"Alle tre amiche" di Scipio Slataper
"Alle tre amiche" e "Il mio Carso": opere dialoganti
Io spero che ella sarebbe contenta del mio libro. Eppure è un libro che non sarebbe nato s’ella non fosse morta.
Il primo accenno della volontà di comporre Il mio Carso risale al gennaio 1910, all’inizio della storia con Anna; la pubblicazione, dopo varie stesure ed un lungo lavoro di labor limae, avviene nell’aprile 1912.
Ma il sogno di una tale opera è già presente nel 1909, stando alla datazione della stesura più antica: è solo nel momento in cui Slataper individua in Anna la creatura mediante la quale tradurre in realtà quel sogno, che il progetto testuale si fa concreto.
Il mio Carso, che avrebbe dovuto portare originariamente il sottotitolo «autobiografia lirica», è la piena realizzazione poetica corrispondente alla tormentosa fase testimoniata dalla prima parte delle lettere Alle tre amiche; è il prodotto di una particolare condizione interiore vissuta dallo scrittore prima di approdare ad una nuova visione, etica ed umanitaria, della vita.
Scipio Slataper continuerà a parlare di quest’opera fino a qualche mese prima della sua morte; in numerose lettere appaiono menzioni, seppur con toni diversi, a questo libro che verrà definito, nella lettera a Gigetta del 18 aprile 1913:
Il canto conclusivo della mia prima giovinezza; dieci giorni dopo non lo avrei potuto più scrivere.
É la figura di Anna che da l’input decisivo alla scrittura, e più in generale si può asserire che l’epistolario contenga abbozzato l’intero mondo del Mio Carso, poiché riflette esattamente il medesimo processo psicologico di cui lo scrittore fu protagonista nel corso della sua breve vita.
Il rapporto tra le lettere Alle tre amiche e Il mio Carso, in senso letterario e morale, è un rapporto d’intensità, solidificazione, concretizzazione, maturità, e rientra nella concezione duplice che Slataper ha del suo lavoro poetico, la quale si basa su due dimensioni: una lirica e personale; l’altra connessa ad un più ampio problema storico.
Questa intenzionalità, che dunque tende a fare di un itinerario privato una testimonianza ed un exemplum valido per un’intera generazione ed un’epoca, è compresa in una tendenza di gusto ben identificabile con quella degli “esami di coscienza” dei vociani: l’anno della pubblicazione, il 1912, e quelli appena successivi, vedono anche la nascita di Un uomo finito di Papini, di Il peccato di Boine, di Ragazzo e Con me e con gli alpini di Jahier. Opere contrassegnate da un’impotenza narrativa forte al punto tale da mettere in crisi le strutture della narrativa tradizionale, legate al romanzo romantico - risorgimentale e verista, conservatesi intatte dal romanzo psicologico decadente di fine secolo.
Si persegue ora un tentativo di ricostruzione del mondo che non è indagine analitica, bensì rievocazione soggettiva mediante una narrazione che non segue un ordine cronologico ben preciso ma che è semplice accostamento di fatti in una visuale più ampia, come fossero tasselli staccati ed accostati tra loro, o frammenti estratti da una biografia secondo un criterio che si accosta allo stream of consciousness di James Joyce. [...]
Questo brano è tratto dalla tesi:
"Alle tre amiche" di Scipio Slataper
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Informazioni tesi
Autore: | Eleonora Rosati |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi di Perugia |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Italianistica |
Relatore: | Sandro Gentili |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 103 |
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