nascita e qui la voce, come flusso energetico, testimonia l’inizio di una nuova vita. La voce quindi è molto di più dello strumento più naturale ed efficace per fare musica; la voce è respiro, soffio vitale, testimonianza dell’Essere. Essa è affermazione della nostra identità perché è strettamente legata al nostro corpo, da cui è generata e morfologicamente caratterizzata e a cui ritorna come eco, ma è anche il mezzo che ci permette di relazionarci con gli altri e che maggiormente ci identifica nell’atto comunicativo. Diventa perciò molto importante per la costruzione di un curricolo formativo educare questo strumento espressivo. Il corretto e buon uso della voce è inoltre di fondamentale importanza anche per gli stessi insegnanti dal momento che esso risulta essere il loro primo “utensile” di lavoro. Come per un attore davanti al suo pubblico, l’efficacia del messaggio dipende in modo imprescindibile dal mezzo di comunicazione usato, rappresentato non tanto dal codice verbale quanto da quello non verbale, di cui la voce è componente primaria.
Per vocalizzare ciascuno di noi utilizza le corde vocali, due membrane tese tra le pareti della laringe. Ma per mettere in funzione le corde vocali e produrre un suono sono necessari:
- un impulso energetico, dato da tutta la persona nell’atto espiratorio, per portare le corde vocali dallo stato di quiete alla vibrazione;
- la vibrazione delle corde vocali per la produzione di onde sonore che si propagano nell’aria;
- l’amplificazione e la trasformazione del suono attraverso i risuonatori del corpo, che hanno la funzione di cassa armonica (faringe, cavità toracica, bocca, cavità nasali).
Una corretta emissione della voce sia parlata che cantata richiede, dunque, la perfetta coordinazione di una serie di meccanismi che sovrintendono alla sua regolazione, quali la respirazione, l’emissione vocale e la risonanza.
Inspirare ed espirare sono movimenti naturali involontari, ma poiché la voce viaggia sul fiato, il respiro deve divenire attività cosciente e controllata. Per un corretto uso della voce è fondamentale l’emissione graduale dell’aria espiratoria: ciò presuppone una perfetta coordinazione tra i muscoli addominali ed intercostali interni da una parte e le resistenze offerte dal diaframma e dalla glottide dall’altra. L’equilibrio dinamico tra queste forze antagoniste permette di sostenere la colonna d’aria che fa vibrare le corde vocali durante l’atto espiratorio. A tal riguardo le tecniche per un buon uso della voce sia parlata che cantata raccomandano di non utilizzare la cosiddetta “respirazione alta” (con l’evidente sollevamento delle spalle e del petto), che mette in funzione i muscoli respiratori accessori con la conseguente eccessiva rigidità del collo che riduce la mobilità laringea.
Facciamo degli esempi.
Supponiamo di dover toccare il respiro...
- Sdraiati a terra supini appoggiamo le mani sulla pancia, o seduti rilassati eseguiamo un esercizio di respirazione circolare: inspirare per 4 tempi - apnea per 4 tempi - espirare per 4 tempi (oppure: inspirare lentamente – apnea – espirare velocemente; inspirare da una sola narice tappando l’altra - apnea - espirare da entrambe e viceversa).
- Sdraiati a terra supini appoggiamo le mani sulla pancia, o seduti rilassati; inspirare ed espirare liberamente, tossire, ridere, emettere un suono sibilante (/s/, /sc/, /z/) continuo e intermittente; si percepisce il movimento dell’addome che si alza e si abbassa con l’inspirazione e l’espirazione. I muscoli diaframmatici, infatti, permettono alla membrana diaframmatica di abbassarsi spingendo in fuori l’addome per permettere ai poloni di gonfiarsi d’aria. Nell’atto espiratorio il diaframma è riportato nella posizione iniziale, favorendo così la fuoriuscita dell’aria incamerata. Con il tossire, il ridere, l’uso di suoni sibilanti si può percepire anche l’azione volontaria dei muscoli diaframmatici, la stessa che aiuta a mantenere un’emissione costante e graduale del fiato.
- A coppie, uno sta sdraiato in posizione prona, l’altro, in ginocchio, appoggia le mani sulla zona lombare; inspirare ed espirare liberamente. Si può proporre la gara delle palline: a terra, supini, in riga, ciascun bambino deve spingere al di là del traguardo una pallina da ping pong o di carta con il soffio; si percepisce il movimento di espansione toracica della zona costo-lombare, dato che le ultime due costole non sono fissate allo sterno, e si evita l’utilizzo della respirazione alta o clavicolare, non corretta perché causa tensione dei muscoli che controllano la fonazione e non consente un controllo graduale e costante del fiato in emissione.
- A coppie, uno dietro l’altro. Il compagno dietro appoggia le mani tra i fianchi e la cassa toracica; il compagno davanti inspira ed espira sollevando leggermente e lentamente le braccia verso l’esterno, come fossero le braccia di un burattino con due fili appesi ai gomiti e sollevati dal burattinaio. Le farà poi tornare lentamente nella posizione iniziale con l’espirazione; chi sta dietro percepisce e controlla che nell’atto inspiratorio il compagno “apra” il suo mantice respiratorio proprio come fosse un ombrello e non alzi le spalle. […]
Questo brano è tratto dalla tesi:
La prosodia nel parlato enfatico
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Informazioni tesi
Autore: | Margherita Leogrande |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Bari |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Scienze della Formazione Primaria |
Relatore: | Antonia Campanella |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 93 |
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