Naturalizzazione della coscienza e del sé in Daniel Dennett e nei coniugi Churchland
La coscienza umana: un pandemonio ordinato
Non solo proveniamo dai robot ma siamo anche fatti da robot: i trilioni di cellule che compongono il nostro corpo, cervello incluso. La nostra coscienza, secondo Dennett, è il risultato del livello enorme di organizzazione e complessità raggiunto dal nostro cervello grazie a un percorso evolutivo di svariati milioni di anni. Secondo il senso comune, ma anche autorevoli filosofi questa concezione della mente lascerebbe evasi alcuni importanti aspetti della coscienza umana. Innanzitutto non si prova nulla ad essere un complesso di elementi discreti che agiscono in sintonia per un fine comune. Non si prova nulla a essere un computer, ma nemmeno un formicaio o uno stato nazionale. Basandoci sulla terminologia proposta dal filosofo Block, potremmo dire che il modello di Dennett sembra occuparsi della coscienza d’accesso, tralasciando quella fenomenica.
Per questo motivo Dennett utilizza un approccio scientifico e in terza persona per descrivere l'esperienza interna (il "cosa-si-prova") di un agente dall'esterno: l'eterofenomenologia, un sentiero neutrale che ci conduce dalla scienza fisica oggettiva, e dalla sua insistenza sulla prospettiva in terza persona, ad un metodo per la descrizione fenomenologica che può (in linea di principio) rendere giustizia delle esperienze soggettive più private e ineffabili pur senza mai abbandonare gli scrupoli metodologici della scienza (Dennett 1991; trad.it 2009 p.70). La presenza della parola fenomenologia nel neologismo dennettiano non deve ingannare. È lo stesso a Dennett a chiarire che non si sta riferendo a qualche scuola di pensiero filosofica "l'uso originario del termine "fenomenologia" era quello di caratterizzare la catalogazioni di tutto ciò che accade riguardo un fenomeno [...] come un utile preambolo per cercare di spiegare il fenomeno catalogato" (Dalholm a cura di- 1995, p. 211). Anche se riconosce i suoi debiti verso Husserl è chiaro che questi due filosofi sono mossi da metodi e obiettivi diversi: "dove in "Coscienza" Dennett studia la coscienza per il gusto di farlo dando la scienza per garantita, Husserl investiga la coscienza con lo scopo di dare solida fondamenta alla scienza"
Stando ben alla larga dalla "illusione dell'immanenza" dell'auto osservazione “l’eterofenomenologo” esamina i dati forniti dal soggetto tramite un resoconto verbale o in altro modo. L'eterofenomenologia dennettiana si basa su due presupposti fondamentali: in primo luogo i suoni o altri segnali prodotti dal soggetto sono interpretabili come un testo e, secondariamente, tale testo deve essere considerato un resoconto veritiero delle sue attuali credenze e opinioni. Il compito del fenomenologo è analogo a quello di un qualsiasi lettore che interpreta un’opera letteraria prescindendo dalla sua veridicità o a quello dell’antropologo che studia le usanze religiose di una tribù interrogando gli indigeni e, allo stesso tempo, restando agnostico riguardo a queste. "Così la mia eterofenomenologia- sostiene Dennett- non è né più né meno che la fenomenologia di vecchio stampo applicata (principalmente) alle persone invece che alla tubercolosi o agli uragani: fornisce un catalogo oggettivo e senza pregiudizi teorici (theory-neutral) di cosa accade- il fenomeno da spiegare" (in Dalholm a cura di- 1995, p. 211). Voglio richiamare l'attenzione sul "principalmente" tra parentesi presente in questa citazione. A Dennett non sfugge che il soggetto del' indagine eterofenomenologica potrebbe essere benissimo uno zombie o un computer ben programmato a simulare un essere umano (come nel test di Turing) e le credenze e opinioni da lui riferite sarebbero solamente apparenti. Ma l’eterofenomenologia non si cura affatto di questa ipotesi in quanto semplicemente si propone di descriverli e non di spiegarli e inoltre, la precondizione per soddisfare il primo punto consiste nell’adottare l’atteggiamento intenzionale e questo basta, secondo Dennett, a considerarli dei “True Believers”. Anzi l'eterofenomenologia per Dennett non è altro che "l'atteggiamento intenzionale come tattica scientifica" (Dennett 1996; trad.it 1997 p.451 nota 8). Il testo prodotto interrogando il soggetto è, come un romanzo, una finzione teorica: il mondo eterofenomenologico del soggetto composto da elementi intenzionali fittizi, degli abstracta. [...]
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Naturalizzazione della coscienza e del sé in Daniel Dennett e nei coniugi Churchland
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Informazioni tesi
Autore: | Anatole Zonta |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Trieste |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Filosofia |
Relatore: | Marina Sbisà |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 114 |
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